La Corte dichiara il dissesto |Ecco perché resta sulla carta

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07 Ottobre 2016, 05:09

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CATANIA – Sette giorni. Tanti ne sono passati dall’approvazione da parte del Consiglio comunale, del Piano di riequilibrio rimodulato dall’amministrazione Bianco e la deliberazione della Corte dei conti in cui, di fatto, viene decretato il dissesto del Comune di Catania. Una settimana che cambia radicalmente le sorti dell’Ente, dal punto di vista finanziario, anche se il salvataggio rappresentato dal piano rimodulato, potrebbe essere a termine. E non solo per quel che riguarda l’approvazione da parte del Ministero e della Corte dei conti palermitana. A giudicare dalle 33 pagine che contengono il parere della Corte, dopo l’audizione del 31 maggio scorso (LINK), alcuni presupposti per la tenuta dei conti rimodulati potrebbero non reggere. A cominciare dalla capacità di accertamento e riscossione, peggiorata nei tre anni in cui il piano “stancanelliano” è stato in vigore. Nel dettaglio, il relatore Di Pietro e il presidente Graffeo, evidenziano le condizioni di squilibrio reiterato e di assenza di correttivi che, da soli, basterebbero per dichiarare il default, ipotesi che gli stessi magistrati contabili considerano utile per riequilibrare definitivamente i conti. “Come espressamente riconosciuto dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza n. 4/1998), non può non evidenziarsi che la dichiarazione di dissesto risulta comunque funzionalizzata a favorire l’avvio di un percorso di risanamento virtuoso indirizzato al ripristino degli equilibri di bilancio e di cassa, così da permettere una completa funzionalità dell’amministrazione e, al contempo, il risanamento finanziario e la salvaguardia della parità di trattamento tra i creditori”.

Dissesto, comunque, al momento rinviato, grazie alla legge che ha permesso la rimodulazione del piano di rientro, e giudizio “sospeso”. Lo affermano gli stessi magistrati contabili, per cui comunque restano i presupposti per il default. “Si ritiene – si legge nel documento – che la sopravvenuta emanazione, nelle more della stesura della presente articolata deliberazione, del decreto legge 24 giugno 2016 n. 113, successivamente convertito dalla legge 7 agosto 2016 n. 160, non faccia venir meno l’attualità della questione come proposta, fatta salva, da parte dei competenti organi di questa Corte, l’interpretazione delle nuove disposizioni contenute nell’articolo 15 del sopra menzionato provvedimento legislativo. Tali elementi inducono la Sezione a ritenere sussistenti i presupposti per la dichiarazione di dissesto che, in assenza di un’autonoma determinazione dell’ente, pur tuttavia, tenuto conto della dichiarazione di incostituzionalità dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 149 del 2011 che ha stabilito che la predetta norma non trova applicazione in Sicilia ( sentenza n. 219 del 2013), la relativa procedura potrà essere avviata, sulla base del combinato disposto dell’articolo 109 bis della legge regionale 15 marzo 1963 n. 16 e di quanto disposto dall’articolo 58, comma 1, della legge regionale n. 26 del 1993, con l’intervento dell’Assessore regionale delle Autonomie Locali in luogo del Prefetto”.

Per questo motivo, “La Corte dei conti, Sezione di controllo per la Regione siciliana – si legge nelle conclusioni – di sospendere il giudizio di cui all’articolo 243 quater, commi 3 e 6, del Tuel, relativo alla verifica del piano di riequilibrio del comune di Catania e di sottoporre al Presidente della Corte dei conti la valutazione dell’opportunità di deferire alla Sezione delle Autonomie, ai sensi dell’articolo 6, comma 4, del decreto legge 10 ottobre 2012 n. 174 o alle Sezioni Riunite, ai sensi dell’articolo 17, comma 31 del decreto legge n. 78 del 2009, la questione di massima in ordine alle surriferite problematiche interpretative afferenti l’articolo 243 quater, comma 7, del Tuel”.

Ma quali sono i presupposti del dissesto. La Corte lo spiega dettagliatamente mettendo insieme le varie pronunce relative alle relazioni semestrali sull’attuazione del Piano: da queste si evincerebbe il “grave e reiterato mancato rispetto degli obiettivi del piano”, che da solo potrebbe attivare la procedura per la dichiarazione di dissesto dell’ente da parte della Sezione regionale della Corte dei conti può attivare. “La valutazione dei documenti trasmessi attraverso l’articolata istruttoria compiuta – si legge ancora – ha permesso di evidenziare, con riferimento alla verifica relativa al primo e al secondo semestre 2015, la presenza dei profili di criticità, che si riferiscono ai fattori di squilibrio individuati dallo stesso ente al momento dell’approvazione del piano di riequilibrio”.

La relazione del magistrato istruttore ha in particolare evidenziato:

1) l’incremento del disavanzo di amministrazione “che da €140.106.096,00 al 31.12.2011 risultava aumentato, al 31.12.2014, ad € 169.706.813,80. Detto disavanzo, a seguito del riaccertamento straordinario dei residui operato ai sensi del decreto legislativo n. 118 del 2011, veniva, allo stato, rideterminato nell’ammontare complessivo di € 580.987.451,22”.

2) “un’esposizione debitoria al 31.12.2015 in notevole aumento rispetto a quella rappresentata al momento dell’approvazione del piano di riequilibrio finanziario”, dovuta ai debiti fuori bilancio (“gli stessi nascono da obbligazioni assunte verso i terzi senza il rispetto delle norme giuscontabili che regolamentano i procedimenti di spesa degli enti territoriali”), da ripianare (al momento dell’approvazione del piano di riequilibrio pluriennale ammontavano ad € 86.504.865,00, mentre risultavano ricompresi nel piano di riequilibrio pluriennale per il modesto ammontare di €3.104.784,50. Al ricorso continuo all’anticipazione di liquidità “con un aggravio di spesa per gli interessi passivi di € 68.101.153,52, per la cui copertura sono state individuate risorse finanziarie (risparmio conseguente alla presa in carico da parte del Ministero della Giustizia delle spese relative al funzionamento degli Uffici Giudiziari e risorse provenienti dalla remunerazione tariffaria dei cespiti gas) che, peraltro, non risultano definite con certezza”. L’ammontare del contenzioso e i debiti fuori bilancio relativi alle società partecipate. Tra queste quello della Sidra per la quale “alla data del 31.12.2014, risulta un’esposizione debitoria di circa 41 mln di euro” oltre a posizioni debitorie/creditorie non conciliate con le altre società partecipate, il disallineamento con Catania Multiservizi per circa 4 milioni di euro e quello con ASEC TRADE per € 198.827,40”. Criticità che, comunque, riguardano anche le altre partecipate.

E ancora, gli accordi con i creditori, le riscossioni – “da un’analisi comparata nel tempo sull’andamento delle riscossioni, emerge che, a decorrere dall’esercizio 2012, la capacità dell’ente di riscuotere le entrate tributarie ed extratributarie risulta peggiorata” – la sussistenza dei residui, il disavanzo complessivo di importo pari a 580 milioni di euro – che potrebbe arrivare all’importo complessivo di 667 milioni di euro – e, in generale “una situazione finanziaria, in termini di cassa, che desta molteplici perplessità in merito alla capacità del Comune di garantire gli equilibri negli esercizi futuri”.

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Non solo. La Corte è chiara quando afferma che “Un ulteriore segnale inequivocabile della conclamata crisi di liquidità del comune in esame può rilevarsi dall’utilizzo delle risorse del fondo di riserva costituito nel bilancio di previsione 2015 per finanziare le spese per gli interessi passivi relativi alle anticipazioni di tesoreria e quelle riferite ai servizi residenziali per le comunità alloggio, alle case protette e al ricovero degli anziani. Il prelievo a tal fine di un importo complessivo pari a 2,1 milioni di euro è avvenuto il giorno successivo all’approvazione del bilancio di previsione 2015 per finalità che non sembrano rispettare quanto al riguardo previsto dall’articolo 166 del Tuel il quale, nella predetta materia, stabilisce la possibilità di fare ricorso al predetto fondo solo per esigenze straordinarie di bilancio o se le dotazioni relative alle spese correnti si dimostrino insufficienti”.

Una diversa opzione interpretativa, ritenuta maggiormente condivisibile da questa Sezione remittente, valorizza innanzitutto l’obiettivo finale programmato ovvero il risanamento dell’ente secondo le indicazioni già esplicitate dalla Sezione delle Autonomie di questa Corte che, nella predisposizione delle linee guida relative al nuovo istituto, ha precisato, dopo avere evidenziato che la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale viene disciplinata allo scopo di fare fronte ad una evidente situazione di deficitarietà strutturale prossima al dissesto, ha precisato come, nel caso di specie, il risanamento dell’ente risulti affidato alle iniziative dei propri organi che, responsabilmente, dovranno raggiungere l’obiettivo finale del ripiano complessivo delle passività dichiarate.

La stessa Sezione delle Autonomie ha raccomandato che il percorso di risanamento deve prevedere il rispetto rigoroso della procedura ed i controlli necessari, per evitare che la misura prescelta possa rivelarsi un artificioso escamotage con il quale si evita la dichiarazione di dissesto, protraendosi indebitamente una situazione nella quale già sussistono i presupposti richiesti dal legislatore per procedere alla dichiarazione prevista dall’articolo 244 del Tuel.

Inoltre, come già affermato nella precedente deliberazione n. 200/2015 di questa Sezione relativa al controllo sull’andamento del piano del comune di Catania nel secondo semestre 2014, l’ente, in sede di esecuzione, è tenuto a non aggravare la situazione economico – finanziaria già accertata al momento dell’approvazione del piano di riequilibrio in quanto ciò rappresenterebbe un evidente e insormontabile ostacolo per la realizzazione del progetto di risanamento programmato.

Il richiamo alla deliberazione n. 7/2011 della Sezione delle Autonomie, con la quale si individuano le cause principali e ricorrenti che determinano il dissesto degli enti locali, permette di verificare che, nel caso specifico del comune in questione, già in sede di verifica relativa al secondo semestre 2014 e ancor maggiormente attraverso la valutazione dei due semestri relativi all’esercizio 2015, è dato riscontrare la presenza proprio di tutti quegli indicatori individuati nella predetta deliberazione.

 

 

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07 Ottobre 2016, 05:09

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