23 Maggio 2009, 16:56
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“Guarda che lo diceva anche Giovanni Falcone: non l’impegno straordinario di pochi, ma quello ordinario di tutti. La legalità, come la mafia, è nelle piccole cose”. Alessia ha 16 anni, è un’alunna del liceo classico Basile di Monreale e, come molti dei ragazzi che da stamattina riempiono piazza Magione, ha le idee molto chiare: “Sono i nostri gesti quotidiani, il nostro essere qui oggi, tutti insieme, a giocare e parlare, ricordando Falcone, che può sconfiggere la mafia”.
Martina ha soli otto anni, disegna all’ombra di una palma: “Sto facendo l’albero di Falcone”. Spiega con le sue parole semplici che “la mafia uccide chi vuole un mondo bello”, ma anche che “la mafia si può togliere”. Sul come ha un po’ di esitazioni perché “non è mica facile”. E poi si lancia: “Noi per primi non dobbiamo offendere ed uccidere”.
Più in là c’è un gruppo di ragazzi venuti da Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. “Ognuno di noi deve mettersi in prima linea, con coraggio, proprio come Falcone – dice decisa Carmen di 14 anni – bloccando sul nascere ogni forma di prepotenza. Perché questo è la mafia, la prepotenza, l’arroganza, l’imposizione”. Sono venuti in nove, con il treno, ed oltre a Falcone ricordano anche qualcun altro: “Beppe Alfano – spiega Giada – è stato lasciato solo ed è stato ammazzato, per il suo lavoro, perché faceva troppe indagini e ficcava il naso dove non doveva. Se non fosse stato isolato…La legalità è solidarietà”. Sono alunni delle medie e durante l’anno scolastico hanno scritto un articolo dove hanno raccontato “il giorno dopo la sconfitta delle mafia”.
“Un giorno in cui si ricorda quello che è stato e si pensa a costruire qualcosa di migliore e diverso – racconta Elena di 13 anni – un po’ come stiamo facendo oggi. Ma non è facile e sappiamo che crescendo sarà sempre più difficile. C’è un commerciante che da noi ha denunciato i suoi estorsori e ora vive con la scorta. Lo vedo spesso e penso che non sia facile vivere come fa lui”. Interviene di nuovo Carmen: “Non è facile per niente, anche perché la mafia è forte, arrestano un boss, ma ce n’è subito un altro…però dobbiamo provarci”.
C’è anche un gruppo di ragazzi venuti da Roma, non con la Nave della Legalità, ma con l’aereo. Hanno tra i 13 ed i 15 anni e si apre una bella discussione tra loro. Chiariscono subito che “la mafia c’è anche a Roma, mica solo in Sicilia. La mafia c’è ovunque, ma mostra facce diverse”. Sono felici di essere qui con altri giovani, di ricordare la Strage di Capaci, di fare qualcosa anche loro perché le cose cambino. “La mafia va di pari passo con la povertà, perché chi è povero può scendere più facilmente a compromessi”, dice Federica. Subito la interrompe Filippo: “Non dire boiate, è una questione di dignità, non di povertà. Di sapere cosa si vuole e come. Perciò sono importanti la scuola e la famiglia”. “E la politica – interviene Piergiacomo – dove la metti? Se i politici sono corrotti, come vuoi che cambino le cose?”. Ma Filippo non molla: “Ce l’ha detto pure Napolitano: noi siamo il futuro. Tocca a noi sapere cosa vogliamo. E’ come se ottieni un posto di lavoro perché ti raccomandano: va bene, lavori. Ma il lavoro mica è questo, che senso avrebbe? Il lavoro è una cosa che si conquista con i propri meriti, studiando”. Conclude Federica, dicendo che “comunque l’importante è crederci, credere che è possibile un mondo senza violenza” e che “ognuno nel suo piccolo deve impegnarsi”.
Quante belle parole, pensi, e a tutti, da qualunque posto siano venuti, indipendentemente dalla loro età, chiedi se sanno che poi, nei fatti, quando saranno più grandi, non sarà così facile. Se sanno che questi valori in cui dicono di credere potrebbero costringerli a vivere sotto scorta, oppure emarginati o anche a finire come Giovanni Falcone (e tanti altri). Chiedi se secondo loro ne vale la pena. E quando ti rispondono “sì, anche se è difficile” il sole di piazza Magione ti sembra più caldo, ti dici che allora, veramente, come ti ha ricordato anche Carmen “le sue idee camminano sulle nostre gambe”.
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23 Maggio 2009, 16:56