Cronaca

La prudenza del boss e le frizioni con il capomafia Turi Pillera

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11 Gennaio 2022, 17:27

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CATANIA – Defilato, riservato, discreto. Avrebbe agito dalle ‘retroguardie’ Nuccio Ieni, uno degli indagati chiave – insieme a Fabrizio Pappalardodel blitz Consolazione scattato questa mattina. Ma le sue mirabolanti attenzioni non sono purtroppo servite a ‘salvarlo’ dalle manette, scattate questa mattina, pochi mesi dopo la sua scarcerazione.

Le telecamere della Squadra Mobile di Catania infatti sono riuscite a immortalare i ‘pochi’ incontri segreti in un bar di via Etnea. Ma anche a registrare sui nastri conversazioni che farebbero chiaro riferimento al suo ‘ruolo’ direttivo all’interno del clan Pillera-Puntina. Video e intercettazioni che riguardano prevalentemente il 2015 ma che diventano ‘attuali’ con le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia che ‘evidenziano’ la sua appartenenza operativa, anche se sono tutti concordi nell’indicare come ‘capo’ del gruppo del Borgo Fabrizio Pappalardo. Che poi sarebbe stato sostituito, ai vertici, da Vittorio Puglisi. Ma questa è un’altra storia giudiziaria, tutta ancora da accertare. I verbali recentissimi – del 2020 – di Silvio Corra sono ancora in fase di riscontro investigativo. 

Torniamo al boss ‘riservato’ Nuccio Ieni, cugino di Corrado Favara (altro personaggio storico del gruppo mafioso e figlio della moglie uccisa del defunto Pippo Puntina Di Mauro). Un legame familiare che ha un peso ‘specifico’ nel ruolo che ‘U Mattuffu’ avrebbe conservato nonostante ‘le frizioni’ con il capomafia Turi Pillera ‘Cachiti’.

È il pentito Salvatore Messina, ‘manicomio’ ed ex signore della droga del clan, a raccontare ai magistrati nel 2018: “Per quanto a mia conoscenza Nuccio Ieni non ha più alcuna considerazione dentro il clan Pillera pur appartenendovi ancora è in una posizione defilata, per volere di Turi Pillera che non lo considera affidabile. Ritengo che se Nuccio è ancora vivo è solo merito di Corrado Favara“. 

Il collaboratore forniva agli inquirenti anche una chiave di lettura del ‘contrasto’: “Già nel 2006 Turi Pillera aveva rotto del tutto con Nuccio Ieni e Corrado Favara per via della loro gestione del clan, che non era gradita al Pillera, il quale era informato da Rosa Pillera, da Maurizio Coco di tutto quello che facevano. Essi si gestivano estorsioni ed altre attività senza pensarlo, quindi senza fargli avere quello che gli spettava”.  

Nonostante questo Nuccio Ieni avrebbe conservato il ‘suo posto’ privilegiato al vertice. Almeno fino al 2015. Messina lo posiziona come protagonista di un summit per definire la spartizione di un’estorsione con il capo – all’epoca – del clan Cappello, il boss Massimiliano Salvo, ‘u carruzzeri. “In quel periodo, nel settembre 2015, ci fu una riunione tra me, Romano, Fabrizio Pappalardo, Vittorio Puglisi, Melo Faro, Nuccio leni, Orazio Di Mauro, Massimo Salvo, i gemelli (Santoro, ndr) Seby, Giovanni Cicitta ed altre persone (eravamo circa 30). Tale riunione, avvenuta a San Giorgio presso un capannone di una fabbrica dismessa di mobili, era finalizzata a definire l’ingresso di Salvo Massimo nella gestione SDA”. Quel giorno non si sarebbe arrivati a una conclusione, ma Fabrizio Pappalardo qualche giorno dopo avrebbe riferito a Messina che i proventi sarebbero stati ‘suddivisi’ con il boss del clan Cappello. 

Ma la ‘presenza’ di Nuccio Ieni sarebbe stata palpabile anche attraverso i suoi emissari, utilizzati per non ‘esporsi in prima persona’. Tra questi Nicola Cristian Sebastiano Bonfiglio (u bassotto), fratello di quel Giacomo morto in un incidente nel 2017 e il cui feretro finì davanti al ‘baretto’ in via Manzoni scatenando una precisa ordinanza di chiusura del Questore di Catania. Due anni prima, Ieni e la vittima erano stati arrestati dopo un rocambolesco inseguimento e poi scarcerati. Quella notizia, finita sui giornali, è stata commentata da Tommaso Russo: “E allora perché è capo? Gli ho detto! Perché è a casa, no? … Minchia chiunque fosse stato un libero cittadino non poteva essere mai e poi mai fuori, c’è un articolo che parla chiaro”. Per Russo, insomma, il ruolo di ‘capo’ avrebbe in qualche modo ‘aiutato’ Ieni nella scarcerazione. Un’idea totalmente errata ma che permette di ‘intercettare’ il commento. 

Nuccio Ieni, come detto, è prudente. Non frequentava piazza Borgo, a differenza di Pappalardo e degli altri affiliati. E non aveva contatti telefonici, tranne che con una ristretta cerchia di ‘fidati’. Che sarebbero stati ‘il tramite’ del boss (defilato) già condannato nel processo Atlantide. Ma il fantasma è entrato nell’inquadratura delle telecamere della Squadra Mobile di Catania il 18 e 19 settembre 2015 al bar ‘Over the rainbow” che avrebbe assicurato “una maggiore privacy”. Così però non è stato.

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11 Gennaio 2022, 17:27

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