20 Novembre 2014, 12:42
3 min di lettura
CATANIA – La Fiom chiama a raccolta lavoratori e studenti in vista dello sciopero generale dei metalmeccanici siciliani. E’ prevista per questo pomeriggio l’assemblea pubblica aperta a un ampio ventaglio di persone, a prescindere dalla tessera sindacale che hanno in tasca, per fare il punto sulle azioni di lotta da mettere in campo a partire dal 27 novembre quando a Palermo sfileranno i lavoratori metalmeccanici che si oppongono al Jobs Act renziano. Che si tratti prove tecniche di unità a sinistra del Pd? Il segretario provinciale della Fiom Stefano Materia dribbla in parte la domanda, cambiando la prospettiva di partenza. “La Fiom ha sempre tentato di tenere il variegato mondo dei lavoratori e dei movimenti dentro le proprie iniziative, oggi ovviamente esiste un’esigenza che parte dalla nostra base e che registriamo: cioè avere un punto di riferimento perché quello che sta accadendo nel nostro paese rischia di farci perdere gli unici e ultimi punti di riferimento”.
Il richiamo è soprattutto al sindacato, messo sotto attacco dall’esecutivo nazionale. La Fiom prende in contropiede il verbo della flessibilità del risparmio sul costo del lavoro e raccoglie contestualmente la sfida del premier: il sindacato si apre a un numero vasto di lavoratori. “L’assemblea della Fiom servirà ad ascoltare le persone che spesso non riusciamo a raggiungere”, dice Materia che lancia delle proposte “in controtendenza” rispetto allo scenario che si è via via delineato negli anni. Il riferimento è “all’attacco al contratto collettivo nazionale e al tentativo di distruggere il concetto di democrazia prima dentro i luoghi di lavoro e adesso anche fuori”. “La politica (e a volte anche il sindacato) non è stata in grado di fare le analisi giuste per trovare gli strumenti adeguati per affrontare i problemi”, ammette Materia, capovolgendo i termini in cui si imposta tradizionalmente il dibattito. “La crisi c’è ma la situazione non migliora se metti in campo ricette che guardano esclusivamente al mercato e alla finanza”. Il rischio, al netto delle continue emorragie di posti di lavoro, è “il collasso del paese”.
Per evitare il crollo strutturale, La Fiom parte da due parole chiave: “Lavoro e investimenti”. “Ridurre i diritti non vuol dire creare competitività”, spiega Materia che chiama in causa le aziende. “Le imprese ci dicono che a loro serve altro”. E fa un esempio concreto e geograficamente a portata di mano: “Acciaieria di Sicilia”. Un’impresa che soffre non certo per l’esistenza dell’articolo 18. Ben altre sono le criticità. “Acciaierie di Sicilia oggi è a rischio chiusura non per via del costo del lavoro, ma per quello dell’energia elettrica”. Una lauta spesa per chi produce acciaio, resa ancora più onerosa in certi contesti. “Nel meridione paghi l’energia elettrica il doppio che nel resto d’Italia dove in generale si paga il 20% in più che nel resto d’Europa: è ovvio che le aziende si guardano bene dall’investire da noi”, dice Materia.
Lo stesso vale nel settore tecnologico e della microelettronica e il pensiero corre a Stm e Micron. Alla luce dei piani di finanziamento europei, il governo italiano resta al palo. “Non capiamo perché il nostro governo continui a rimanere latitante a livello di politica industriale”, strumento principe per consentire alle aziende di non fare le valigie. La storia del progressivo indebolimento de siti italiani da parte di Micron, azienda economicamente florida, sembra dire lo stesso al netto di un accordo di cui il governo si è fatto garante. “Noi diciamo che il problema non è ancora stato risolto, ci sono ancora quaranta esuberi a livello nazionale”, denuncia il sindacalista.
L’accordo diceva a chiare lettere che l’obiettivo era l’azzeramento degli esuberi per tale ragione martedì è stato indetto uno sciopero dei lavoratori Micron con diversi presidi in giro per il paese, Catania inclusa. Anche nella vertenza che riguarda il colosso della microelettronica il punto focale riguarda l’idea complessiva e il piano industriale. “Si tratta di un settore innovativo e strategico, bisogna invertire la tendenza” e il problema non è certo il costo del lavoro se si considera che un ingegnere in Germania è pagato il doppio.
Pubblicato il
20 Novembre 2014, 12:42