La gang terrore del Calatino |Svolti gli interrogatori

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13 Maggio 2018, 05:42

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CATANIA – Non sanno, non conosco i fatti, non ricordano o hanno deciso di non rispondere. I 16 indagati dell’operazione Dalton, cinque dei quali riascoltati nei locali del carcere di Contrada Noce, non hanno fornito alcun dato utile agli inquirenti e come era prevedibile hanno scelto la linea del silenzio e della negazione dei reati ad essi attribuiti.
Nello specifico ieri il Gip Cristina Lo Bue ha ascoltato cinque dei sei detenuti presso il carcere di Caltagirone, mentre il quinto Di Stefano, già detenuto nel carcere di San Vittore per reati affini verrà ascoltato nelle prossime settimane.

Per Giuseppe La Rocca e Gesualdo Montemagno che si sono dichiarati estranei ai fatti è stato preannunciato dal difensore, l’avvocato Gianna Catania, istanza di scarcerazione. Per Giuseppe Manusia, difeso dall’avvocato Francesco Piccolo, la linea è stata quella di dichiararsi estraneo completamente ad ogni fatto attribuitogli, mentre  Gaetano Gullè e Salvatore Ventura difesi dall’avvocato Christian Parisi, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Anche i legali di questi ultimi hanno preannunciato ricorso ai giudici del riesame per ottenere la scarcerazione. Attesi per giorno 18 gli interrogatori dei 10 indagati attualmente ai domiciliari per i quali, i reati contestati sono per la maggior parte legati alla cessione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
Lo ricordiamo, l’operazione denominata “Dalton” è scaturita a seguito di indagini durate quasi 3 anni, nel corso dei quali gli investigatori sono riusciti a ricostruire un articolato e ben consolidato sodalizio criminale nella città di Grammichele. Nello specifico, gli arrestati a vario titolo, tutti già noti alle Forze dell’Ordine per reati connessi a furti, rapine e spaccio di sostanze stupefacenti e quasi tutti figli d’arte di noti personaggi del luogo,  sono stati considerati dagli inquirenti un solido gruppo criminale molto temuto nella città tanto che, una volta fermati, questa circostanza ha posto fine alla condizione di insicurezza percepita nella città a pianta esagonale.
Ciò che ha sorpreso gli inquirenti è che, sia su wathsapp sia su facebook alcuni di loro non temessero di apparire con armi e munizioni e che per i fatti legati al tentato omicidio del 2015 ai danni di un pregiudicato del luogo colpevole a loro dire, di intralciare i loro piani criminali sul territorio, uno degli arrestati, allora minorenne, vantasse già talmente tanto “rispetto” nella malavita che alla sua richiesta di acquisto di un mitra (la padella così veniva chiamata per tentare di distrarre eventuali intercettazioni), lo stesso non abbia trovato difficoltà alcuna in tal proposito. Una condizione sottolineata dagli inquirenti che fanno notare come non sia affatto facile acquistare un arma del genere sul mercato nero e come di conseguenza lo sia ancor di più per un minorenne, circostanza che in questo caso invece è apparsa del tutto normale per il fornitore che evidentemente nel soggetto, poi arrestato, riconosceva un “ruolo ed un potere” sulla città ben consolidato.

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13 Maggio 2018, 05:42

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