12 Dicembre 2023, 04:59
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CATANIA – Avrebbe favorito una società, assegnandole, tra l’altro, la gestione delle spiagge libere 1, 2 e 3 della Playa di Catania. La gara riguardava un triennio, dal 2016. E al tempo stesso, così facendo, avrebbe danneggiato un’altra società, per cui avrebbe disposto l’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria, rilevando presunte cause ostative che, secondo l’accusa, sarebbero inesistenti. Un abuso d’ufficio, secondo la terza sezione penale del Tribunale collegiale di Catania.
Per questo l’ingegnere Salvatore Raciti, 67 anni, è stato condannato in primo grado a 1 anno e 3 mesi, con pena sospesa e non menzione. Raciti, funzionario del Libero consorzio di Catania, l’ex Provincia, all’epoca dei fatti operava “a scavalco con il Comune”.
La sentenza è stata emessa dal tribunale presieduto da Rosa Alba Recupido, giudice Elena Maria Teresa Calamita, giudice estensore Concetta Zimmiti. La motivazione, un documento di trenta pagine, è stata depositata contestualmente. Raciti è imputato in veste di presidente della commissione aggiudicatrice della gara di appalto indetta dal Comune di Catania per la concessione triennale della gestione delle spiagge.
La gestione riguardava anche le due terrazze site nel lungomare, i relativi punti di ristoro e parcheggi, nonché l’assegnazione a uso parcheggio, a titolo oneroso, del terreno retrostante il “Palaghiaccio”.
L’imputato per l’accusa avrebbe violato “i doveri di imparzialità”. L’avvocato Goffredo D’Antona, che assiste Raciti assieme al suo collega Antonio Caputo, afferma di non voler commentare la sentenza. Il legale conferma che sarà presentato appello, dicendosi “sereno” in vista del secondo grado di giudizio.
Raciti del resto si è professato innocente. E nel corso dell’interrogatorio a cui si è sottoposto ha spiegato la sua decisione, basata su una nota che aveva ricevuto da un direttore del Comune di Catania. Ha dichiarato inoltre di aver ritenuto opportuna l’esclusione della ditta per cui sarebbero state rilevate cause ostative, e di averlo fatto “nell’interesse esclusivo dell’ente”.
Secondo i giudici, però, sarebbe “emersa anche la volontà del Raciti di arrecare un ingiusto danno alla ditta” di cui fu revocata l’aggiudicazione provvisoria. “Correlato ad un altrettanto ingiusto vantaggio in favore della ditta concorrente”. “Sul punto, si ribadisce – scrivono i giudici – che, pur essendo necessaria la sussistenza del dolo intenzionale ai fini della configurabilità del delitto di abuso d’ufficio, non è necessario che questo debba essere dimostrato mediante l’accertamento dell’accordo collusivo con la persona che si intende favorire”.
Il cosiddetto “coefficiente soggettivo” viene “desunto anche da elementi sintomatici/indici fattuali come la macroscopica illegittimità dell’atto, la reiterazione delle violazioni, la competenza dell’agente”.
“Nel caso specifico – si legge sempre in sentenza – questo Collegio ritiene che il coefficiente soggettivo possa desumersi proprio dalla reiterazione e dalla gravità delle violazioni di legge poste in essere dal Raciti nel corso dell’intera procedura di gara per l’affidamento del servizio”.
La ditta danneggiata era presente in aula come parte civile. L’imprenditore è assistito dall’avvocato Gianluca Cantone del foro di Catania. E l’imputato è stato condannato al pagamento di un risarcimento danni nei confronti dell’imprenditore, da quantificarsi in separato giudizio, oltre che alla refusione delle spese e al pagamento di una provvisionale da 5 mila euro.
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