La mafia e le Onlus, il boss disse: "Ci compriamo due ambulanze" - Live Sicilia

La mafia e le Onlus, il boss disse: “Ci compriamo due ambulanze”

Si indaga sui presunti interessi della famiglia mafiosa di Corso dei Mille dietro l'associazione Avel
IL BLITZ A PALERMO
di
3 min di lettura

PALERMO – C’erano gli interessi della famiglia mafiosa di Corso dei Mille dietro l’associazione Avel che gestiva in convenzione con l’Asp il trasporto in ambulanza dei pazienti dializzati.

I reati di associazione a delinquere finalizzati alla truffa e ai falsi che hanno portato al blitz di oggi, secondo l’accusa, sarebbero stati commessi per agevolare Cosa Nostra, ma l’aggravante al momento non ha retto al vaglio del gip Clelia Maltese.

Nelle indagini della Procura di Palermo e dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria fanno capolino una serie di nomi noti alle forze dell’ordine. Insomma, c’era un gran viavai nella sede della Onlus in via Alagna.

Ad esempio Fabio Scimò, che della famiglia di Corso dei Mille è stato il capo, aveva raccontato a Filippo Bisconti, capo mandamento di Belmonte Mezzagno e oggi collaboratore di giustizia, della sua intenzione di comprare un paio ambulanze.

Si era pure lamentato del fatto che la Onlus “San Giuseppe” di Bagheria gestita dalla famiglia Lo Iacono, trasportasse pazienti anche a Palermo. La considerava un’invasione di territorio e ne aveva parlato con Settimo Mineo, l’anziano capomafia che ha preceduto l’ultima commissione provinciale di Cosa nostra. E così su incarico di Mineo Bisconti andò a discuterne con Francesco Colletti, allora capomafia di Villabate e oggi pure collaboratore di giustizia.

“Gliene sentivo parlare io a Scimò – mette a verbale Bisconti – perché volevano entrare a tutti i costi un po’ in tutti gli ospedali che si occupano del servizio di deambulazione… non mi viene il termine. Si lamentava che questi di Bagheria venivano fino a Palermo. Ricordo che la lamentela di Mineo l’ho girata a Francesco Colletti”.

Secondo l’accusa, queste parole confermerebbero l‘interesse di Scimò nella Avel. La ricostruzione di Bisconti è stata confermata da Colletti il quale racconta che “nel 2018 Bisconti mi chiese una cortesia e mi disse che i figli di questo Lo Iacono si erano aggiudicati alcuni appalti a Palermo in questo settore e avevano ribassato i prezzi per aggiudicarselo. C’erano lamentele delle altre persone. Siccome Bisconti sapeva che il padre dei ragazzi era stato un mafioso mi disse intervenire in qualità di reggente della famiglia per parlare con il Lo Iacono.

Non è tutto, nei locali della Avel si faceva spesso vivo Antonino Spadaro, mafioso di lungo corso, condannato a 20 anni per avere fatto parte della famiglia di Corso dei Mille. Si tratta del figlio di Francesco, condannato a 30 anni per mafia e fratello di Masino Spadaro storico boss della Kalsa, braccio destro di Pippo Calò.

Per Spadaro la richiesta di misura cautelare avanzata dalla Procura è stata respinta, ma restano agli atti e meritano un ulteriore approfondimento conversazioni e passaggi di denaro.

Saverio Marchese, arrestato oggi e già condannato per traffico di droga con l’aggravante mafiosa, considerato insieme a Pietro Corrao il vero dominus della Avel, con Spadaro parlava di “entrata nel mese di gennaio 69.000 uscita 64…”. Ci sono una serie di operazioni bancarie con passaggi di denaro dalla Avel alla moglie, imparentata con uno degli arrestati – Salvatore Scavone – e ai figli di Spadaro.

Gli inquirenti scrivono che nella sede della Avel “è stata registrata la presenza di numerosi soggetti tutti orbitanti nella galassia malavitosa e perlopiù dediti al traffico di sostanze stupefacenti”. Una ventina di nomi in tutto che farebbero pensare ai locali di via Alagna come crocevia di altri interessi illeciti.




Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI