La Sanità mortificata da troppi | Ma il sistema può cambiare

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11 Agosto 2014, 19:46

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Accolgo con doveroso rispetto le sollecitazioni rivoltemi dall’estensore dell’articolo pubblicato su Live Sicilia dal titolo “L’angoscia dei siciliani in ospedale. Caro Assessore indignarsi non basta”, non solo per rispondere alle domande che, come mi viene ricordato, vanno rivolte alla collettività, l’unica alla quale intendo veramente rivolgere la mia attenzione e il mio impegno, ma anche per esprimere autentica condivisione del richiamo contenuto alla fine dell’articolo secondo il quale, “quando si governa mai si può definire buona o sufficiente la propria azione fino a quando il cittadino, soprattutto se è il cittadino più debole, più sofferente, non la percepirà effettivamente come tale”.

Con altrettanto doveroso rispetto però, sento l’obbligo di fare una premessa non sfuggendomi di osservare come spesso non si resista alla tentazione di evocare interventi o azioni del mio predecessore quasi che la circostanza che io abbia ricoperto un ruolo tecnico all’interno dell’amministrazione della sanità costituisca di per sé sufficiente ragione per ritenere che aspetti che rientrino nella sfera soggettiva ascrivibili ad altri siano transitivamente propri anche del mio modo di gestire l’attuale ruolo assessoriale.

Personalmente, al contrario, condivido l’analisi critica dell’articolo relativamente al rischio dell’autoreferenzialità di un amministratore rispetto al proprio operato che, oltre a non appartenermi, ritengo concettualmente limitante e sintomatico di poca predisposizione al confronto e alla più ampia partecipazione da parte di coloro che esprimono interessi della collettività. Sono convinta, infatti, per entrare nel vivo della sanità siciliana e da come essa viene percepita dai cittadini, che risponde al vero che i siciliani provino angoscia ad imbattersi in un ambiente ospedaliero o nella burocrazia degli uffici e che ci sia comunque diffusa sfiducia nel sistema. Così come risponde al vero che alcuni ambiti professionali e assistenziali siano interessati da carenze non più fronteggiabili con risposte emergenziali e alle quali si sta lavorando con azioni di sistema che vedano in una corretta e coerente pianificazione l’adeguamento, entro l’anno in corso, delle dotazioni organiche al nuovo assetto della rete ospedaliera e territoriale, cui è vincolato il reclutamento del personale a tempo indeterminato e la progressiva proporzionale riduzione del “precariato” e di esuberi in altri settori.

Così come risponde alla realtà che talune disfunzioni inaccettabili non trovino giustificazione nelle risorse assegnate ma siano la risultante di una catena di responsabilità non adeguatamente sotto controllo in tutte le sue articolazioni. Non possono tuttavia solo “i freddi numeri” alimentare una diversa opinione sulla qualità percepita dell’assistenza ma, per fare solo alcuni esempi, rilevano non poco le modalità di accoglienza, il decoro degli ambienti, l’adeguatezza dell’organizzazione, la professionalità degli operatori. Di questi fattori, solo alcuni sono attribuibili a chi ha funzioni rispettivamente di indirizzo politico-amministrativo e di gestione del sistema. Altri attengono alla sensibilità e al patrimonio valoriale dei singoli rispetto ai quali si può e si deve essere di esempio.

Io non difendo aprioristicamente l’attuale gestione o quella trascorsa. Io sono al servizio del sistema come deve esserlo la politica nel senso etimologico e più nobile del suo significato. Ho accettato soltanto di fare la mia parte senza la presunzione dell’onnipotenza e nel pieno rispetto delle regole, consapevole del tempo definito del mio incarico e della natura atemporale di un percorso di crescita culturale e strutturale che deve essere continuamente stimolato da parte di chiunque acceda a ruoli come questo e direttivi all’interno del sistema.

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Ho accettato soltanto di fare la mia parte con l’umiltà di chi può solo mettere a disposizione onestà e conoscenza. La mia di questi giorni, non è la prima e neanche l’ultima visita presso le strutture sanitarie della regione, non è un’ispezione né tanto meno l’esercizio di una funzione sostitutiva alla gestione propria delle direzioni aziendali. E’ un sostegno alle stesse direzioni e agli operatori in questo percorso di crescita che riguarda me come loro, ciascuno nel rispetto dei propri ruoli e delle proprie competenze. I nuovi Direttori Generali hanno davanti un compito assai impegnativo per gli obiettivi loro attribuiti che dovranno essere perseguiti in tempi che saranno cadenzati da puntuali e rigorose verifiche.

L’innalzamento della qualità dei servizi a partire dai pronto soccorsi costituisce la priorità dell’azione di governo del sistema in questo nuovo triennio di programmazione. Non c’è indignazione che possa da sola servire se non seguita da azioni concrete per porre rimedio alle criticità ed evitare le storture di un sistema pubblico che va salvaguardato, migliorandolo continuamente, per preservarne il valore sia per la tutela del diritto alla salute del singolo e della comunità che per la salvaguardia della dignità dei lavoratori che vi operano.

In tal senso, l’Assessorato che mi è stato affidato sta usando tutti gli strumenti a sua disposizione per pianificare e sostenere lo sviluppo del sistema, pur con i limiti propri di un’organizzazione complessa e con gli echi di un passato, ancora recente nella memoria, dove si decidevano le tariffe in un retro bottega o si cedeva facilmente alle lusinghe del compromesso. Decenni di malcostume hanno mortificato le parti sane del sistema che ancora fanno fatica ad emergere e a fare notizia. Nel periodo delle “vacche grasse” nessuno si preoccupava degli effetti devastanti che una politica clientelare avrebbe determinato nelle future programmazioni. Ora la sfida è ricercare l’equilibrio all’interno di un sistema che ha sete di innovazione ma che ha ancora il freno di pesanti zavorre non ancora del tutto rimovibili, quale risultato di sprechi scellerati e di decisioni assunte in dispregio delle regole.

Sono consapevole delle difficoltà del mio incarico e non ne perdo mai di vista il peso. Sono pronta a cedere il testimone, in qualunque momento lo si ritenga necessario per il bene dei siciliani, a qualcuno che riesca a fare di più e meglio o semplicemente a rimetterlo se il mio sforzo non sia servito alla causa. Sono parte di una squadra e so di non essere sola. E’ questo che mi dà la forza di continuare a credere che qualcosa possa davvero cambiare.

Lucia Borsellino

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11 Agosto 2014, 19:46

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