07 Luglio 2018, 05:02
6 min di lettura
CATANIA – I capelli sono unti e tenuti insieme da un fermaglio. Intorno al volto c’è un foulard scolorito che le copre parte degli occhi. Le scarpe consumate, senza tacchi, in mano ha una grande borsa. Sul volto resta un accenno di sorriso, amaro. Il capo è chino, la schiena curva. Il suo passo è veloce, si materializza quasi ogni sera, intorno alle 20.30, nel cuore del Corso Sicilia, l’ammasso di palazzoni, orrendi, di banche e finanziarie, sorto radendo al suolo un intero quartiere. Lì, a piazza della Repubblica, ci sono i volontari che durante l’inverno e in estate portano pasti caldi, coperte e vestiti. In pochi minuti si raduna una folla silenziosa. La signora, che non ha ancora 50 anni, è circondata da tanti, tantissimi catanesi che hanno perso tutto. Tra loro ci sono padri di famiglia divorziati, ex operai licenziati, molti liberi professionisti.
PERSONE NORMALI – Mai ho riconosciuto, in 15 anni di cronaca giudiziaria, tra questi volti consumati dal pianto, truffatori, mafiosi, colletti bianchi accusati di corruzione, esponenti della borghesia clientelare che comanda a Catania. Loro non finiscono mai sul lastrico, neanche dopo le confische milionarie. La gente normale, invece, è lì, in fila per mangiare. In fila non ci sono spesso i loro figli, i giovani anche con due lauree, che hanno avuto la forza di scappare da Catania e hanno ritrovato la dignità lavando i piatti a Londra, perché a Catania, anche per lavare i piatti, ci vuole la raccomandazione. E sulle raccomandazioni gli apparati che governano la città, da almeno 30 anni, hanno costruito immense fortune politiche. I disoccupati, gli ex operai che sono in fila al Corso Sicilia, se solo avessero avuto “l’amico” giusto, sarebbero a fare un aperitivo dopo una settimana di “duro” lavoro in una delle partecipate del Comune o all’aeroporto, dove, fino a qualche anno fa, i tornelli di ingresso erano ben oleati.
SISTEMA CATANIA – C’è una parte di Catania che ha perso la dignità a causa del sistema clientelare che da sempre ha gestito la cosa pubblica prevalentemente per alimentare il proprio apparato elettorale. Ci sono anche molti sfortunati, forse anche degli incapaci, ma una cosa è certa, in questa città non è stato garantito il merito, né sono stati tutelati i diritti, al contrario, sono stati concessi privilegi. Come l’iscrizione in una scuola, un trapianto di reni e fegato, la concessione edilizia. C’è ampia letteratura sepolta nel palazzo di giustizia su come funziona il sistema Catania.
I MIGRANTI – Ai problemi strutturali di Catania si è aggiunto, negli ultimi anni, un altro elemento rilevante: la città è terra d’approdo di migliaia di migranti. Molti di loro transitano nel Corso Sicilia, dove dormono la sera, spesso per un paio di giorni, nell’attesa di raccogliere i soldi necessari ad acquistare il biglietto del bus per Roma o Milano. Oltre ai catanesi finiti sul lastrico, quindi, ci sono anche i migranti di passaggio, ma anche quelli rimasti intrappolati nella burocrazia, folle, della cosiddetta “accoglienza”. Servono 5 anni, a un richiedente asilo, per capire se è un richiedente asilo o un migrante economico che vuole godersi la “pacchia” di essere arrivato, vivo, in Italia. In questi 5 anni, nell’attesa che il Tribunale si pronunci avverso il diniego dell’asilo politico, il migrante ha in mano un foglio di carta straccia: nessuno lo farà lavorare, nessuno gli affitterà una casa. E sono centinaia a Catania, forse migliaia. Dopo aver alimentato l’ospitalità a pagamento nei centri di accoglienza sono diventati dei fantasmi. Quando non finiscono a spacciare vagano per la città. Anche a loro, Catania come l’Italia, ha tolto la dignità.
IL PROBLEMA – C’è quindi un problema reale, al Corso Sicilia, un problema che ha ripercussioni anche sulla sicurezza degli abitanti, un problema che ha messo in ginocchio il salotto buono della città: l’incapacità di amministrare della politica locale e dell’infinita lista di deputati nazionali, regionali ed europei catanesi. L’incapacità di amministrare il Comune di Catania.
IL PROVVEDIMENTO – Dopo una riunione del comitato per l’ordine e sicurezza, dopo un’apertura de La Sicilia che ha dato voce al noto imprenditore di Raz Mataz stanco per la presenza dei punkabbestia che puzzano, proprio mentre i suoi clienti sorseggiano il buon nerello mascalese dell’Etna, il sindaco Salvo Pogliese ha partorito il tanto promesso e atteso primo provvedimento sul Corso Sicilia: multe a chi beve fuori dai locali, multe ai bivacchi, multe a chi dorme per strada, multe a chi imbratta e deturpa, comportamenti, questi ultimi, già puniti da leggi vigenti.
In pratica i vigili sessantenni e panciuti, con qualche straordinario, dovrebbero fermare il migrante o l’italiano che dorme sulla panchina, gente che non ha alcunché, e multarli. Identificare il migrante non identificato e multarlo perché ha piazzato la tenda sotto la casa dell’avvocato Maravigna, saggio sostenitore di Pogliese, anche lui, giustamente, che non ne può più di dover fotografare urinatoi e risse. Ma che effetto possono avere le multe rispetto a un fenomeno che è espressione di una crisi strutturale della città? Un provvedimento, quello di Pogliese, che rischia di apparire inutile. Anche perché, le leggi per punire chi imbratta e deturpa esistono già.
LE ALTERNATIVE – A Messina ho visitato, tempo fa, un antico capannone comunale, che un sindaco con le ciabatte, non rieletto, aveva ristrutturato alla meno peggio, riempito di letti e armadietti. Un capannone aperto ai senza casa, ai migranti, a tutti coloro che avessero bisogno di farsi una doccia, di ritrovare il calore di un letto, di sentirsi accuditi. Di sentirsi trattati come esseri umani. E tra i letti in fila nelle “camerate”, c’erano i pupazzi di tanti bambini. Bambini che vivevano con un padre o una madre. Multando il migrante o il senza tetto, forse sarà possibile svuotare il Corso Sicilia, ma il problema si sposterà nella via accanto. Ancora peggio per i migranti, il Comune può lanciare un progetto straordinario di multe, perché dal Corso Sicilia ne transitano la notte – come detto – a centinaia. È possibile auspicare che queste persone possano trovare un posto, gestito dal Comune, in cui trascorrere qualche ora durante la notte, in una città che governa un bacino di un milione di abitanti? Gli immobili pubblici disseminati per il centro storico e soprattutto per il viale Africa fino ad oggi sono stati abbandonati e in alcuni casi sono stati pignorati dai soliti costruttori catanesi, creditori del Comune, amici degli amici, spesso pezzi grossi di Cosa nostra. Per esempio, potrebbe essere ristrutturato l’edificio che costeggia il palazzo abbandonato delle Poste, ridotto in cenere durante la gestione Bianco, per farlo diventare una casa della solidarietà. Pogliese, su questo, ha preso l’impegno proprio ieri.
I VOLONTARI – A causa della carenza delle risorse comunali, per l’ampiezza della crisi sociale della città, non sarà facile raggiungere alcun risultato senza l’aiuto delle associazioni, della società civile e di quelli che, in silenzio, in questi anni di fallimenti amministrativi, hanno evitato che la città collassasse socialmente.
Il sindaco Salvo Pogliese ha il dovere di tentare di non fare peggio di chi lo ha preceduto. Ha iniziato con l’ordinanza sulle multe. Adesso ha tutto il tempo.
Pubblicato il
07 Luglio 2018, 05:02