08 Aprile 2009, 18:44
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La scena somiglia tanto a quelle fragorose scazzottate che giungevano puntuali alla fine dei sempreverdi film di Bud Spencer e Terence Hill: tutti contro tutti a menare botte da orbi, per il sollazzo degli appassionati del genere. Ma a differenza della coppia beniamina dei più piccoli, i protagonisti di questa infinita rissa non fanno ridere neanche un po’. La scazzottata, fuor di metafora, è quella che quotidianamente va in scena nella coalizione alla quale i siciliani appena un anno fa hanno dato mandato, con percentuali da plebiscito, di governare la Sicilia. Una maggioranza amplissima all’Assemblea regionale, un presidente della Regione eletto direttamente dal popolo con un numero di consensi senza precedenti, niente di tutto ciò è bastato per assicurare alla Sicilia una stagione di riforme e di buon governo. E a cento giorni dall’inizio del 2009, la Regione si trova, nel pieno della più catastrofica crisi economica mondiale degli ultimi ottant’anni, senza bilancio e con la programmazione dei fondi europei ancora al palo. Un bel disastro di fronte al quale la classe politica chiamata a governare si esibisce quotidianamente in duelli rusticani tra alleati, senza esclusione di colpi e praticamente su tutto.
Dopo mesi di sberle reciproche sulla riforma della sanità, alla fine le due anime del centrodestra nostrano sono riuscite a firmare la pace, o per lo meno un armistizio. Ma non c’è stato il tempo di fumare il calumet, che subito si è trovato qualche altro buon motivo per spararsi a zero a vicenda. Ato rifiuti, piano energetico, eolico, formazione professionale: c’è solo l’imbarazzo della scelta. Si farebbe prima, forse, a elencare le cose sulle quali gli assessori di Raffaele Lombardo sono d’accordo. L’accorata conferenza stampa odierna di Carmelo Incardona è solo la più recente puntata di una telenovela in salsa sicula che sbaraglia la concorrenza di Agrodolce. Intanto, le migliaia di persone che gravitano attorno alla sconquassata galassia della Formazione professionale stanno a guardare. E con esse le aziende che vantano crediti dalla Regione e quelle che di soldi pubblici vivono in prevalenza, ovvero una fetta enorme della nostra economia. È la Sicilia che aspetta. E che vorrebbe vedere risposte e non cazzotti. Almeno prima di finire definitivamente al tappeto.
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08 Aprile 2009, 18:44