15 Marzo 2019, 18:57
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PALERMO – Padre e figlio avevano raggiunto Giovanni Colombo per un “chiarimento”. Lui, Antonino e Giacomo Lupo si conoscevano da tempo, d’altronde abitavano a distanza di pochi metri, a dividerli era soltanto qualche padiglione delle strade dello Zen 2. Lo stesso quartiere che ieri sera si è ancora una volta macchiato di sangue e che ha alzato un grande muro d’omertà dopo l’omicidio avvenuto in via Rocky Marciano.
“Non abbiamo avuto alcuna collaborazione da chi abita nel quartiere – dice il capo della squadra mobile, Rodolfo Ruperti – ma eravamo sulle tracce di Colombo da diverse ore, si è sentito braccato”. Il giovane, 26 anni, è stato condannato a due anni per rissa, nell’ambito dell’omicidio di Aldo Naro, ucciso al Goa nel febbraio del 2015. Ormai con le spalle al muro, si è recato spontaneamente al comando provinciale dei carabinieri, stamattina, per raccontare la sua versione fatti. “Li ho ammazzati io”, ha confessato davanti al pm Ilaria De Somma, accompagnato dal suo avvocato. Ed ha anche consegnato un’arma, su cui adesso sono in corso le analisi per accertare che sia la stessa utilizzata per fare fuoco.
“I colpi che non hanno lasciato scampo ad Antonino e Giacomo Lupo – prosegue Ruperti – sono stati almeno dodici. E’ stato l’epilogo di una vicenda che si è prolungata nel tempo”. Alcune ore prima del delitto, infatti, si sarebbe verificata un lite: Colombo avrebbe raccontato di aver rimproverato il fratello minore di Giacomo, poi di aver visto padre e figlio arrivare davanti casa sua. La discussione sarebbe degenerata nel giro di pochi minuti, Colombo avrebbe impugnato la pistola e fatto fuoco, inseguendo i due uomini per diversi metri.
I Lupo avrebbero infatti tentato di mettersi in salvo, rifugiandosi tra i padiglioni, ma la raffica di colpi non ha lasciato scampo ad entrambi, al punto da rendere inutile il trasporto d’urgenza all’ospedale di Villa Sofia. “Colombo ha volontariamente sparato sia al padre che al figlio – ha sottolineato Ruperti – erano entrambi suoi obiettivi. Per tutta la notte abbiamo sentito testimoni e familiari, ma ci siamo scontrati con un muro di silenzio. I nostri sospetti su Colombo si sono però subito rivelati corretti e ci hanno messo sulla direzione giusta”. Il 27enne è stato trasferito in carcere.
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15 Marzo 2019, 18:57