28 Marzo 2016, 13:47
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CATANIA – L’inchino al boss non ci sarebbe stato, ma sicuramente la processione ha subito una deviazione per omaggiare un boss della malavita. Il portatori del feretro del Cristo morto di San Michele di Ganzaria, venerdì sera, hanno abbandonato il percorso ufficiale e hanno raggiunto piazza Monte Carmelo, dove si trova la casa del boss Francesco La Rocca. E non stiamo parlando di un capomafia qualsiasi, ma dello “zio Ciccio” che aveva legami direttamente con Bernardo Provenzano e aveva fondato la famiglia di Caltagirone, storica alleata di Nitto Santapaola.
La Procura di Caltagirone ha aperto un’inchiesta per turbativa dell’ordine pubblico, ma il nome di Ciccio La Rocca ha fatto saltare dalla sedia anche diversi procuratori della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania che ben conoscono il peso criminale del boss e dei suoi eredi. Il figlio, Francesco Gioacchino La Rocca, nel 2013 rimase coinvolto nell’operazione Reddita Viae su presunte infiltrazioni della mafia nel mega appalto della Libertinia (la cosiddetta variante di Caltagirone).
Francesco La Rocca finisce in manette nel 2005 nel corso del maxi blitz Dionisio. Il capomafia è intercettato dai Ros in diversi summit all’alba con Alfio Mirabile nei primi anni del secondo millennio. Lo “zio Ciccio” parlava di affari, appalti, estorsioni: era “il regista” di una serie di attività illecite che avevano spostato il baricentro della cupola catanese proprio nelle campagne calatine. Era lì secondo gli inquirenti che per alcuni anni si sono pianificate le strategie criminali di una parte dei vertici dei Santapaola.
Quanto accaduto venerdì sera sotto casa del boss detenuto, con tanto di applausi alla statua dei familiari del capomafia, potrebbe avere un significato investigativo ben più ampio del semplice accertamento “sul fronte dell’ordine pubblico”. Il procuratore di Caltagirone Verzera ha definito “inconcepibile” quanto è successo ma ora è necessario comprendere cosa ha portato i portatori a deviare il percorso. Una decisione che ha creato non poco imbarazzo tra i rappresentanti istituzionali della città, come il sindaco Gianluca Petta che si è tolto la fascia tricolore quando si è reso conto di dove stava andando il fercolo. Non ci sarebbe nessun indagato al momento, ma questo è quanto emerge dalle fonti ufficiali.
Francesco La Rocca non è un mafioso come altri. E’ diventato uomo d’onore a 18 anni. E’ lui stesso a raccontarlo in una storica intercettazione dei Ros. Il suo padrino nel 1956 fu l’ex capo della famiglia di Ramacca Calogero Conti. Soldato della famiglia di Mazzarino del mandamento di Riesi fino al 1981, quando decise di fondare una sua famiglia, quella di Caltagirone, diventando più potente del suo stesso padrino di Ramacca. La Rocca sarebbe stato vicino all’ala dei corleonesi, schierato con il latitante Bernardo Provenzano. Di La Rocca si parla anche in alcuni pizzini trovati nel covo del padrino.
Il capo ergastolano a cui sarebbe stato dedicato l’omaggio religioso sarebbe stato (ufficialmente) per anni un “allevatore” degli agri di San Michele di Ganzeria. Ma molti pentiti parlano di Cicco La Rocca come di “un grande mediatore” con un fiuto per attirare politici e imprenditori e convincerli a sottostare agli ordini della “famiglia”. E’ nel 2000 che tornerebbe operativo: dopo la guerra di mafia del 1998 cerca di rimettere insieme i pezzi della mafia ennese, agrigentina e nissena. Ma con l’arresto nel blitz Dionisio la sua ascesa criminale è bloccata dal carcere. Quanto accaduto nel corso della processione del Venerdì Santo nella sua “roccaforte” potrebbe significare nuovi equilibri che portano a una (ri)conquista del potere dei La Rocca. Ipotesi, forse anche troppo premature in realtà.
Ciccio La Rocca è stato un soldato crudele e spietato. Un killer senza scrupoli. Antonino Calderone, importante pentito catanese che ha raccontato (anche a Giovanni Falcone) i segreti della mafia siciliana raccontò che il capomafia di San Michele di Ganzaria quando ammazzava “si trasformava in una bestia. Le persone preferiva strangolarle per non fare rumore con la vittima che si dibatteva a assumeva un’espressione terribile”. In quelle 800 pagine di verbali è contenuto anche un episodio che forse farebbe rabbrividire anche gli stessi mafiosi. Giuseppe Di Bella (boss agrigentino) avrebbe ordinato a un uomo senza scrupoli come Francesco La Rocca di uccidergli il figlio. Perchè? “Perché – racconta Calderone – era di idee comuniste e forse voleva spifferare agli sbirri qualche segreto sulle cosche”. Sarebbe stato lo stesso Cicco La Rocca a raccontarlo a Calderone. “Venne a trovarmi un giorno alla mia stazione di servizio a Catania e mi raccontò tante cose”. Tra queste anche quella del figlio del boss ammazzato per ordine dello stesso padre. “La Rocca aggiunse che aveva provato gusto ad ammazzare il ragazzo. Sì mi disse proprio così: l’ho ucciso di buon grado”. Atrocità quelle raccontate da Calderone, che però non sarebbero state digerite nemmeno dagli uomini d’onore. Di Bella, il boss che ordinò l’uccisione del figlio, fu assassinato qualche mese dopo.
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28 Marzo 2016, 13:47