23 Marzo 2021, 10:01
2 min di lettura
AGRIGENTO – La Scala dei Turchi di Realmonte, tra le bellezze naturali più famose al mondo, è di proprietà di un privato cittadino e non un bene pubblico. Lo hanno messo nero su bianco i periti del gip Luisa Turco – il geologo Pasquale Massimiliano Mastrosimone e l’ingegnere Gabriele Freni, docente dell’Universita’ di Enna Kore – nell’ambito dell’incidente probatorio chiesto e ottenuto dalla procura di Agrigento per fare luce sulla spigolosa controversia.
La Scala dei Turchi è da anni al centro di una contesa tra il comune di Realmonte e Ferdinando Sciabbarrà, 73enne che ritiene di essere il proprietario della famosa scogliera di marna bianca. Circostanza questa che sembra adesso essere confermata anche dai periti del giudice che, oltre a delinearne gli aspetti tecnici, sottolineano l’immobilismo e l’inerzia delle pubbliche amministrazioni: “Appare evidente che, ad esclusione delle recenti attività del demanio marittimo, le amministrazioni pubbliche non hanno messo in atto azioni volte all’acquisizione dei beni o alla dichiarazione di pubblica utilità che comunque appare necessaria per l’acquisizione al demanio dei beni culturali, storici e paesaggistici seppur in più occasioni e univocamente hanno ribadito la volontà di preservare il bene attraverso l’apposizione di una serie di vincoli”.
In sintesi, la Scala dei Turchi sarebbe riconducibile proprio a Sciabbarrà in almeno una delle sue porzioni: sulle altre due, secondo la perizia, “seppur non si riscontra un atto dirimente in merito alla proprietà, appare evidente che Sciabarrà ne vanta il possesso da diversi decenni”. Ed è proprio durante questo periodo che le amministrazioni pubbliche “non hanno messo in atto – scrivono i periti – azioni volte all’acquisizione dei beni”.
La Scala dei Turchi è stata posta sotto sequestro nel febbraio dello scorso anno con un provvedimento e la Procura di Agrigento aveva iscritto nel registro degli indagati proprio Ferdinando Sciabbarrà ipotizzando i reati di occupazione di demanio pubblico, invasione di area demaniale, “omesso collocamento di cartelli di pericolo”, violazione del codice dei beni culturali e danneggiamento al patrimonio archeologico.
Tema della sicurezza del sito, alla base anche del sequestro preventivo, che viene affrontato nella superperizia: “I sopralluoghi compiuti hanno permesso di accertare come tale luogo abbia subito delle violenze inaudite dai visitatori che, spesso, hanno lasciato dei segni indelebili sulla porzione fruibile in periodi anteriori al sequestro”. L’inchiesta è coordinata dal procuratore capo Luigi Patronaggio e dal sostituto Gloria Andreoli. Sciabbarrà è difeso dagli avvocati Giuseppe Scozzari e Salvatore Palillo.
Pubblicato il
23 Marzo 2021, 10:01