30 Giugno 2008, 10:07
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Riscuotevano il pizzo a tappeto e imponevano il prezzo della carne. L’operazione dei carabinieri che ha portato all’arresto di 12 persone, presunti affiliati alla cosca della “Noce”, ha svelato come i boss facevano il prezzo degli alimenti per ricavare un pizzo maggiorato. Entrate che il clan reinvestiva nel traffico di cocaina, che veniva poi smerciata da una rete di pusher direttamente legata all’organizzazione.
L’operazione, denominata “Michelangelo”, è stata condotta dall’aggiunto della Direzione distrettuale antimafia, Guido Lo Forte, e dai sostituti Roberta Buzzolani, Francesco Del Bene e Marcello Viola che hanno ottenuto da gip Pasqua Seminara i provvedimenti di fermo. In sedici mesi di indagini, intercettazioni e riscontri nelle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, gli inquirenti hanno potuto verificare tanto “le linee d’azione criminale” quanto la loro capacità di relazionarsi con i mandamenti confinanti: Pagliarelli, Brancaccio, Porta Nuova e San Lorenzo. Anche il latitante Gianni Nicchi, fra i 30 più pericolosi d’Italia, era in contatto con la cosca della “Noce”.
Fra le attività intercettate, un summit di mafia nel quartiere Cruillas in cui Giancarlo Seidita, ritenuto il reggente del mandamento della “Noce”, ammonisce perentoriamente due nuove leve che avevano usato metodi troppo irruenti per imporre il pizzo. A loro è stato imposto di interrompere l’attività di taglieggiamento.
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30 Giugno 2008, 10:07