La manutenzione del potere | All’Ars la sanno fare?

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29 Maggio 2012, 10:59

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Una volta, al cospetto del cronista, Leoluca Orlando proferì un motto destinato a entrare nei manuali. Pressapoco suonava così: se tieni a qualcosa, fingi che non te ne importi nulla. Se vuoi, per esempio, diventare sindaco, fai capire che ti interessa tutto, tranne che essere eletto sindaco. La sua acclamazione, a mesi di distanza dalla parabola, quando sembrava che il Professore fosse lontano anni luce dalla poltrona di Palazzo delle Aquile, fu davvero il frutto di una semina recente, o piuttosto un progetto covato nel silenzio? Questione per gli storici e per i politologi. Del resto, la vecchia scuola Dc – di cui Orlando era un brillante allievo – insegnava proprio l’arte perfetta della manutenzione del potere: la dissimulazione. Se vuoi, se davvero vuoi, se fortemente vuoi, rimani a distanza dall’oggetto delle tue voglie. Adocchialo. Cammina in un perimetro di sicurezza. Ma non avvicinarti con l’aria famelica di chi è pronto a mordere, stuzzicheresti l’appetito dei concorrenti. In ogni foresta, per quanto tu sia dotato di dentatura robusta, c’è sempre qualcuno diversamente attrezzato, con zanne più acuminate e un sistema più ingegnoso di caccia.

In altre epoche, i siciliani erano maestri nell’arte della manutenzione del potere, che è la politica declinata alle nostre latitudini: quasi mai servizio, sempre accorta conservazione di consenso e privilegi, con un cauto dosaggio di stratagemmi. C’era una segnaletica collaudata verso una strada infallibile. La stretta sulle briglie economiche e sociali della signoria. La condiscendenza nell’attribuzione dei posti di lavoro, la capacità di non scontentare nessuno, la benigna protervia nell’offrire rifugio e consolazione ai propri, senza scordare gli altri. Un tessuto amministrativo in apparenza rilucente di regole, attraversato da una ragnatela di rapporti che lo innervavano, piegando le leggi alla convenienza.

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E poi la scena per gli attori consumati. La bonomia del politico. Il sorriso del politico. Le carezze del politico, prontissime a tramutarsi in schiaffi. E la dissimulazione. La sfumatura noncurante di chi è di passaggio, di chi occupa un luogo che offre più oneri che onori. Il cadere dalle nuvole e la soave assenza che si trasformava in presenza militare, nell’occasione propizia.

A prescindere dalle intenzioni oneste e concesse, i novanta dell’Ars sono in grado di perpetuare l’arte antica dei loro padri? Hanno capito – e qui c’entra la campagna di Livesicilia – che, nel loro stesso concreto interesse, sarebbe meglio abbandonare oggi il campo, per presentarsi domani con una parvenza di dignità agli elettori? Qui non è chiamata in causa la nobiltà d’animo. Parliamo di sale in zucca. Ai potenti diversamente onesti, cioè meschini siamo purtroppo abituati. Che guaio se mai dovessero pure mostrarsi diversamente intelligenti.

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29 Maggio 2012, 10:59

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