13 Maggio 2015, 12:35
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PALERMO – Tra i pannoloni e Humanitas c’è un labirinto di errori, dubbi, marce indietro. E un latente, ma nemmeno tanto, conflitto tra poteri, tra ruoli. Il governo, la burocrazia, le autorità giudiziarie: chi prende davvero le decisioni nella Sanità siciliana?
“Abbiamo bloccato la gara sulla fornitura dei pannoloni”. Il presidente della Regione ha tirato fuori a più riprese quella decisione, infilandola nella litania delle “cose concrete” fatte da questo governo. Utilizzando il pannolone come vessillo della lotta anti-manciugghia. E in parte aveva colpito nel segno, almeno stando ai primi riscontri della magistratura: l’ex manager dell’Asp Salvatore Cirignotta, a causa di quell’affidamento, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di turbativa d’asta. Stando anche alle denunce del presidente della Regione Rosario Crocetta e dell’assessore Lucia Borsellino, l’ex manager dell’Asp di Palermo avrebbe fatto pressioni affinché vincesse la multinazionale Fater.
Ma il governo ha voluto fare di più, aggiungendo la nuova “medaglia” della rivoluzione, nonostante la stessa Procura che aveva indagato su Cirignotta avesse deciso di “dissequestrare” il bando. Quella gara, secondo i pm, si poteva (ri)fare. E a vincere è l’azienda vicentina Santex che ha la meglio proprio sulla Fater, offrendo 7 milioni e 800 mila euro all’anno, contro una base d’asta di 8 milioni 433 euro. Il 5 dicembre 2013, quando arrivò alla guida dell’Asp, l’attuale manager Antonino Candela decise di revocare la gara ormai aggiudicata. Da qui il ricorso della Santex a cui il Tar ha dato ragione: la delibera del 5 dicembre, con cui è stata revocata la gara è stata annullata.
E non è la prima volta che i giudici amministrativi intervengono per modificare, anzi, per cambiare completamente verso alla decisione dell’esecutivo regionale. A fare da “supplente”, insomma, a una politica che – delle due l’una – ignora alcuni presupposti del diritto o ricopre ormai una posizione marginale rispetto ad altre istituzioni. In almeno altre due vicende, infatti, il governo è stato clamorosamente sconfessato dalle decisioni del Tar. E il “clamore” è legato proprio alla centralità delle questioni. All’importanza che hanno rivestito in questi mesi. Alla portata “politica” che le ha contraddistinte e accompagnate. Il caso della clinica “Humanitas” e quello della revoca (poi rimangiata, appunto) ai manager delle aziende sanitarie catanesi rappresentano due esempi fin troppo chiari di questo intricato groviglio di poteri, di questa confusione istituzionale e della scarsa linearità delle azioni del governo regionale. Non a caso, entrambe le storie sono finite in Procura.
La clinica oncologica che doveva (dovrà, a questo punto) sorgere a Misterbianco, nel Catanese, si vide “stoppare” l’investimento da una revoca giunta dal governo dopo l’approdo sui giornali dei dettagli dell’accordo: mentre il presidente Crocetta celebrava ovunque la centralità della Sanità pubblica, allungava un budget da circa 10 milioni di euro a una multinazionale privata (tra le più qualificate è bene precisarlo, ma non è questo il punto). Ma ancora più incredibile è quello che avvenne dopo. Il Tar ha infatti “bocciato” quella revoca. E a sollevare i maggiori dubbi sono due particolari. Intanto, la motivazione: alla società non sarebbe stato notificato, dall’assessorato alla Salute, né l’avvio dell’iter, né l’effettiva revoca dell’affidamento. Poi la decisione del governo di non appellarsi nemmeno a quella sentenza. Particolari e decisioni che hanno fatto storcere il naso a qualcuno. L’ex ministro e leader siciliano dell’Udc Gianpiero D’Alia ha infatti puntato l’indice contro “errori marchiani”, ha chiesto se il governo intenda sanzionare il funzionario o il dirigente che avrebbe “omesso” quegli atti basilari commettendo un errore degno nemmeno di un laureando in giurisprudenza, e infine ha parlato di “atti suicidi”. Parole che hanno, non a caso, attirato l’attenzione della Procura di Palermo che ha convocato D’Alia. Anche per capire se il “suicidio”, in questo caso, possa essere stato, in qualche modo, desiderato.
Il Tar, la Procura, la burocrazia, il governo e la politica. Chi comanda nella Sanità siciliana? Al “balletto” di poteri e figure più o meno legittimate a operare, nelle recenti storie amministrative della Regione è gettonatissima quella dell’Avvocato dello Stato. Invocato quasi in ogni occasione (lo ricordiamo anche nella vicenda delle assunzioni a Sicilia e-Servizi) e utilizzato quasi come “alibi preventivo”, foglia di fico per le scelte più controvese. “Ce lo ha detto l’Avvocato dello Stato” è spesso la giustificazione di chi dimentica che quel parere ha solo natura consultiva. E che al governo spetti comunque l’onere di prendere la decisione. E nella vicenda della revoca ai manager catanesi Paolo Cantaro e Angelo Pellicanò gli attori sono tutti presenti. C’è un governo regionale che “stoppa” le nomine per il “timore” (supportato appunto dall’Avvocatura) che potessero violare il decreto Renzi che vieta le nomine ai pensionati. Da lì, le accuse di pezzi della politica, comprese quelle dell’attuale presidente della commissione Salute all’Ars, Pippo Digiacomo, e l’automatico passaggio dalla Procura di Catania. In questa storia spunterà persino il governo nazionale (lo stesso che ha voluto la norma utilizzata da Crocetta per fermare gli incarichi): il ministro Madia, con una sua circolare spiegherà al governatore e all’assessore Borsellino che quelle nomine erano assolutamente legititme. Alla fine e anche stavolta, però, deciderà il Tar: quelle nomine si possono fare. Al governo regionale, così come è accaduto anche nella vicenda dei pannoloni, non è rimasto che decidere ciò che altri avevano già deciso al posto suo.
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13 Maggio 2015, 12:35