30 Agosto 2012, 11:36
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“Micciché rinneghi dell’Utri”. “Russo rinneghi i modi di fare di certa magistratura”. Non si amavano, questo è certo. Gianfranco Micciché e Massimo Russo sono sempre stati due pianeti diversi, molto distanti. E la decisione dell’assessore alla Salute di staccare la spina rifiutandosi di aderire alla coalizione che sosterrà il leader di Grande Sud non era che la naturale conseguenza di un rapporto mai sereno.
Anzi, Russo, in un certo senso, ha rappresentato un’icona sia per gli amici (pochi) sia per i nemici, che lo hanno considerato, nel corso di questi anni la “pietra dello scandalo”, se non la “foglia di fico” di un governatore indagato per mafia.
E proprio sulla gestione della Sanità s’è consumato lo strappo tra Micciché e Lombardo, che ha portato l’ex sottosegretario a mollare il governo, dopo aver compiuto la scissione dalla casa madre e fondato il Pdl Sicilia. La Sanità. Lo stesso “argomento caldo” che aveva portato alla rottura inizialmente anche col Pdl e i cuffariani.
Un tema sempre rovente. Un conflitto sempre acceso. Che ha trovato la sua “plastica” e teatrale rappresentazione in una mozione di censura “ad personam”. E quella condanna senza appello messa nero su bianco e discussa all’Ars dopo enormi polemiche, fu sottoscritta anche dai deputati di quella che allora era “Forza del Sud”. A dire il vero, un primo tentativo di discutere la mozione (e siamo nel luglio del 2011), fallì di fronte a un problema di carattere “tecnico”. Ma proprio in quei giorni, Micciché commentò in maniera assai dura il rinvio della discussione della mozione: “Massimo Russo l’ha fatta franca ancora una vota. Ancora una volta è riuscito a sfuggire alle proprie responsabilità e a trincerarsi nel silenzio”. Una mozione di sfiducia che, come detto, verrà approvata qualche mese dopo, suscitando la soddisfazione degli esponenti di Grande sud: “Oggi i partiti che sostengono l’esecutivo – commentava in quei giorni il capogruppo Titti Bufardeci – non hanno avuto nemmeno la forza né i numeri per contrastare la nostra mozione”. Ancora più duro, in quella seduta d’Aula, era stato un altro esponente dei miccicheiani, il mazarese (concittadino di Russo, quindi) Toni Scilla: “Lei, assessore – ha attaccato a Sala d’Ercole – non ha cambiato nulla rispetto al passato. Sta usando gli stessi sistemi che di chi l’ha preceduta e che lei critica tanto. Lei non ha fatto nulla di diverso. Anzi, adesso lei è un politico a tutti gli effetti e usa il suo ruolo diassessore per motivi politici. È triste – ha aggiunto – che i vertici dell’Asp trapanese debbano persino organizzare i convegni all’assessore. Nel suo Team Sud ci sono persino esponenti del gruppo che fa capo a Pino Giammarinaro”.
Insomma, clima sempre teso, soprattutto nell’ultimo anno e mezzo. E del resto, anche il 2011 era stato inaugurato da una polemica al vetriolo tra Micciché e Russo. Il casus belli, a febbraio, fu l’epurazione in diretta tv del manager del Civico Dario Allegra, molto vicino al leader di Grande Sud. “Russo – dichiarò Micciché a Sud Press – ha sfrattato Allegra, perché si è rifiutato di nominare una dirigente della Farmacia dell’Ospedale sua amica. Perché – ha aggiunto non è stato mandato a casa anche il direttore sanitario dell’Azienda Ospedaliera? E come mai – ha continuato Micciché – non c’è nessun provvedimento nei riguardi del manager dell’Asp che ha accumulato due milioni e mezzo di debiti?. Dario Allegra l’ho segnalato io, è vero, ma perché era un dirigente onesto e capace. Io – ha precisato- non ho mai fatto clientela nella Sanità”. Infine, l’ultima stoccata: “Un magistrato travestito da assessore è stato il protagonista di una sentenza lampo, in diretta Tv”. Da allora, sono passati venti mesi. E i rapporti, come detto, non si sono mai placati. Fino all’ultimo “botta e risposta”, di circa un mese fa. Quando Russo ha invitato Micciché a rinnegare Dell’Utri. E il leader di Grande Sud ha replicato chiedendo di rinnegare alcuni colleghi-magistrati. Alla fine, si sono rinnegati a vicenda.
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30 Agosto 2012, 11:36