02 Marzo 2015, 20:06
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PALERMO – Archiviata la Leopolda siciliana coi suoi frizzi, i suoi lazzi e la sua ben esibita folla di potere, un paio di considerazioni restano. La kermesse renziana di Palermo, “affollamento brulicante sul corpo del potere” l’ha definita domenica Roberto Puglisi, si è chiusa con la presa d’atto di un dato di fatto: la rottura è impossibile. E ciò malgrado i buoni propositi annunciati, i coreografici riti dei tavoli di lavoro, l’entusiasmo dei tanti che c’erano perché ancora ci credono mischiati a quanti c’erano perché ci sono sempre stati. La rottura è impossibile perché, ha detto lo stesso Davide Faraone, la giunta regionale non si tocca. E il quadro politico siciliano resta inchiodato a Rosario Crocetta e alla sua esperienza di governo che in più di due anni si è manifestata non adeguata a guidare la Sicilia fuori dalle secche. “Crocetta stai tranquillo – ha sintetizzato Faraone -, qui si costruisce una nuova classe dirigente, non un nuovo presidente
Le questioni di principio ribadite nella due giorni renziana di Palermo possono anche strappare applausi e condivisioni. Ma si scontrano con il deja entendu di tanti ritornelli su sviluppo, autonomia e fine dell’assistenzialismo, che in passato avevano accompagnato le stagioni del cuffarismo, del berlusconismo e poi dell’autonomismo lombardiano, sempre con le stesse facce, gli stessi nomi e cognomi, tanti dei quali ora si accalcano per trovare un posticino sul carro renziano. Che il passato rompa con se stesso è certo un bel sogno. La realtà, invece, alberga a Palazzo d’Orleans. Dove restano aperti come voragini gli interrogativi sul futuro della Sicilia. A partire da quello gigantesco sui conti, proseguendo con il controllo sui fondi europei, conteso tra Bilancio e Presidenza, e via dicendo. Quale ricetta si intende adottare per curare il sistema perverso e antidiluviano dei rifiuti in Sicilia? Quale idea per la gestione
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02 Marzo 2015, 20:06