25 Luglio 2024, 06:35
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PALERMO- Ci sono dolori familiari che appartengono alla storia, non soltanto al lutto privato. Beppe Alfano, coraggioso cronista messinese, ‘cane sciolto’, iscritto all’albo professionale solo da morto, fu ucciso l’otto gennaio del 1993 da chi non tollerava le sue puntuali ricostruzioni, la sua necessaria tensione verso la verità.
Sul sito del Ministero dell’Interno il profilo di un ‘eroe del quotidiano’ viene ricordato così: “La sua attività giornalistica era rivolta soprattutto verso uomini d’affari, mafiosi latitanti, politici e amministratori locali e massoneria”. Una storia densa di interrogativi che si può mettere insieme con i dispacci di cronaca che l’hanno punteggiata.
“La Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria – ha raccontato l’agenzia Agi, nel marzo del 2022, riassumendo il percorso processuale – ha rigettato la richiesta di revisione del processo a carico di Giuseppe Gullotti”.
“L’inchiesta giudiziaria – completa il quadro quell’agenzia – portò all’individuazione del mandante del grave fatto di sangue, il rappresentante di Cosa nostra a Barcellona Pozzo di Gotto, Giuseppe Gullotti – condannato a 30 anni di carcere nel 1999 – riferimento su quel territorio delle grandi ‘famiglie’ mafiose di Palermo e di Catania”. Dentro c’è la filigrana sintetica di tutto.
Sono pezzi di una vicenda che non tutti hanno la tenacia di ricostruire e ricordare. Beppe Alfano è un nome confuso nella memoria di troppi, per uno strano meccanismo che porta a chiudere in un cono d’ombra certe vittime.
Oggi quelle ombre saranno spazzate via da un evento finalmente felice. Giusy Benigno, nipote di Beppe, figlia di Sonia Alfano (nella foto, insieme) che lotta da sempre affinché il padre non sia dimenticato, si laurea in Giurisprudenza, a Palermo, all’Università Lumsa, con una tesi sul nonno. Che non ha mai conosciuto. A cui ha imparato a volere bene, nella dimensione di una distanza via via più affettuosa.
“Mi sono concentrata su una circostanza – spiega la neo-dottoressa -: il mandante dell’omicidio Giuseppe Gullotti ha chiesto la revisione del caso senza utilizzare una delle ipotesi previste dalla legge. Un elemento tecnico che allarga la sua visuale al processo e sul significato storico di una tragedia”.
“Solo a sei anni – spiega Giusy – ho scoperto che nonno Beppe era stato ucciso, sentendo due persone che ne parlavano, prima della Messa. Mamma, per proteggerci, aveva sempre detto, a me e a mia sorella, che la colpa era stata di una malattia”. Ci sono dolori familiari che appartengono al silenzio imposto dall’amore, prima di essere svelati.
“Nonno – racconta la nipote che non lo guardò mai negli occhi da vivo – ci ha lasciato il rimpianto di non averlo mai abbracciato. L’ho visto nei video, lì ho sentito la sua voce, così mi è sembrato di averlo più vicino. Vorrei diventare magistrato e farò il primo concorso utile”. Ci sono dolori che si trasformano in speranza, anche se non smettono di ferire chi li prova. Perché non smettono mai.
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25 Luglio 2024, 06:35