Politica

“La differenza con Salvini?|Lamorgese non usa Twitter”

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03 Agosto 2020, 18:59

5 min di lettura

Matteo Orfini arriva a Palermo per una serie di incontri, che guardano già alle amministrative cittadine del 2022. L’ex presidente del Pd è accompagnato da Antonio Rubino nel suo tour siciliano. E Orfini, voce critica nel Pd rispetto alla linea zingarettiana, non risparmia al suo partito commenti tutt’altro che accomodanti, soprattutto sul tema dell’immigrazione e del rapporto con i 5 Stelle.

Onorevole Orfini, in Sicilia il Pd ha una linea dichiarata, quella di cercare di costruire un’alleanza con il Movimento 5 Stelle. La convince questa prospettiva?

“Noi abbiamo contribuito a costruire un congresso unitario, con grande senso di responsabilità vista la fase delicata che sta vivendo il Paese. Ora sta al nuovo segretario capire che partito vuole costruire in Sicilia. L’idea che l’identità di un partito si definisca attraverso la politica delle alleanze è l’ammissione di una rinuncia. Noi dovremmo concentrarci su cos’è il Pd e cosa vuole il Pd. Sennò il rischio è considerare la funzione di governo come un fine e non come un mezzo”.

A Palermo come a Roma…

“Sì, il Pd è uno. Se tu pieghi tutto alla necessità di costruire la stabilità di governo in un caso o l’alleanza in un altro il rischio è trasmettere l’idea che tu sei solamente un partito di potere. Insegui stabilità e alleanze rinunciando ai tuoi valori. Così perdi il consenso. La storia del Pd di questi mesi ci racconta il fallimento di questa strategia: il Pd rimane fermo nei sondaggi, fatica a dettare l’agenda e viene percepito solo come elemento di stabilità dall’identità impalpabile. Quando invece c’è un Paese che chiede di capire come lo porteremo fuori da questa crisi”.

Proprio quando il vostri spauracchio Salvini precipita nei sondaggi, voi non crescete.

“Sì, scende Salvini ma cresce la Meloni. La forza di quel blocco elettorale rimane identica e maggioritaria nei sondaggi. Non riusciamo a intaccarla perché non è chiara la proposta alternativa. Eppure le nostre battaglie funzionano, pensiamo a quel che è successo in Europa”.

Neanche di quello avete beneficiato. Perché? È stato raccontato male?

“I frutti concreti di quel successo si vedranno tra qualche mese. I fondi arrivano tra un anno, cosa che suggerirebbe di usare quelli del Mes che sono pronti subito e che sono paralizzati da un incomprensibile veto del Movimento 5 Stelle”.

A proposito di veti dei 5 Stelle, sul fronte dell’immigrazione lei è stato molto critico sull’operato del governo.

“Quando abbiamo deciso di fare questo governo un anno fa lo facemmo per evitare che Salvini prendesse i pieni poteri. Il rischio era enorme, visti gli atteggiamenti di Salvini. Nel momento in cui accettammo di farlo guidare da Conte il Pd chiese in cambio garanzie di discontinuità. Che si doveva vedere soprattutto sul terreno delle politiche migratorie. I porti chiusi, la criminalizzazione dei salvataggi in mare e via dicendo. Questa discontinuità non solo non si è vista ma non si vedrà per mesi. Si dice che c’è un accordo sulla modifica dei decreti sicurezza ma si rimanda a settembre, il che significa che non c’è un accordo. L’impianto complessivo delle politiche è lo stesso: rifinanziati i torturatori della guardia costiera libica, i porti chiusi con la scusa del Covid. Ed è una scelta che non ha applicabilità come dimostrano gli sbarchi autonomi che continuano. Persino noi ci siamo messi nel filone delle politiche di Salvini. Di ius soli non si parla più. Noi siamo a come eravamo prima solo con un po’ più di garbo, la differenza è che la Lamorgese non ha Twitter”.

E scappano migranti a iosa in Sicilia a dimostrazione del fatto che l’emergenza è mal gestita.

“L’emergenza c’è perché non è gestita. Siamo di fronte a numeri assolutamente ordinari e gestibili. Che a luglio e agosto c’è un aumento degli sbarchi è un dato storico. E segnalo che avviene quando non ci sono le Ong nel Mediterraneo. Si crea un’emergenza perché il Viminale non gestisce questi numeri. È ovvio che se si lascia tutto il carico sulle realtà d’arrivo, queste esplodono. Se queste persone fossero gestite e distribuite nel Paese e nella parte d’Europa disponibile, la situazione sarebbe gestibile. Non c’è nemmeno emergenza sanitaria: nessuno è sottoposto alle misure di controllo dei migranti”.

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Cos’è che non va nel Pd di governo?

“Su questo terreno un po’ per subalternità a Salvini e un po’ per declamare una linea dura inapplicabile si crea l’emergenza. Oggi Conte ha detto che saremo inflessibili coi migranti, non con chi viola i diritti umani, coi migranti. Una frase che poteva dire Salvini”.

Tornando indietro lo accetterebbe di nuovo Conte premier?

“Io sono tra quelli che non considererà mai Conte un punto di riferimento dei progressisti. Il punto di riferimento sta fermo, uno che è stato prima a destra e poi ha governato con noi non può essere il punto di riferimento dei progressisti ma dei trasformisti”.

Zingaretti sembra tentato di promuoverlo a punto di riferimento.

“Mi sembra più che tentato, è già lì. Lo considero un errore. Una rinuncia all’ambizione del Pd di esprimere una leadership capace di parlare al Paese”.

Perché in Italia non si compatta il fronte europeista?

“Non credo che la semplice adesione all’europeismo possa essere una discriminante per costruire alleanze politiche. Tra noi e Forza Italia, che è un partito europeista, ci sono differenze”.

Perché, tra voi e i 5 Stelle ce ne sono di meno?

“Io ho sempre detto che non considero il Movimento 5 Stelle una forza di sinistra, su tantissimi aspetti decisivi sono una forza di destra, nemmeno di centrodestra. Con loro si può fare un governo di larghe intese, emergenziale, trasformarlo in un’alleanza politica è un errore. Anche perché non vedo un’evoluzione dei 5 stelle ma un’involuzione del Pd”.

E in Sicilia, come vede il governo Musumeci?

“Musumeci è come Salvini. È una personalità a cui bisogna fare l’opposizione più rigida e dura. Occorre forse un po’ più di vis polemica dell’opposizione all’Ars”.

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03 Agosto 2020, 18:59

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