15 Agosto 2013, 06:00
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La legislatura è iniziata da quattro mesi. Sono bastati per convincermi che il tempo trascorso dai deputati alla Camera è l’esempio più chiaro dello spreco che in questo Paese si consuma ogni giorno, ogni ora. E’ l’emblema della pubblica amministrazione. Tanto ai livelli più alti che a quelli più bassi, tutto è preda della mancanza di razionalità e metodo. Tutto è privo di una visione seria del futuro. Tutto è improvvisato.
Per ogni legge, ogni decreto, ogni articolo, ogni emendamento i partiti politici hanno il diritto di intervenire per un tempo direttamente proporzionale al numero di deputati del partito che interviene. Dopo questa estenuante maratona, nella quale vengono fuori le fantasiose qualità oratorie degli italiani, si passa finalmente al voto. Prima, però, ogni gruppo ha diritto ad altro tempo per effettuare la cosiddetta “dichiarazione di voto”. I deputati fanno a gara per occupare tutto il tempo a loro disposizione, e spesso vengono richiamati dalla presidenza perché sforano i minuti.
Ogni deputato si sforza, mette il massimo impegno, per illustrare e spiegare le proprie posizioni e quelle del partito che rappresenta, ma non lo ascolta nessuno. Gli altri deputati, infatti, sono dediti alle loro faccende, chi legge, chi scrive (io sto scrivendo queste note mentre un deputato della Lega parla da oltre venti minuti). Altri conversano amabilmente. Il discorso del deputato, se si vuole, lo si potrà leggere la mattina dopo sul resoconto stenografico, o pochi minuti dopo in video.
Comunque, è tutta fatica sprecata, centinaia di gole che si seccano inutilmente, quantità straordinarie di fiato sprecato. Perché alla fine si vota secondo le indicazioni fornite dal segretario d’aula di ogni gruppo, in seguito agli accordi raggiunti tra i partiti. La discussione dovrebbe servire per spiegare le norme da adottare, ma questi riti sono del tutto inutili, servono per dare all’opposizione una parvenza di democrazia. E ai cittadini l’idea che il Parlamento abbia davvero dei poteri.
Mi spiace doverlo dire da deputato, ma ho l’impressione che l’Italia sia un’oligarchia, in cui tuttavia, gli oligarchi, a differenza che nel resto del mondo occidentale (è proprio questa la brutta sensazione), non hanno idee ma solo interessi corporativi da difendere. A detrimento di quello spirito di nazione la cui storica mancanza non permette di parlare dell’Italia come di una nazione, appunto. Un insieme di città, di paesi, qualche provincia, delle regioni. Nord, Sud, Centro, cos’è l’Italia? Dove sta l’interesse di tutto il Paese per il proprio benessere?
Rispetto all’assemblea della Camera, diverso è il discorso delle commissioni parlamentari. Lì un numero ristretto di parlamentari svolge un dibattito serio, a volte serrato, a volte distratto, ma che arriva talvolta a esprimere con chiarezza la risoluzione che meglio rappresenta la volontà della maggioranza. Ciò prova che una forte riduzione del numero dei parlamentari farebbe certamente risparmiare lo Stato, ma porterebbe soprattutto a un concetto inedito, se non proprio misterioso, per la politica italiana: la responsabilità delle decisioni.
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15 Agosto 2013, 06:00