30 Gennaio 2014, 06:02
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CATANIA – Un referendum in cui sia la popolazione cittadina a scegliere se istituire o meno il registro delle unioni civili. Lo propone il consigliere comunale Riccardo Pellegrino, vicepresidente della Commissione Servizi sociali, presieduta da Erika Marco, che la settimana scorsa, ha avviato una serie di incontri con la società civile proprio per discutere dei contenuti della bozza di regolamento licenziata dalla giunta comunale e che, una volta ricevuto parere, verrà inviato al Comunale per l’approvazione. “Innanzitutto – precisa Pellegrino – voglio sottolineare l’impegno del presidente Marco che ha convocato tutti i soggetti portatori di interesse, ascoltando i punti di vista differenti. Abbiamo iniziato incontrando i rappresentanti di Arcigay – prosegue – poi abbiamo ascolta i rappresentanti della Curia, ospitando un rappresentante della Diocesi di Catania e ascolteremo le famiglie. L’intento è infatti quello – evidenzia – di affrontare un argomento così delicato nel modo più ampio possibile”.
Pellegrino propone una consultazione popolare perché la decisione di istituire o meno il registro delle unioni civili venga presa dalla città. “Siamo in democrazia – spiega – per cui ritengo giusto chiedere il parere dei cittadini su un argomento così dibattuto”. Non solo un referendum, ma anche un incontro pubblico per chiarire le idee, come già fatto, ad esempio, per quanto riguarda il regolamento edilizio. “Sappiamo tutti che dietro questa vicenda c’è la politica che fa degli accordi. Il primo citttadino in campagna elettorale ha promesso che avrebbe istituito il registro, ma io credo che non debba essere né il sindaco né gli assessori a decidere, ma i catanesi. “La delibera non è chiara – conclude infine Pellegrino – e ci sono alcuni punti da modificare, come ad esempio la questione legata alla cancellazione dal registro, per cui basta una semplice raccomandata.
E di necessità di avviare n confronto aperto con la città parla anche la Chiesa, intervenuta sulla questione dell’istituzione del registro delle unioni civili, dopo l’audizione in commissione Servizi sociali. Dall’incontro è nato un documento, “Laboratorio per la città” nel quale vengono appunto sollevati problemi di democrazia partecipativa alla base dell’iter che a Catania ha portato all’adozione della delibera della Giunta Bianco sul “Regolamento comunale sulle unioni civili”. Una “bocciatura nel merito”, scrivono i rappresentanti della Diocesi che chiedono agli organi del Comune di “convocare con urgenza i rappresentanti della Scuola diocesana e del Laboratorio per la città per aprire un dibattito nella comunità con criteri di ampia diffusione e trasparenza e per discutere i temi in ordine alla “politica sociale in favore della famiglia”.
Nella premessa il Laboratorio osserva che “l’adozione di un atto amministrativo che non implica semplici tecniche di gestione, ma importa scelte significative, necessita di un confronto aperto con la città e le sue sensibilità. Solo così è possibile eliminare il dubbio che si voglia cedere alle pressioni del momento piuttosto che intervenire su di un tema rilevante per la vita delle persone e della città”.
Secondo il Laboratorio, infatti, quanto predisposto dalla Giunta comunale sarebbe, tra le altre cose, “piuttosto ambiguo nella formulazione e nella definizione dell’ambito di applicazione”, in contrasto con la costituzione e con lo stesso statuto del Comune di Catania, e oltre tutto “non di competenza del Consiglio Comunale in ordine alla definizione delle unioni di fatto ed al loro riconoscimento”. “Il Regolamento- conclude il Laboratorio –si limita ad elencare una serie di requisiti e di finalità desiderate, senza tenere conto né della legislazione vigente in materia, né del dibattito in corso nel nostro Paese sulla definizione e la discipline delle unioni di fatto”.
L’ipotesi del referendum, però, non piace affatto ai rappresentanti di Arcigay Catania, secondo cui il dibattito sui diritti civili rientra nell’ambito della laicità. “Non stiamo parlando di matrimonio – afferma Alessandro Motta, presidente dell’Arcigay etna – e non lo mettiamo in discussione, così come non discutiamo di famiglia. Il registro infatti – sottolinea – serve a garantire alcuni diritti alle coppie che non si sposano”.
Motta ribadisce come l’approvazione del Regolamento non toglierebbe nulla all’istituzione familiare. “Si tratta di riconoscere quei nuclei la cui unione non si fonda sul matrimonio – continua Motta – e noi pensiamo sia il caso di procedere con l’iter avviato dalla giunta Bianco, portato avanti dalla commissione consiliare e non perdere altro tempo”.
E sulla mancanza di costituzionalità del Registro, Motta afferma: “E’ vero che il Registro avrebbe effetti solo ed esclusivamente sul territorio comunale – conclude il presidente Arcigay – ma questo non vuol dire che non si debba istituire. In ogni caso, prima di chiamare la gente a esprimere la propria posizione, converrebbe avviare un’ampia discussione”.
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30 Gennaio 2014, 06:02