La mafia comanda a Catania: la mappa dei boss NOMI - Live Sicilia

La mafia comanda a Catania: la mappa dei boss NOMI

Le storiche famiglie Santapaola-Ercolano e Mazzei continuano a dettare legge nel capoluogo catanese.

CATANIA – La mafia comanda a Catania, titolo di un vecchio libro di Claudio Fava, è realtà anche oggi. Come un mostro a mille teste, la piovra del territorio catanese sovrasta e comanda nell’intera zona centro-orientale dell’Isola, estendendo il proprio potere anche su vicino territorio ennese e su aree del Messinese e del Ragusano. Se ne parla anche nell’ultima relazione semestrale della Dia al Parlamento, depositata in questi giorni. Le storiche famiglie Santapaola-Ercolano e Mazzei continuano a dettare legge nel capoluogo catanese, la famiglia che porta ancora l’insegna dello scomparso boss Ciccio La Rocca comanda a Caltagirone, Ramacca e nell’area del Calatino. Il rapporto della Dia dà conto di una minore attività, ultimamente, nella zona di Ramacca. 

La città di Catania: “Centro di gravità dei principali interessi criminali”

Le pagine sulla mafia catanese si aprono con una descrizione territoriale: “La città di Catania, epicentro dell’area metropolitana più densamente popolata della Sicilia rappresenta il fulcro economico e infrastrutturale del distretto del sud-est della Sicilia oltre che il principale polo industriale, logistico e commerciale dell’isola peraltro sede di un aero­porto internazionale che è il quarto in Italia per traffico passeggeri e di un grande porto com­merciale e turistico che rappresenta uno snodo strategico per il trasporto pesante su gomma da e verso i porti più importanti del centro e nord Italia”. Per queste ragioni, Catania “può essere parimenti considerata il centro di gravità dei principali interessi criminali la cui gestione e controllo è saldamente nelle mani delle più importanti famiglie mafiose ope­ranti nella Sicilia Orientale”. 

Oltre ai clan Santapaola-Ercolano e Mazzei, operano anche altri clan che non appartengono alla galassia di Cosa Nostra ma si muovono con logiche criminali fortemente simili ad essa: sono i Cappello-Bonaccorsi, Laudani, Pillera, Di Mauro, Sciuto, Cursoti, Piacenti e Nicotra: “Seppur fortemente organizzati e per quanto regolati secondo gli schemi tipici delle consorterie mafiose evidenziano maggiore fluidità sul piano strutturale non configurandosi organicamente in cosa nostra”.  I clan mafiosi operanti nel Catanese portano avanti sempre la loro strategia di penetrazione nella cosiddetta economia “legale”, tentando di addentrarsi e confondersi nel tessuto economi­co imprenditoriale e nelle dinamiche della gestione locale della cosa pubblica. 

“Nel tempo – prosegue la Dia – anche le altre organizzazioni di tipo mafioso hanno perseguito la medesima strate­gia rinunciando il più possibile ad affermarsi sul territorio attraverso azioni eclatanti e desta­bilizzanti per la sicurezza pubblica preferendo, quindi, individuare all’interno delle ammini­strazioni pubbliche locali e delle professioni o delle imprese soggetti di riferimento in grado di garantire il perseguimento dei propri interessi illeciti. Le indagini condotte negli ultimi anni dimostrano proprio la capacità delle mafie catanesi di reinvestire importanti profitti derivanti dai traffici criminali, in attività economiche apparentemente lecite ma realizzate o acquisite con metodi mafiosi con il conseguente depotenziamento e inquinamento dell’iniziativa im­prenditoriale sana”.

Gli affari dei clan: dal traffico di droga al pizzo, al gioco d’azzardo

“Droga, usura, estorsioni ma anche edilizia, commercio, gioco d’azzardo, ristorazione, tra­sporto, agroalimentare e rifiuti permangono tutt’oggi i settori di maggior interesse criminale”. Secondo la Direzione investigativa antimafia, negli ultimi trent’anni la famiglia Santapaola-Ercolano ha manifestato un’im­portante capacità di espansione, riuscendo ad ampliare i propri interessi in settori criminali sem­pre più variegati e operando in territori limitrofi grazie alla collaborazione con i sodalizi locali. “Nel centro città la consorteria è organizzata in gruppi denominati in base al quartiere di rife­rimento ai quali viene riconosciuta una certa autonomia organizzativa e decisionale. Nel resto della provincia l’organizzazione è rappresentata da sodalizi stanziali – prosegue la relazione – i quali, sebbene privi di competenze strategiche, garantiscono maggiori opportunità criminali e un controllo del territorio sempre più vasto. La consorteria esercita in maniera autorevole la propria influenza anche sulle organizzazioni peloritane mantenendo collegamenti con le famiglie di Mistretta e Barcellona Pozzo di Gotto. Le importanti operazioni condotte nel corso degli anni e le numero­se collaborazioni con la giustizia sebbene abbiano indebolito la famiglia, non le hanno tuttavia impedito di continuare a controllare direttamente o indirettamente le più importanti piazze di spaccio e di infiltrarsi nel tessuto economico e sociale della città”. 

Nel secondo semestre dell’anno scorso, l’operatività della famiglia è testimoniata da importanti operazioni che hanno confermato l’interesse per l’usura e le estorsioni. Due differenti attività di polizia condotte dai Carabinieri nel mese di luglio e settembre 2021 hanno evidenziato proprio come una rete di criminali in forza delle condizioni di assoggettamento e omertà derivanti dall’appartenenza all’organizzazione si siano resi responsabili di alcuni episodi di estorsione in danno di privati ed esercenti commerciali. 

“Anche il traffico di stupefacenti continua ad essere considerato uno degli investimenti più vantaggiosi potendo essere gestito sul piano territoriale all’interno di veri e propri fortini di difficile accesso per le forze di polizia – si legge ancora nella relazione -. Il 20 settembre 2021 i Carabinieri nell’ambi­to dell’operazione “Quadrilatero”, hanno tratto in arresto 16 soggetti ritenuti responsabili in particolare di associazione finalizzata al traffico e spaccio droga. Coinvolti nelle attività illecite sono emersi anche alcuni minori con il compito di riscuotere i soldi e indicare ai clienti dove ritirare la droga. Le investigazioni hanno altresì consentito di disarticolare 3 gruppi crimi­nali che gestivano alcune piazze di spaccio nello storico rione San Cristoforo e segnatamente nella zona di San Cocimo roccaforte degli affiliati all’omonimo gruppo capeggiato da uno dei vertici della famiglia. Nel medesimo contesto criminale sono state disvelate anche estorsioni tentate e consumate nei confronti di alcuni esercizi commerciali”. Un’attività investigativa che ha permesso di monitorare le dinamiche associative dei gruppi vi­cini alla famiglia Santapaoa-Ercolano, in particolare quello di Picanello: è l’operazione “Picaneddu”, conclusa il 15 ottobre 2021 dai Carabinieri nelle province di Catania e Vicenza”. 

Dagli atti emergerebbe che il gruppo sarebbe “una articolazione riconducibile alla famiglia Santapaola-Er­colano, con solide basi territoriali, compenetrata nel tessuto sociale, con una proiezione organizzativa di tipo familistico e fiduciario che viene tramandata, connotata da una fortissima aggressività e con vincoli di fedeltà reciproci”. Si evidenzia infatti “…la devozione viscerale degli affiliati … tanto che il gruppo viene definito roccaforte dei Santapaola e zona impenetrabile agli altri clan”. Le indagini innestate sugli esiti dell’operazione “Orfeo” che aveva condotto all’arresto e alla condanna di esponen­ti di vertice del sodalizio hanno avuto lo scopo di accertare la capacità di rigenerazione del gruppo e in particolare “chi avesse preso il posto di …omissis… alla guida del gruppo di Picanello e quali altri affiliati avessero sostenuto gli altri soggetti arrestati”. Il sodalizio “è ed è sempre stato attivo; continua e ha continuato ad operare nel quartiere di Picanello senza soluzione di continuità, nonostante i numerosi arresti susseguitisi nel corso degli anni”. Il protrarsi dell’attività del gruppo criminale sembrerebbe dunque comprovato dagli esiti del procedimento nel quale sono emerse “alcune caratteristiche che connotano il fenomeno mafioso quali il “rapporto di subordinazione”, la forza dell’in­timidazione, il legame tra gli associati, gli stipendi, l’assistenza ai familiari detenuti, la cassa comune che dimostrano la sua continua operatività nell’ambito dell’associazione mafiosa Santapaola – Ercolano”. 

In tale ambito dunque oltre a definire la struttura, le posizioni di vertice e i ruoli degli affiliati a seguito della riorganizzazione del sodalizio mafioso è stato possibile “cogliere aspetti inediti della vita associativa di questo gruppo criminale, come l’esistenza di imprenditori, … interessati a stringere rapporti sempre più intensi con alcuni affiliati e a condividerne i meccanismi criminali al fine di ottenere utilità in cambio della loro disponibilità a custodire il patrimonio accumulato dai mafiosi, nascondendone l’origine illecita negli affari riconducibili alle loro attività economiche per sottrarlo ad eventuali misure di prevenzione”. Le attività di intercettazione hanno infatti acclarato come uno dei due imprendi­tori detenesse oltre 500 mila euro di provenienza illecita ricevuti dal capo del sodalizio. Le in­dagini hanno inoltre accertato la responsabilità di quest’ultimo nel reimpiego di altro denaro “sporco” mediante intestazione fittizia ad una società riconducibile ad un altro imprenditore della proprietà di un immobile successivamente rivenduto a terzi. Le investigazioni hanno fatto altresì emergere come l’organizzazione garantisse gli “stipendi” agli affiliati, il sostegno economico alle famiglie dei sodali detenuti e il pagamento delle spese processuali attraverso la gestione della c.d. “cassa comune”. 

Le operazioni

“In seno all’operazione sono stati inoltre sequestrati beni per oltre 1 milione di euro tra i quali anche una casa discografica intestata ad uno dei figli del boss utilizzata da noti cantanti neo­melodici.

Un’ulteriore indagine ha consentito di minare i ranghi di un altro clan ritenuto essere “roc­caforte” della famiglia Santapaola-Ercolano nel territorio di Adrano cioè quello dei Santangelo-Taccuni. L’operazione “Impero”, conclusa dalla Polizia di Stato il 9 no­vembre 2021, ha infatti disvelato l’esistenza di un sodalizio dedito alla commissione di truffe ai danni dell’Inps, finalizzate all’indebita percezione di erogazioni pubbliche. Nel dettaglio al fine di far conseguire benefici e indennità a numerosissimi soggetti fittiziamente indicati quali braccianti agricoli tramite ditte compiacenti o create ad hoc venivano falsamente fatte risultare un numero di giornate lavorative idonee a far percepire indebitamente le indennità previdenziali. I contributi versati dall’Inps a soggetti che non ne avrebbero avuto comunque diritto andavano poi in parte dirottati agli organizzatori del gruppo criminale che a loro volta ne riversavano parte proprio al clan Santangelo-Taccuni. Il sodalizio in tal modo ac­cresceva il proprio radicamento territoriale e acquisiva potere economico sottraendo rilevanti sovvenzioni pubbliche elargite dallo Stato alla naturale destinazione di sostegno a soggetti indigenti. Il collaudato sistema criminale consentiva negli anni all’organizzazione mafiosa di introitare illecitamente enormi capitali, cagionando un danno allo Stato del valore di centinaia di migliaia di euro”. 

Degna di nota è inoltre un’importante misura patrimoniale che nel semestre ha colpito la famiglia Santapaola-Ercolano. Il provvedimento è s tato e seguito d alla DIA nei con­fronti di 3 soggetti uno dei quali storico appartenente alla consorteria e già attinto nel 2012 da un’importante confisca. Gli altri due noti imprenditori del messinese erano operativi in svaria­ti settori tra cui servizi di pulizia degli ospedali e servizi immobiliari, nonché nella gestione di stabilimenti balneari. Proprio la vicinanza di entrambi alla famiglia così come conclamata negli atti sembrerebbe aver determinato la loro scalata imprenditoriale. Le indagini hanno infatti consentito di individuare la loro ascesa fin dagli anni ‘90 con investimenti caratterizzati da massicce immissioni di capitali non giustificate dalla loro capacità economico – finanziaria. Già nel 2012 l’operazione “Piramidi” aveva dimostrato il ruolo di uno di loro quale braccio eco­nomico del boss. In tale ambito sono stati sottoposti a sequestro 7 immobili, svariati rapporti finanziari e 14 società per un valore complessivo di oltre 100 milioni di euro”. 


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