19 Maggio 2013, 06:15
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PALERMO – Via Atenasio è una stradina palermitana incognita, oltre via Belgio, indicata da una targhetta a pennarello. Da una parte, i palazzoni, dall’altra viuzze e sterrati. Si sente il profumo dei fiori. Qui – secondo le indicazioni di un affezionato lettore di Livesicilia – troveremo il miracoloso Santo Pulitore di Palermo. Che pulisce e ripulisce il suo pezzo di città, mentre nel resto si lotta contro la munnizza o si subisce tra fatalismo e rassegnazione. Lo conoscono tutti. Al negozio le informazioni sono precise: “Gira sempre nei dintorni, abita in fondo nella casa col cancelletto. Lo vede con una scopa e un sacchetto in mano. E’ passato poco fa”. Appena il tempo di uscire, eccolo, tierra, bingo. Un omino basso, segaligno e forzuto con un saccone scuro tra le braccia. E’ il Santo Pulitore. L’anima benedetta nel corpo di un ex spazzino (operatore ecologico è più elegante, tuttavia non riempie) che ha deposto gli attrezzi del mestiere, ma si comporta come l’ultimo giapponese nella giungla. Il lavoro è finito. La guerra continua.
“Scusi signore, ehi signore”. “Rici a mia”. “Bè, ci siamo solo noi due. So che lei spazza via Atenasio dalla mattina alla sera. Perché lo fa?”. “E cu cci u’ rissi? Ora cci u’ ricu”. Il racconto dalla viva voce del protagonista comincia.
“Mi chiamo Tommaso Lapiana. Sono in pensione da nove anni, ero spazzino. E’ una questione di mentalità. Se lei si mangia una brioche col gelato in mezzo allo sporco, può essere pure buonissima. Però vassia non se la gusta. Che voglio dire? Che è una questione di mentalità. Noi dobbiamo stare nell’igiene, mica siamo porci. E’ così bella Palermo... Ci cuntu na cuosa. Tanno il capo dell’Amia era, era… Vabbè, va. Io stavo spazzando in via Libertà, sotto la pioggia. C’era un vento… E c’ero solo io. Iddu, il capo dell’Amia si ferma con l’auto blu e mi fa: ‘Lo sa che lei è pazzo?’. ‘Perché – ci rispondo -. Faccio solo il mio lavoro’. ‘Mi deve fare una gentilezza, deve salire sull’auto blu accanto a me’. ‘Dottore, sugnu tuttu lordo. Si macchia la tappezzeria’. ‘Un mi nni futti nenti, acchianassi’ (un perentorio invito ad accomodarsi, per i non autoctoni, ndr). Insomma, mi porta a piazza Don Bosco e mi offre cornetto e caffè…
...E poi comanda ai suoi: ‘Questo ragazzo non lo spostate da via Libertà che è un vanto per noi. Se lo spostate, in strada ci metto voi’. Io sono stato nella via dove abita il Sinnacollanno, u’ scrivissi granne, maiuscolo… C’era allora e c’è ora. Un grande sindaco. Ci voglio bene. Non avevamo niente. E’ venuto a trovarci e ha promesso: ‘Avrete materiale e stipendio pagato regolarmente, ma dovete darmi due mesi’. Vero fu. Con lui l’azienda era un gioiellino. Poi spuntò Cammarata e misi manu a tutti cosi. Vede, caro lei, è una questione di mentalità. Io la mattina spazzo e raccolgo. Di pomeriggio vado in campagna perché la pensione non basta. La mia famiglia la campo io. Io sono il totem della mia famiglia. Lavoro da quando avevo quindici anni. Muratore ero. Ho sempre lavorato e lavorerò sempre. Pure morto e sepolto. E’ una questione di mentalità. Se lei si mangia una brioscina nella discarica, pure che è buona, non ci piace. E’ una questione di mentalità. Se non ci penso io, ccà un veni nuddu. Io sono Tommaso Lapiana. Arrivedecci”.
In via Atenasio, dalla parte agreste di via Belgio, il profumo dei fiori è intenso, quasi commovente. Non ci sono altri odori. Non c’è il tanfo che affoga Palermo e che ha provocato il suicidio dei gelsomini. L’asfalto è sgombro. Si respira. Merito del Santo Pulitore. Qui la brioscina te la puoi mangiare: è una questione di mentalità. Tommaso il palermitano lo sa fare.
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19 Maggio 2013, 06:15