09 Marzo 2016, 12:03
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CATANIA- Bisognerà attendere fino al 23 marzo prossimo per sapere se si svolgerà o no il processo per la morte di Salvatore La Fata, operaio edile disoccupato deceduto il 30 settembre 2014, dieci giorno dopo aver compiuto l’insano gesto di darsi fuoco. Sarà in quella data che il Gup Marina Rizza deciderà sulla richiesta di rinvio a giudizio per i due ispettori della Polizia Municipale Antonino Raddusa e Giuseppe Tornatore. Era il 19 settembre 2014, quando La Fata allestì la postazione di vendita abusiva in Piazza Risorgimento: vendeva ortaggi che lui stesso raccoglieva per sbarcare il lunario e, soprattutto, per ritrovare la forza di non lasciarsi sconfiggere dalla disperazione per aver perso il lavoro ormai da due anni.
Il reato ipotizzato per i due ispettori è di istigazione al suicidio: Salvatore La Fata si sarebbe opposto al sequestro della merce minacciando di darsi fuoco, diverse testimonianze riferiscono di aver sentito i vigili dire: “Se devi farlo, spostati più in là”. Oggi in udienza – in presenza del pm Rosaria Molé – i difensori di Raddusa e Tornatore, rispettivamente gli avvocati Salvatore Verzì e Pietro Marino hanno contestato la costituzione di parte civile rappresentata in aula dall’avvocato Francesco Marchese. Hanno, inoltre, fatto richiesta di acquisizione delle cartelle cliniche riferite al ricovero di Salvatore La Fata all’ospedale Cannizzaro di Catania, ma la giudice Marina Rizza ha rigettato ambedue le richieste. Si riserva di decidere, invece, sull’analisi della coltura batterica, un elemento – secondo la difesa – che potrebbe chiarire molto di più sul tempo trascorso in ospedale prima del tragico epilogo.
“Le indagini nascono da un atto dovuto – ha commentato Salvatore Verzì – ma non c’è nessun legame tra l’azione amministrativa dei vigili dell’annona e il decesso della vittima”. L’avvocato Pietro Marino cita in udienza le lettere anonime indirizzate all’avvocato Marchese e pubblicate dal quotidiano online ienesicule, e ricorda alla giudice come le affermazioni contenute in esse – relative alla distorta politica incentivante per la lotta all’abusivismo commerciale – siano prive di fondamento. “Non esistono incentivi speciali per questo tipo di attività – ha ribadito Verzì – abbiamo prodotto la normativa di riferimento che lo testimonia”. “Si deciderà tutto il 23 marzo – ha commentato l’avvocato Marchese – la nostra speranza è che si vada a processo, per discutere e vagliare tutte le testimonianze in nostro possesso”.
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09 Marzo 2016, 12:03