04 Aprile 2016, 13:47
2 min di lettura
PALERMO – Un pomeriggio di primavera in pieno centro, le strade affollate e un uomo che cammina tra la gente con in pugno una pistola, seminando il panico. Quel momento è stato immortalato dalle telecamere che si trovano in via Maqueda, cuore della città che ha fatto da sfondo all’ennesimo episodio di violenza.
Emanuele Rubino, pluripregiudicato di via Giosafat, poco dopo le 18 di sabato si fa strada verso via Fiume: è lì che raggiungerà un giovane africano, “reo” di avergli tenuto testa, poco prima, in una stradina della “sua” zona. Il ventunenne Yusupha Susso, del Gambia, si trovava con due suoi amici quando ha rischiato di essere investito da uno scooter: in base a quanto i connazionali hanno raccontato agli investigatori, avrebbe detto a Rubino di stare più attento, reagendo energicamente.
Un comportamento che avrebbe scatenato il putiferio. Prima una rissa tra il marciapiede e la corsia di emergenza di via Maqueda, poi la sparatoria di fronte, all’inizio di via Fiume. Intorno alle 18,15, infatti, Rubino abbandona il luogo della rissa, ma soltanto per chiamare i rinforzi. Le telecamere, al suo ritorno, lo riprendono mentre percorre armato, a passo svelto e sicuro, un centinaio di metri.
Si dirige in via Fiume e rintraccia i tre immigrati. Con lui ci sono gli amici e i conoscenti del quartiere, quelli con cui vorrà ribadire “chi comanda” lì. Un vero e proprio branco formato da almeno dieci persone. E poco prima delle 18,30 è il caos. Calci, pugni, colpi di pistola. Il ventunenne del Gambia viene colpito alla testa, il proiettile entra ed esce, non uccidendolo soltanto per puro miracolo. Pochi minuti dopo sono i sanitari del 118 a soccorrere il ragazzo. Non è cosciente, perde sangue. Da allora si trova ricoverato all’ospedale Civico, con la prognosi riservata. Rubino è invece stato rintracciato nel giro di poche ore, grazie alle immagini e alla testimonianza degli amici di Susso.
Un attacco contro chi “non abbassa la testa” e non sta alle regole della zona. Un raid messo in atto “da chi crede di potere comandare – ha detto oggi il questore di Palermo, Guido Longo, ma a cui abbiamo dimostrato che si sbaglia”. Bande organizzate, pronte a eseguire gli ordini di chi, come Rubino, ha già alle spalle un lungo curriculum criminale e può contare sul silenzio del quartiere. Poche le informazioni fornite agli investigatori durante le indagini, parole pronunciate col contagocce da chi c’era, da chi sapeva. Un regno di omertà in cui la squadra mobile è riuscita a farsi largo, risalendo in poco tempo al ventottenne, accusato adesso di tentato omicidio.
Pubblicato il
04 Aprile 2016, 13:47