Processo alla "nuova mafia" di Brancaccio: condananti e assolti

“La nuova mafia di Brancaccio”| Testa, Scimò e gli altri condannati

L'elenco degli imputati si apre con Fabio Scimò e Salvatore Testa. Tutti i nomi. Ci sono degli assolti

Pietro Tagliavia, arrestato nel 2017, avrebbe passato il bastone del comando a Luigi Scimò, che a Brancaccio tutti chiamano Fabio, e a Salvatore Testa. Sarebbero stati loro due a riorganizzare la famiglia mafiosa di Corso dei Mille e l’interno mandamento.

I nomi di Testa e Scimò aprono l’elenco degli imputati condannati in abbreviato dal giudice per l’udienza preliminare Michele Guarnotta. Hanno avuto rispettivamente 16 ani e 8 mesi e 14 anni e 4 mesi di carcere. L’accusa era rappresentata dal pubblico ministero Francesca Mazzocco.

Alleanze fra boss

Si sarebbero sono mossi cercando appoggio e alleanza con altri boss. Come Pietro Salsiera e Sergio Napolitano di Resuttana, Giovanni Sirchia di Passo di Rigano, Filippo Bisconti di Belmonte Mezzagno (oggi collaboratore di giustizia) e Leo Sutera, rappresentante della provincia di Agrigento. Oggi sono tutti detenuti.

Passaggio di testimone

Quando Scimò fu scarcerato nel 2014 Tagliavia diede subito incarico a un suo uomo di mettersi a sua disposizione, di fargli sentire la vicinanza della famiglia. E c’era sempre Scimò, così ha raccontato il pentito Salvatore Sollima, fra i presenti ad una riunione convocata nel 2015, fra i boss di Bagheria e quelli di Brancaccio per mettere a posto delicate questioni di confine. I bagheresi si presentarono armati fino ai denti, ma non fu necessario usare le pistole calibro 38 e 7.65 che si erano portati dietro.

Il 3 luglio 2018 dell’anno scorso Scimò e Settimo Mineo, l’anziano boss che presiedeva la nuova commissione provinciale di Cosa nostra, si sono dati appuntamento in un’agenzia di pompe funebri in corso Calatafimi. C’era pure Salvatore Sorrentino, detto lo studentino, braccio destro di Mineo, anche lui arrestato.

“La squadra di Testa e Scimò”

Scimò e Testa hanno messo in piedi una squadra. Salvatore Giordano e Giuseppe Di Fatta si sarebbero occupati del pizzo da imporre ai commercianti. Si faceva cassa con il contrabbando di sigarette (secondo l’accusa il coordinamento era stato affidato a Girolamo Castiglione, difeso dall’avvocato Tommaso De Lisi, che è stato però assolto), e con le macchinette videopoker, gestite da Giovanni De Simone e Aldo Militello.

Scimò si era anche lanciato nel business delle case di riposo, la cui gestione era affidata ad Anna Gumina e Pietro Di Marzo. Quest’ultimo, genero di Scimò, si sarebbe anche occupato dell’acquisto di una partita di cocaina, attivando un canale con i Barbaro di Platì, da spacciare nelle piazze palermitane.

Scimò e Testa avevano il pieno controllo del territorio. E così quando alcuni rapinatori misero a segno un colpo senza autorizzazione ad una sala bingo furono convocati, “processati” e obbligati a consegnare il bottino. Significato è l’episodio del furto dello scooter subito da Di Marzo che, una volta rintracciato il ladro, costrinse i genitori a comprargli uno scooter nuovo.

Nel corso delle indagini sarebbe emerso un giro di usura gestito da Caterina Feliciotti, moglie di Enrico Urso, l’uomo che si occupava di organizzare i summit fra i mafiosi.

Mentre i poliziotti della squadra mobile indagavano sulle dinamiche mafiose hanno ricostruito una serie di furti, contestati a Paolo e Pietro Rovetto.

I condannati e le pene

Ecco le altre condanne: Pietro Di marzo (12 anni), Aldo Miltello (12 anni e 4 mesi), Giovanni De Simone (13 ani e 4 mesi), Lorenzo Mineo (10 anni e 8 mesi), Enrico Urso (3 anni), Carlo Testa (4 anni e sei mesi), Pietro Luisi (4 anni e 4 mesi), Pietro Mendola (3 anni), Salvatore Li Muli (2 anni), Rosalia Quartararo (1 anno e 4 mesi), Caterina Feliciotti (2 anni), Vincenzo Machì (2 anni, due mesi e 20 giorni), Paolo Rovetto (3 anni e 4 mesi).

Il giudice ha disposto che gli imputati risarciscano i danni alle parti civili: Federazioni delle associazioni antiracket e antiusura, Confesercenti Palermo, Sicindustria, Centro Pio La Torre, Sos Impresa, Solidaria Onlus, Associazione Antonino Caponnetto.

Gli assolti

Oltre a Castiglione sono stati assolti Antonino Marino (avvocato Antonio Turrisi), Giuseppe Napoli, Pasquale La Manna, Giovanna D’Angelo, Santo e Gaetano Li Causi, Paolo Leto (difesi da Filippo Gallina erano accusato di associazione a delinquere finalizzata al contrabbando di sigarette) , Adele, Gioacchino e Stefano Micalizzi, Giuseppe Geloso.


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