24 Luglio 2013, 10:57
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PALERMO – E adesso la via d’uscita per Rosario Crocetta, Beppe Lumia e il loro Megafono si fa davvero stretta. Ieri sera la commissione di garanzia ha estratto un cartellino giallo che è quasi arancione. Il partito romano non ha comminato sanzioni, preferendo ricorrere a un warning che lasci il tempo agli interessati di trarre le conseguenze. C’è di mezzo la Sicilia, una Regione che la sinistra non aveva mai conquistato alle urne, e i democratici prima di arrivare a scismi dolorosi vogliono procedere con cautela. Ma la pazienza del Pd non è infinita. E dopo il ceffone di sabato alla direzione regionale, è arrivata la sberla romana per i sogni di gloria del Megafono.
Le dichiarazioni a caldo di Crocetta e Lumia, rilasciate ieri sera a Livesicilia, sembrano ispirate alla volontà di non rompere. I due si sono inseriti in quel passaggio del documento della commissione di garanzia che definisce inaccettabili le condotte concorrenziali al Pd “in assenza di accordi”. Ragionano Crocetta e Lumia: se concludiamo quegli accordi, il Megafono è salvo. Possibile? Certo non sarà semplice. Ma il governatore e il senatore proveranno a giocarsi tutte le carte che restano loro in mano. Crocetta ieri ha detto chiaramente che vuole discutere della faccenda con la segreteria nazionale. “Si vedrà con Epifani, troveranno un accordo, ma dovrà cedere”, prevede un dirigente, uno dei tanti che sabato ha votato il documento della direzione che ha anticipato nella sostanza le osservazioni della commissione di garanzia.
Troveremo un accordo, assicurava ieri sera Lumia. Già, ma quale? Non è facile. E con il suo consueto pragmatismo, Angelo Capodicasa sabato scorso lo ha spiegato chiaro e tondo in direzione: “Sono molto preoccupato – ha detto dal palchetto l’ex presidente della Regione – perché non riesco a vedere una possibile soluzione. Sarà molto difficile trovarla visto il punto a cui siamo arrivati”. E sì, perché che si fa a questo punto del Megafono? Dei suoi eletti, dei suoi gruppi consiliari autonomi nei Comuni e all’Ars, dei suoi dirigenti? Chiudere baracca e burattini è improbabile. Così come è inverosimile che Lumia e Crocetta abbandonino a se stessa la propria creatura, affidandola alle altrui cure. L’essenza stessa del Megafono è Rosario Crocetta e ancor di più la poltrona di Palazzo d’Orleans, che ha attratto tanti transfughi del lombardismo pronti, parebbe, a militare nel “partito del presidente”, qualsiasi sia il presidente. E allora, quale soluzione? Marco Forzese, dei Democratici riformisti, ne ha buttato lì una: l’iscrizione in massa dei crocettiani al Pd, per pesarsi già al congresso d’autunno. E qualcuno in casa Pd, ha preso sul serio l’uscita dell’ex esponente dell’Udc: “Ci stanno pensando davvero e ci proveranno”, prevede un dirigente non troppo amante del crocettismo.
Resta un’altra possibile exit strategy, quella più traumatica: l’uscita dal partito. A Crocetta forse non dispiacerebbe vestire i panni del martire politico, parte che è nelle sue corde mediatiche e che gli consentirebbe di continuare ad attaccare ad alzo zero il partito sulla questione morale, attingendo al collaudato repertorio dell’antimafia professionale. Ma per mettersi in proprio è forse troppo presto, osservano alcuni dirigenti democratici: il Megafono non ha ancora avuto il tempo di organizzarsi, non solo al di là della Sicilia ma anche in alcune zone dell’Isola. E al di là dell’Azione civile di Antonio Ingroia, le interlocuzioni con altri possibili compagni di avventura per la creazione di un nuovo soggetto politico nazionale sono ancora all’anno zero o quasi. “Senza il Pd Crocetta non va da nessuna parte”, professavano con sicurezza diversi dirigenti sabato alla direzione.
E così toccherà aspettare i prossimi giorni. La pausa estiva consentirà di avere tempi più dilatati per trovare la soluzione meno traumatica, sempre che sia possibile. Nel frattempo, però, il ghiaccio tra il governatore e il suo partito non si scioglierà al sole d’estate. E questo – tanto più se Crocetta continuerà a sferrare attacchi polemici al partito (ieri ha bollato di “mafiosità” certe critiche ricevute, così, per gradire) – non potrà far bene all’azione di governo e alle dinamiche parlamentari. Dove il muro contro muro tra democratici e giunta ieri è arrivato a toccare picchi di estrema durezza sul caso dell’acqua pubblica. La speranza è che i litigi interni al Pd non si traducano in una sostanziale e permanente paralisi per la Sicilia.
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24 Luglio 2013, 10:57