08 Gennaio 2013, 11:37
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PALERMO – Invisibili, derelitti, “ultimi”. Li chiamiamo clochard, senzatetto, homeless: sono le anime senza fissa dimora. Sono uomini, donne, bambini costretti a vivere per strada, ai margini della società. Eppure hanno un nome e un cognome, hanno una storia da raccontare. Ed è proprio di queste anime e di questi cuori che “hanno capito il senso profondo della vita” che parla la dottoressa Marina Scardavi, presidente dell’associazione no profit “La danza delle ombre”, in un’intervista che ci è stata rilasciata presso il centro San Camillo de Lellis.
L’associazione “La Danza delle Ombre” è nata tre anni fa. In che modo? Per iniziativa di chi?
“Prima ero medico di strada per la comunità di Sant’Egidio. Lì è stato creato il centro Santa Lucia che purtroppo dopo un anno è stato chiuso per dei problemi di ristrutturazione dei locali. A quel punto non sapevamo più dove visitare questa gente e io ho sentito la necessità di creare un’associazione insieme ad altri amici. La mia idea era quella di creare un centro polivalente, di accoglienza e ascolto, con un’equipe per l’assistenza medica, psicologica, sociale e legale. E’ nata così la “Danza delle ombre”, che è un’associazione di puro volontariato. Siamo stati accolti in questa struttura dai preti camilliani, che ci hanno dato gli spazi per portare avanti la nostra missione”.
“La Danza delle ombre” è anche il nome del suo libro.
“In realtà è l’associazione che prende il nome dal mio libro. Iniziai a scriverlo cinque-sei anni fa quando conobbi Mohammed, l’iraniano architetto che mi ha portata con sé a conoscere in strada queste persone. Il libro è stato pubblicato lo scorso novembre e gli interi proventi saranno destinati all’associazione, a coloro di cui parlo tra le righe”.
Ma che significa “La Danza delle ombre”?
“Quando ho conosciuto Mohammed, lui mi ha parlato della sua “ombra”, la sua anima. Ciò che tutti noi cerchiamo è proprio l’anima di queste persone. E proprio attraverso questa ricerca si finisce per trovare la propria”.
Qual è lo scopo dell’associazione?
“Lo scopo della nostra associazione non è soltanto soddisfare i bisogni primari. E’ anche restituire la dignità e dare speranza e fiducia. C’è, ad esempio, chi mi dice di aver trovato una stanza a 100 euro e vuole provare a ricominciare da lì. L’associazione ha dato a queste persone quei 100 euro. Ultimamente è capitato con tre uomini che hanno iniziato da lì a fare dei lavoretti e poi sono riuscite a pagarsi da sole l’affitto. Magari poi noi li aiutiamo a fare la spesa o a comprare le medicine. Ma per loro è davvero un nuovo inizio…”.
Ma come si finisce per strada?
“Ci sono persone che hanno deciso di vivere in strada. Persone come Mohammed hanno fatto questa scelta perché hanno deciso di aiutare gli altri. Lui si è creato questo suo mondo: non solo è un vagabondo, ma è un vagabondo che aiuta coloro che vivono come lui. Questa è una gran bella cosa. Ci sono persone della comunità europea che vengono qui e non trovano un lavoro. Oggi è anche aumentato il numero di persone, italiani soprattutto, che finiscono in strada perché hanno perso il lavoro. Intere famiglie si ritrovano sfrattate, senza una casa. Ed è ogni giorno più alto il numero delle donne. Secondo l’indagine Istat ci sono 6mila donne in strada in Italia. E’ un problema davvero preoccupante. E sono spesso mamme a cui vengono tolti i figli e dati in affidamento. Proviamo a pensare in che stato si ritrovano queste donne…”.
E come vi avvicinate a queste persone?
“Devi conoscere. Devi farti conoscere. Creare la ‘magica intesa’. Creare un contatto. Facciamo un giro notturno anche per questo, per conoscere le persone. Pian piano inizi a capire le loro caratteristiche, le loro abitudini. Cosa vogliono. Il dono materiale nasce dopo, il primo dono è l’amicizia. Il mercoledì sera noi facciamo un giro. Portiamo loro da mangiare. Portiamo anche del cioccolato. Molti ci criticano per questo. Ma bisogna capire che queste sono persone come tutte le altre. Non gli basta solo della pasta al pomodoro o del pane con il tonno. Il cioccolato è un dono, riscalda dal freddo e serve per l’umore. E loro sono così felici quando glielo portiamo”.
Come si muovono i palermitani nei confronti degli homeless? La crisi è anche crisi di valori?
“Assolutamente sì. Sicuramente c’è molta paura. Spesso si passa oltre, non si vuole guardare. A volte per egoismo, altre per paura”.
Ma i cittadini cosa possono fare di concreto?
“Basterebbe offrire due ore a settimana della propria vita per fare volontariato. Anche per dare un contributo per una raccolta alimentare, per una raccolta fondi. La cosa fondamentale da ricordare è che quando dai una monetina a queste persone, non devi darla fuggevolmente. E’ importante stringere la mano, rivolgere due parole e guardare quella persona negli occhi. E’ questo il vero dono”.
Cosa serve al centro?
“Qui serve di tutto. Beni di prima necessità…. Cibo, vestiti, coperte, medicine. Tutto ciò che è necessario per vivere una vita dignitosa. Chiunque volesse darci una mano o fare una donazione può collegarsi al nostro sito in cui trovare tutte le informazioni a riguardo (http://danzadelleombre.jimdo.com/)”.
In un’intervista lei ha detto che “Gli ultimi sono i primi del mio cuore”…
“E’ vero. Quando sono andata in giro con Mohammed in posti assolutamente per me sconosciuti io ho imparato veramente a conoscere le persone. Nel mio libro io scrivo ‘La città è finalmente mia’, perché in ogni posto in cui oggi vado incontro persone che si fermano a parlare con me. Che mi chiamano ‘mamà’”.
L’associazione ha in programma delle iniziative?
“Proprio tre mesi fa abbiamo organizzato una mostra fotografica dal nome ‘Riscatti’. Abbiamo dato a 10 persone macchine fotografiche usa e getta. Loro sono andate in giro per fotografare il tema della ‘libertà’. Abbiamo fatto prima degli incontri con le nostre psicologhe e sono venute fuori cose incredibili. Mariano, uno dei partecipanti alla domanda ‘Che cos’è la libertà?’ ha risposto ‘La libertà per me è ritrovare la mia casa e la mia famiglia’. Abbiamo intenzione di fare iniziative simili ogni mese: questa è arte-terapia”.
Torniamo un attimo sul suo libro. Qual è il tema centrale?
“Ciò di cui parlo nel libro è questo: la prima nemica dell’uomo che finisce in strada è la solitudine. Diceva Madre Teresa di Calcutta: ‘La solitudine è la malattia del nostro secolo’. Proprio oggi è venuto in centro un ragazzo che è stato lasciato dalla moglie e ha due figli. Oggi vive con il fratello. Lui lì si sente soffocare. Il fratello vive con una compagna e lui si sente in più perché non lavora e non porta soldi in casa. Ha commesso un errore. Ha rubacchiato. Lui si rende conto che lì non lo vogliono. Quando si trova in casa non gli parlano. Lui si è messo a piangere davanti a me. Un uomo grande e grosso ha pianto come un bambino. Se non è questa solitudine…”.
Tra le storie da lei raccontate nel libro, qual è quella che le è rimasta maggiormente nel cuore?
“La storia di un ragazzo, un bambino soldato. Lui ha iniziato a bere a 12 anni. Cos’era lui? Un disgraziato? Un derelitto? Un poveraccio? No era un bambino che non ha mai saputo cosa significa essere bambino. Che non ha mai giocato a palla. Non dimenticherò mai quei suoi occhi. Così pieni di tristezza, così profondi. Non so che fine abbia fatto. E forse preferisco anche non saperlo…anche se posso immaginarlo”.
Come si muovono le istituzioni in materia di “senza-tetto” e per le problematiche a essi connesse?
“Si fa poco, veramente poco. Basti pensare che in Sicilia ci sono solo due centri per alcolisti”.
Le istituzioni hanno fatto qualcosa di concreto per voi?
“Il Comune l’anno scorso presso La Fonderia ci ha dato degli spazi dove abbiamo ospitato 40 barboni che abbiamo accolto per due mesi. Ci ha dato un aiuto anche l’associazione LeAli, in cui operano persone veramente carine. Ma due mesi non bastano”.
Vuole lanciare un appello?
“La vera politica dovrebbe essere quella della solidarietà. E solidarietà significa rinuncia. Sacrificio. Sarebbe importante guardare tutte le realtà che si occupano di volontariato nella città. Non solo la nostra. E trovare almeno degli spazi per accogliere le persone che vivono in uno stato di disagio”.
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08 Gennaio 2013, 11:37