14 Dicembre 2010, 16:22
2 min di lettura
Alcuni studenti hanno assalito la libreria “Mondadori” (nella foto) in via Ruggero Settimo. Ragazzi contro le parole, non è una buona notizia. Non si crea nulla da qui.
Hanno sporcato le vetrine con scritte rosse e ingiuriose. Hanno costretto il personale a una faticaccia supplementare per ripulire tutto. Altri hanno occupato la pista dell’aeroporto di Palermo. Altri ancora hanno bloccato il porto e la stazione. La manifestazione è in corso. Questa protesta si è già trasformata in violenza. E’ violenza occupare gli spazi pubblici, i luoghi in cui la gente cammina, vive e respira. E’ violenza limitare i movimenti delle persone, anche in nome di un diritto che si esige per democrazia. E’ violenza mettere a ferro e fuoco, metaforicamente ma non troppo, una città, saccheggiandola e cingendola d’assedio, con una tenaglia rabbiosa. La violenza senza barlume di riflessione – o peggio, che dalla riflessione si vorrebbe legittimata – annacqua sempre le ragioni di una rivendicazione, ammesso che siano giuste: dovrebbe essere la lezione regina della scuola. I banchi sono fatti e costruiti per imparare la complessa, amorevole e delicata mediazione tra punti di vista, che è la chiave buona e corretta di una esistenza civile, del dialogo.
La scuola è, in teoria, la casa in cui una coscienza libera e tollerante apre le ali e si prepara a spaziare in un universo più vasto. La storia è l’arte dell’esperienza, la letteratura è la pagina della poesia, la geografia segna confini e insegna il sentimento del limite. Le nozioni sono un pretesto utile, legna che arde. Al fondo della scuola, come dovrebbe essere, riposano etica, saggezza e bellezza che una protesta nelle forme subite oggi non difende, perché è estranea a quel patrimonio prezioso.
Se gli studenti fanno quello che hanno fatto stamattina, se assaltano una libreria, piena di libri – piena delle parole dei poeti – per cui sarebbe giusto nutrire rispetto e amore, testimoniano fino al paradosso l’assurdità della loro condizione. Non vale la pena di combattere per la scuola. La scuola è già morta.
Pubblicato il
14 Dicembre 2010, 16:22