05 Luglio 2016, 15:47
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PALERMO – Un solo imputato ottiene uno sconto di pena. Per gli altri due pesanti condanne sono state confermate, nonostante prima della sentenza avessero chiesto “perdono alla famiglia Sbacchi”. Sotto processo c’erano i tre rapinatori che presero d’assalto la villa di Gioacchino Sbacchi, uno dei più penalisti più noti di Palermo. Otto anni ciascuno hanno avuto Salvatore Puntaloro e Salvatore Orlando. Quattro anni e mezzo per Benito Biondo (erano stati sei anni e dieci mesi in primo grado).
Il commando fece irruzione nel 2014 nella residenza del penalista, a Mondello. In casa c’erano anche la figlia e la donna di servizio. I banditi erano armati di pistola e con il volto travisato. Legarono le vittime mani e piedi servendosi di alcuni vestiti strappati e misero a soqquadro la casa. Alla fine razziarono gioielli, soldi in contanti e telefonini per un valore complessivo di dieci mila euro.
Il colpo fu messo a segno di notte mentre dormivano tutti. I rapinatori si erano introdotti nella villa forzando il cancello d’ingresso e poi attraverso una finestra. Intorno all’una, Sbacchi si alzò insospettito dai rumori. Una volta giunto in soggiorno fu immobilizzato. Stessa cosa per le due donne in casa.
Le indagini della sezione anti rapina della Squadra mobile e del commissariato San Lorenzo si concentrarono su un giro di professionisti. La svolta arrivò dal telefonino rubato in casa e utilizzato qualche tempo dopo dalla mamma di uno dei rapinatori. Prima finirono in cella Puntaloro e Orlando. Poi, quando arrestarono Biondo arrivò la confessione. Non è un caso che all’imputato, difeso dall’avvocato Giulio Bonanno, era stata inflitta la pena più bassa. Ora il collegio presieduto da Gaetano La Barbera e composto dai giudizi Salvatore Barresi e Filippo Messana gli ha riconosciuto le attenuanti generiche.
Sbacchi si era costituito parte civile con l’assistenza dell’avvocato Fabrizio Lanzarone. Una scelta simbolica per esprimere gratitudine agli investigatori che avevano risolto il caso e ai pubblici ministeri Ennio Petrigni e Sergio Barbiera. In appello l’accusa è stata sostenuta dal sostituto procuratore generale Mirella Agliastro.
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05 Luglio 2016, 15:47