14 Dicembre 2010, 15:45
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(pol) Gianfranco Fini, il grande sconfitto, condensa la sua rabbia schiumante in una gelida dichiarazione mediatica. Eccola: “La vittoria numerica di Berlusconi è evidente quanto la nostra sconfitta, resa ancor più dolorosa dalla disinteressata folgorazione sulla Via di Damasco di tre esponenti di Futuro e Libertà. Che Berlusconi non possa dire di aver vinto anche in termini politici sarà chiaro in poche settimane”. Nel frattempo, il Pdl chiede a gran voce la sua testa. Invoca le dimissioni dalla carica di presidente della Camera. E con visibile ragione. Gianfranco Fini ha giocato un gioco estremo e ha perso. E’ stato (è) il capitano della squadra che vorrebbe ancora mandare a casa l’ex amico Berlusconi. E’ una forma attiva di legittima partigianeria politica che però – ci sembra – escluda la coesistenza con un ruolo di garanzia.
Peccato per lui. Fini ha ampiamente dimostrato di non essere un uomo senza qualità. E’ riuscito a uscire indenne dagli schizzi di fango lanciati a tutta birra dall’apposita macchina propagandistica della stampa berlusconiana. Ha saputo soffrire. Ha tenuto botta. Piano piano, è riuscito a risalire lungo la china ripida che l’aveva visto precipitato e soccombente in un primo momento. La mozione di sfiducia alla Camera doveva rappresentare il coronamento, il piatto di una vendetta umana e politica da consumare a freddo, con maggiore gusto. Fini ha sbagliato i conti. Non è stato capace di valutare la forza “persuasiva” del suo grande nemico. Alla sua età, un errore fatale.
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14 Dicembre 2010, 15:45