18 Settembre 2020, 06:07
4 min di lettura
RIPOSTO. Benito La Motta era riuscito, nel 2018, a vincere una piccola battaglia legale. La Pg aveva chiesto la revoca dell’indulto, ma la Corte d’Appello accogliendo la tesi difensiva aveva respinto l’istanza e disposto la scarcerazione del boss di Riposto.
Una libertà durata meno di due anni, perché l’esponente del clan Brunetto qualche mese fa è finito in manette con la pesante accusa di omicidio. Sono anche le indagini culminate nel blitz di ieri mattina dei carabinieri, coordinate dal sostituto procuratore della Dda Marco Bisogni, che hanno permesso di chiudere il cerchio sul suo nome e su quello di Antonino Marano, vecchio killer e fidato uomo dell’articolazione di Cosa nostra della cittadina jonica.
La Motta, nome in codice Iddu, avrebbe avuto la capacità di avere il controllo non solo delle piazze di spaccio di Riposto, di una grossa fetta di estorsioni ma anche delle postazioni delle barche al porto. Su questo aspetto, però, emergono solo le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che avrebbe ricevuto ‘confidenze’ proprio dal boss dei Brunetto.
Ma andiamo per ordine. Benedetto La Motta finisce nel mirino dei carabinieri quando Gaetano Mario Vinciguerra, arrestato nel maxi blitz Fiori Bianchi, decide di entrare nel programma di collaborazione. E tra i tanti nomi che l’ex responsabile dei Santapaola di Aci Catena fornisce agli investigatori ci sono anche gli affiliati di Riposto e Giarre.
Il primo ad essere citato è “Agatino (forse Totuccio). Fa parte del nostro gruppo zona di Giarre e Riposto. È uomo di fiducia di Benedetto La Motta che dal carcere continua a dare indicazioni ad Agatino. Non sono in grado di dire come faccia però – aggiunge Vinciguerra – a far transitate all’ esterno le sue determinazioni. Posso, però, dire che, comunque, dal carcere è possibile far uscire ordini e richieste in molti modi”.
Anche il soldato del clan Nicotra di Misterbianco Luciano Cavallaro conferma il fatto che La Motta avrebbe avuto la capacità di dirigere il clan anche durante i periodi di detenuto. Dalle carte del blitz e dalle intercettazioni dei carabinieri, pare che ‘il ponte’ sarebbe stata la moglie Grazia Messina, da ieri dietro le sbarre.
Anche lo spazzino del malpassotu, lo spietato killer Aldo Carmelo Navarria di Belpasso, indica La Motta come “il reggente attuale del gruppo Santapaola per la zona di Giarre”. Il pentito e il boss si sarebbero visti in carcere nel 2016: “Mi disse – racconta Navarria – che era ansioso di tornare a dirigere il gruppo di Giarre, poiché le persone che in quel momento si trovavano in libertà non erano all’altezza di gestire gli interessi dell’organizzazione”.
Non solo ex santapaoliani, anche soldati dei Laudani hanno tanto da dire sul conto di La Motta e dei suoi ‘picciotti’. “Liborio (Previti, ndr) – racconta Sebastiano Alberto Spampinato ai pm – è il figlioccio di Benito La Motta”. Sono sempre le patrie galere la grande fonte di conoscenza dei collaoratori.
“Alessandro Falzone (detto Ballane) anche lui organico del gruppo di Riposto – rivela ai magistrati – mi ha raccontato durante la nostra detenzione tra il 2016 ed il 2017 a Trapani (quando eravamo in cella insieme) che Benito era appena uscito ed era l’attuale reggente di Riposto per il gruppo Santapaola. Mi disse anche che Liborio vendeva droga proprio per conto di Benito La Motta”.
Ed è in questo lunghissimo verbale che viene fuori l’ombra del clan nella gestione del porto di Riposto. “Alessandro mi disse inoltre che Benito ed il suo gruppo si occupavano anche di estorsioni e gestivano il porto di Riposto. Il porto è controllato da Benito – spiega ancora Spampinato nel senso che i gestori dei ricoveri delle barche pagano il pizzo al suo gruppo”.
Il pentito e il colonnello dei Brunetto si sarebbero incontrati. E La Motta avrebbe ammesso di avere le mani sullo scalo portuale. “Anche Benito La Motta mi disse che gestiva direttamente il porto in occasione di un incontro nel 2013”, aggiunge Spampinato agli investigatori.
Scatta una fotografia molto recente sugli affari illeciti del gruppo di La Motta, Carmelo Porto, ex esponente dei Cintorino (articolazione dei Cappello nella zona ionico-etnea) e da pochissimo nelle file dei collaboratori di giustizia. “Ho avuto” con La Motta “molti incontri, l’ultimo dei quali – racconta – nel 2019. E’ il responsabile del gruppo di Riposto per la famiglia Santapaola e risponde direttamente a Omissis l’attuale reggente del gruppo Santapaola di Acireale e Aci Catena”.
Nel verbale c’è un omissis sul nome di chi sarebbe il nuovo capo della cellula dei Santapaola di Acireale, fortemente colpita dalla maxi inchiesta Aquilia di qualche anno fa.
Queste rivelazioni in qualche modo però riportano indietro le lancette dell’orologio agli 80 e 90, quando ad Acireale il capo indiscusso dei Santapaola era Sebastiano Sciuto, ovvero Nuccio Coscia (scomparso da qualche anno) che aveva il potere di vertice dalle Aci ai confini di Taormina. Poi con il suo arresto molte cose cambiarono anche perché in quel di Giarre c’era il carismatico Paolo Brunettto. Ma con la sua morte e l’arresto dei suoi ‘eredi’ criminali il baricentro del potere mafioso pare sia tornato ad Acireale.
Pubblicato il
18 Settembre 2020, 06:07