La favola di Santo Stefano Quisquina|Dove l’acqua sgorga in eterno

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11 Settembre 2010, 09:27

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Nella terra di Pirandello di acqua non c’è ne mai stata a sufficienza. Eppure l’agrigentino, dove l’ “idro-guerra” è salita, a ripetizione, su chissà quante ribalte, un primato lo vanta: ha uno dei comuni idricamente più ricchi d’Italia. Santo Stefano Quisquina, cinquemila anime in tutto, è un piacere a visitarlo: nel cuore dei monti sicani, è un posto in alto e fa godere lo spettacolo di una vista come poche. Lì l’acqua non manca mai, ventiquattro ore su ventiquattro. Ce n’è così tanta che – come dice la gente del posto – si potrebbero, tranquillamente, tenere i rubinetti sempre aperti. E in un certo senso è così, a considerare dalle decine di fontanelle, che rallegrano, con il loro continuo sgorgare, ogni punto del paese, naturalmente a libero approvvigionamento. Se poi si vuole andare per la sottile e ispezionare con lo sguardo le abitazioni, non vi è traccia nè di vecchi silos, nè di nuovi recipienti porta acqua. La gente a Santo Stefano non li conosce, perchè non ne ha mai avuto bisogno. Utopia se confrontata con il resto della provincia, dove, in questo periodo, senza particolari emergenze, ci si deve accontentare di turni di erogazione bisettimanali. E quando “viene l’acqua” ha la meglio chi ne conserva quanta più possibile. A Santo Stefano Quisquina, invece, l’acqua – che arriva diretta dalla sorgente Capo Favara, non solo è senza fine, ma è anche potabile. Un’isola felice, che non poteva non fare gola a chi con l’acqua fa business. Così, da una decina d’anni, nel centro montana, ha messo le mani una multinazionale, che vi ha impiantato una succursale di un noto marchio di acqua imbottigliata. Con una concessione, da parte del governo regionale, che consente al brand – uno dei primi sulla classifica nazionale delle acque più vendute in Italia – di usufruire di dieci litri di acqua al secondo, l’acqua di Santo Stefano è finita sulle tavole italiane. Un sogno a occhi aperti, per la Sicilia, immersa in mezzo al mare, ma spesso assetata. Tuttavia il timore è dietro l’angolo. “La privatizzazione – ci spiega Stefano Leto Barone, sindaco del paesino –  è quanto temiamo di più. Siamo, infatti, uno dei pochi comuni siciliani che non ha ancora ceduto la pertinenza, in materia di acqua, alle società private. Stiamo prolungando il momento della cessione, perchè temiamo che un gestione da parte di Girgenti Acque – la società preposta nella provincia – possa penalizzarci nella più grande ricchezza del nostro comune”. Se gli amministratori  organizzano a ripetizioni consigli comunali anti privatizzazione, il popolo stefanese si è fatto sentire più volte, organizzando pletore di manifestazioni e petizioni. In materia di firme, diverse centinaia, tra qualle stefanesi, sono state raccolte insieme alle 30.000, presentate due giorni fa all’Ars. Il malcontento in merito alla privatizzazione dell’acqua si è generalizzato, infatti, un po’ in tutta l’Isola. A Santo Stefano Quisquina l’evenienza, però, assume un valore differente, come puntualizzano gli stessi cittadini. “L’acqua è la nostra ricchezza – ci dicono . se, con la privatizzazione ci dovessero togliere questo, cosa resterebbe?”. Il timore è quello che si organizzino dei turni per l’erogazione, che si chiudano i rubinetti delle fontanelle – diventate, nel tempo, anche un’attrazione da parte dei comuni del circondario – e che l’acqua, come nella maggior parte dei paesi dell’agrigentino, da pret a porter diventi un bene di lusso. Tutte eventualità che, al momento, nessuno è in grado di trasformare in certezze. Qualcuno, a Santo Stefano, però sottovoce si sbilancia: “Già l’azienda che si è accaparrata della nostra acqua, qui, per accordi con la regione, non lascia un euro, se poi ci privatizzano ci restano gli occhi per piangere”.

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11 Settembre 2010, 09:27

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