31 Marzo 2024, 04:59
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La dimensione delle feste ed il desiderio della loro celebrazione accompagnano, sin dall’origine, l’esistenza di ogni persona.
Nella loro accezione piú ludica (festa deriva dall’aggettivo latino “festus“, che significa “gioioso“, “felice“) hanno da sempre rappresentato un momento di interruzione del tempo lavorativo: il “tempo della festa” si contrappone alle consuete attività quotidiane, spingendo ad uscire dalla routine per esaltare soprattutto il “senso di appartenenza ad una comunità”, grazie alla partecipazione collettiva a “pratiche rituali” che rappresentano il vero nucleo dei momenti festivi.
I “riti” sono infatti quelle sequenze formalizzate di azioni intensamente partecipate, che acquistano senso ed identità nelle interpretazioni di chi le vive in quanto frutto di un “sentire condiviso”. Si tratta di pratiche comuni messe in opera a livello collettivo, come fatto sociale di un intero gruppo che sperimenta il proprio “senso di appartenenza” e condivide gli stessi valori e gli stessi significati.
Il far festa rappresenta dunque un “atto unificante” capace di coniugare simbolicamente passato, presente e futuro: “festeggiare insieme” aiuta a ritrovare i fondamenti della partecipazione comune alle vicende della storia, e spinge a riscoprire valori che, nella freneticitá del quotidiano, si tende purtroppo a perdere. L’identità di un popolo rimane cosí ben salda, legata alla memoria attraverso un filo che si dipana e si riannoda per dare continuità alle tradizioni.
“La feste hanno una funzione aggregativa in quanto superano le differenze e le distrazioni della ferialità, e creano ponti di comunicazione e di condivisione; uniscono, tengono stretti i legami di una comunità, di un modo di vivere, di un particolare modo di sentire e di partecipare, fatto di elementi genuini di natura e di umanità” (G. De Virgilio).
Al di lá di questa importante “funzione sociale” delle feste, un altro aspetto rilevante che le caratterizza è la dualità tra sacro-profano, che in fondo si manifesta piú con una commistione tra elementi “cultici” e “ludici”, piuttosto che con una loro netta contrapposizione.
I limiti tra le due dimensioni sono infatti sempre meno visibili ed evidenti soprattutto tra le nuove generazioni, molto piú disponibili ad accogliere novità e modernizzazioni, ed ai cui occhi l’insieme del patrimonio tradizionale rischia di diventare, a volte e per certi versi, insignificante e sempre più anacronistico, data la difficoltà di riconoscersi pienamente in ciò che viene loro tramandato.
Così, nella maggior parte dei casi, usanze popolari, riti religiosi, elementi spirituali, ma anche aspetti piú profani, moderni e consumistici si mescolano assieme, senza per questo far venir meno l’importanza delle festività sia a livello sociale che culturale.
La Pasqua è una delle festività principali della religione cristiana, legata alla commemorazione della Resurrezione di Cristo; anche se il termine deriva dalla parola ebraica “pesach” che significa “passaggio”, riferito alla liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù in Egitto, che “passa” allo stato di libertà.
Ma al di lá degli eventi di natura religiosa e biblici che essa rievoca, si vuol fare riferimento al suo significato simbolico per eccellenza, che è quello di “RINASCITA”.
..D’altronde partecipare ad una festa dal punto di vista soprattutto spirituale significa recuperare il suo “messaggio piú profondo” -seppur tra una variabilità di significati possibili- affinché potersi impegnare per comprenderlo fino in fondo ed infine realizzarlo.
Ecco che allora la Pasqua “simboleggia universalmente l’esperienza umana di “rinascita interiore”, che caratterizza il risultato di un sofferto percorso di crisi e di ricerca personale, culminante con il raggiungimento di un nuovo e piú pieno senso di sé”.
Ma questo incontro con la parte più autentica della propria interiorità non potrebbe avvenire senza lo scontro con le prove che la vita chiama ad affrontare. Solo attraversandole si cresce, ci si conosce meglio, emergono forze ed energie che altrimenti rimarrebbero assopite: si rinasce ad una nuova vita, più consapevole, più ricca, più vera.
É risaputo, infatti, che i momenti “più fecondi” per una vita (sebbene accompagnati da una quota di sofferenza non indifferente) sono quelli che implicano crisi, problemi, difficoltà ed il “superamento” degli stessi: sta lí la capacità di saper offrire ad una vita persa, l’opportunità per “ripartire”.
Come scriveva A. Carotenuto “Per nascere veramente occorre, ogni volta, saper Rinascere”.
Per rinascere ad un nuovo sè, a questa nuova combinazione unica ed irripetibile del proprio assetto interiore, è necessario, dunque, che prima “si tramonti”: bisogna farsi attraversare da dolori, timori, sbagli, entrare in contatto con le proprie sofferenze, passare per la “porta stretta” delle difficoltà, delle avversità della vita, ogni volta che se ne presenti la necessità.
La Pasqua diviene così un’occasione di svelamento, di fioritura, di ripartenza, di ri-apertura alla vita dopo l’inverno, dopo il buio, dopo il dolore e la fatica (non a caso cade in Primavera!).
In questo “continuo rinnovarsi” è presente il significato piú psicologico legato al senso dell’“evoluzione”, il cui obiettivo è spostarsi ad un altro livello di consapevolezza e, dunque, di esistenza.
Morte e Rinascita sono infatti la costante metafora della vita, intesa come ricerca interiore mirata alla conquista di una propria individualità sempre piú matura, attraverso il superamento di sconfitte e fallimenti, secondo un’”ottica evolutiva” che porta allo svelamento della parte piú autentica di sé, accompagnata dall’accoglienza di ciò che prima non si riusciva ad accettare, nè superare.
Al di lá della loro specificità i (in quanto ne esistono davvero tante) le feste sono presenti da sempre e mostrano la necessità di rapportarsi non solo con il mistero e la spiritualità, ma anche e soprattutto con il significato del vivere stesso.
Ecco che allora preservare e custodirne il “senso piú profondo” significa crearsi la possibilità di aprirsi, ogni volta, in maniera nuova e diversa all’esperienza, a seconda dei valori che vengono evocati.
Oltre che consentire, piú in generale, un ripensamento delle relazioni interpersonali, improntato ad una maggiore compartecipazione, all’argamento dei confini e all’inclusione, alla riconciliazione e all’accoglienza reciproca, specie tra i giovani che sembrano, sempre più, sconfessare tutto ciò in un contesto attuale di crisi delle speranze umane, dove è piuttosto presente un individualismo sempre piú narcisista.
In questa importante rivalutazione di valori perenni ed universali sarà possibile trovare anche delle risposte alla “domanda di senso” di chi legittimamente aspira ad una vita appagante e significativa, riappropriandosi di un’eredità culturale essenziale per il recupero di una comune identità collettiva, oltre che di una comprensione piú completa della vita stessa.
Auguri di Buona Pasqua!
[La dott.ssa Pamela Cantarella è una Psicologa Clinica iscritta all’Ordine Regione Sicilia (n.11259-A), in formazione presso Scuola di Psicoterapia ad orientamento Sistemico-Relazionale]
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31 Marzo 2024, 04:59