03 Aprile 2016, 07:01
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CATANIA. In fin dei conti, non è stata proprio quella che si dice una doccia gelata. Anche perchè come sarebbero andate a finire le cose lo si era capito già solo percorrendo i corridoi frequentati dai soliti beneinformati della politica che conta: dove i muri parlano anche quando non c’è nessuno tutt’attorno e i palazzi restano vuoti. E per Enzo Bianco non c’è stato (forse) nemmeno il tempo di restarci male. Lo abbiamo pensato tutti: la legge votata all’Ars a proposito dei sindaci metropolitani, è stata un’autentica “prodezza politica” d’altri tempi. Un messaggio per nulla velato. Inviato direttamente dagli scranni del parlamento siciliano con tanto di francobollo prioritario anche al primo inquilino di Palazzo degli Elefanti. Il sindaco metropolitano va votato. E del voto se ne deve occupare la politica stessa attraverso i suoi sindaci e i consigli comunali aderenti alla Città Metropolitana: complessivamente poco meno di 1200 grandi elettori.
Ironia della sorte, così come ci si auspicava anche alle falde dell’Etna, l’aula palermitana la cosiddetta Legge Del Rio (quella che sopprime le province e regolamenta l’avvio delle città metropolitane) l’ha recepita in toto. Tranne che per un punto: manco a dirlo, quello legato all’automatica nomina del primo cittadino della città capoluogo a sindaco metropolitano.
Un passaggio che rimette politicamente in discussione parecchie cose. Conta anche per Palermo e Messina, certo. Ma vale ancora di più per Catania. L’impressione è che Bianco sia adesso inevitabilmente “costretto” a scendere in campo. O, meglio, a scendere a patti. Perchè la legge approvata all’Ars che detta la regola del voto ponderato e, dunque, della rappresentatività popolare lascia ben poco spazio all’immaginazione. Si tratterà, anzitutto, di provare a far pace con alcune frange del consiglio comunale di Catania. Ma anche di confrontarsi con i pezzi da novanta del Pd catanese come Sammartino (che nei numeri sembra spadroneggiare in provincia), Barbagallo, Raia e D’Agostino.
Ecco, allora, che quello che viene dato come un possibile se non imminente rimpasto in seno alla giunta del capoluogo etneo finisce con l’assumere i contorni di un match che ne contiene tanti altri. Per la cronaca, assieme ai 58 Comuni della (ex) provincia entrano in gioco anche i municipi di Gela, Piazza Armerina e Niscemi che hanno scelto di stare con Catania.
Altri aspiranti candidati a prendere parte ad una partita che, a meno di colpi di scena, si gioca il prossimo 15 settembre? Al momento le bocce appaiono essere ferme. Il sindaco di Belpasso, Carlo Caputo, non ha mai fatto mistero di essere pronto ad avanzare una sua proposta. Ma l’impressione è che qualcosa in più la si conoscerà – giocoforza – all’indomani della tornata delle amministrative in programma ad inizio giugno.
C’è, infine, il fronte del centrodestra. La domanda è: “Esiste un candidato alternativo a Bianco?”. “Anzitutto, vediamo se Bianco è davvero intenzionato a candidarsi – ci dice il capogruppo forzista all’Ars, Marco Falcone -: e sebbene avremmo preferito fare coincidere il sindaco metropolitano con il sindaco capoluogo di provincia, non avremo una posizione talebana. Nessuna preclusione a voler comprendere quale potrebbe essere la soluzione migliore”.
La partita, non solo quella per l’elezione del “supersindaco”, è appena all’inizio e non si profilano colpi di scena. Almeno per ora.
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03 Aprile 2016, 07:01