"La scalata di Montante all'Agenzia nazionale per i beni confiscati"

“La scalata di Montante all’Agenzia nazionale per i beni confiscati”

Nella relazione della Commissione regionale antimafia un lungo paragrafo dedicato all'ex simbolo della legalità

PALERMO – “La scalata di Montante all’Agenzia nazionale per i beni confiscati”, si intitola così un lungo paragrafo della relazione della Commissione parlamentare antimafia approvata ieri all’unanimità.

A dicembre 2014 Antonello Montante, presidente di Sicindustria e referente per la legalità di Confindustria nazionale, entra nel consiglio direttivo dell’Agenzia che gestisce una miriade di imprese e beni immobili confiscati alla mafia. Un mare magnum di cui la stessa agenzia sconosce persino l’esistenza. Quali erano i progetti di Montante?

La nomina da parte di Alfano

È l’allora ministro dell’Interno, da cui dipende l’Agenzia, Angelino Alfano a proporre la nomina varata dalla presidenza del Consiglio dei ministri. Alfano vuole applicare il metodo manageriale alla gestione dei beni e in quel momento storico Montante è ancora un simbolo della legalità. Un uomo potente indicato come riferimento da tutti, a cominciare dalla magistratura che ne celebra il percorso etico.

Montante non è ancora caduto nella polvere, dell’inchiesta che lo vede indagato a Caltanissetta per concorso esterno in associazione mafiosa si saprà venti giorni dopo la nomina (l’inchiesta è ancora in corso, mentre Montante è stato condannato in primo grado per avere attivato una sorte di rete di spionaggio anche per cercare di sapere l’esito delle indagini a suo carico). A scrivere dell’indagine per mafia sono i cronisti di Repubblica Francesco Viviano e Attilio Bolzoni.

Nessuno sapeva di Montante, eppure…

“C’era un solo problema: Montante, appunto”, si legge nella relazione. Montante era già indagato dai sei mesi e la voce circolava in Sicilia. “Eppure nessuna informazione sull’indagine penale a carico della persona prescelta arriva né al presidente del Consiglio, cui compete la nomina, né ai ministri dell’Interno e dell’Economia, cui compete l’indicazione – scrivono i commissari –. Cosa ha determinato un così paradossale corto circuito informativo, consentendo la nomina ad una carica di così alta responsabilità nel contesto della lotta alla mafia proprio d’una persona che da molti mesi era indagata per concorso esterno in associazione mafiosa?”.

”Qualcuno avrebbe dovuto dirmelo, avrebbe dovuto dirlo al presidente del Consiglio, avrebbe dovuto dirlo al Ministro dell’economia. Noi avremmo dovuto saperlo. Ma la legge lo impedisce. E se qualcuno ce l’avesse detto, avrebbe commesso un reato penale”, dice Alfano nel corso della sua audizione all’Antimafia.

L’ex ministro non sapeva

“Fu un’idea mia – aggiunto l’ex ministro – che nasceva dal fatto che nella gestione di questa Agenzia si notava la mancanza di un elemento manageriale. Immaginai di mettere un siciliano, un antimafioso, il responsabile della legalità di Confindustria nazionale e, al tempo stesso, uno di comprovata, a quel tempo, competenza manageriale. Quando lo nomino all’Agenzia nazionale dei beni confiscati, eravamo all’apice. Poi, venti giorni dopo, c’è stata la rivelazione del segreto istruttorio da parte del giornale e se violavano il segreto istruttorio venti giorni prima, io non lo nominavo”.

Sospeso ma invitato

Montante si autosospende dall’Agenzia il 25 febbraio 2015 e si dimette il 22 luglio. Com’è possibile che l’autosospensione non sia diventata una revoca? Alfano spiega che “lui immaginava che la vicenda potesse avere una rapida conclusione e, quindi, ha preferito la formula cautelativa, credo non abbia mai partecipato neanche ad una seduta o quasi. Comunque, non ha partecipato, di fatto, alla gestione dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati e, alla fine, ha deciso, dopo questi mesi, di dimettersi. Nell’interregno, non si è voluto procedere ad una revoca perché, comunque sia, eravamo di fronte ad un’iscrizione nel registro degli indagati, divulgata da un giornale, non eravamo in presenza dell’arresto”.

La scorta potenziata

La commissione ricorda pure che un mese dopo che la notizia dell’indagine su Montante è diventata di dominio pubblico il comitato per l’ordine e la sicurezza di Caltanissetta decide di aumentargli la scorta. “È un ossimoro di cui ci sfugge l’ingranaggio”, chiede Fava ad Alfano. Che risponde: “C’è una significativa autonomia degli organismi provinciali preposti a questo genere di decisioni”.

Gli appunti di Montante

Negli appunti trovati nell’archivio di Montante si faceva riferimento ad un invito, due mesi dopo la sospensione, del prefetto Umberto Postiglione, direttore dell’Agenzia dei beni confiscati, per partecipare a una riunione. Montante rifiuta.

La relazione consegna agli atti una serie di dubbi: Quella nomina fu solo casualità, il mero risultato di una somma di sviste istituzionali? E per Montante, entrare nel direttivo dell’Agenzia era davvero solo un’altra medaglia da appendersi al petto, peraltro già sovraccarico di titoli, prebende ed encomi? In altri termini: c’è stato attraverso Montante il tentativo di dar la scalata all’Agenzia, alle possibilità di speculazione privata che avrebbe potuto offrire la gestione della più grande holding italiana, proprietaria di quattromila aziende e di decine di migliaia di beni immobili?”.

“Esitazioni, reticenze, tentennamenti”

La Commissione regionale antimafia ha analizzato anche una serie di atti processuali. Non ci sono risposte certe, anche perché indagini e processi sono ancora in corso. Ci sono, però, “esitazioni, reticenze, tentennamenti”. Nella relazione viene allegata la risposta che Postiglione diede ai giornalisti che gli chiedevano se Montante, indagato per mafia, si sarebbe dovuto dimettere: “Non lo so, dipende da una sua valutazione. Non ho la possibilità né di chiedere né di proporre ma solo di esprimere solidarietà a Montante, che ho conosciuto come persona che si batte per la legalità. Sta vivendo momenti difficili per le dichiarazioni di alcuni pentiti, nessuno è colpevole finché non viene condannato e nessuno è tenuto a dimettersi se viene accusato da qualcun altro. In Sicilia possono essere messe in atto architetture diffamatorie, magari c’è qualcuno che nell’ombra ha bisogno di vendicarsi e potrebbe cercare forme di ritorsione. Quando ero prefetto ad Agrigento mi dicevano spesso di non dimenticare che ero nella terra di Pirandello e io rispondevo che in confronto a loro Pirandello era un dilettante. Credo che Montante abbia i modi per dimostrare la sua estraneità”.

E viene inserito nella relazione anche il comunicato di solidarietà a Montante degli industriali siciliani che i commissari bollano come “esplicito, quasi minaccioso”: “Nessuno pensi di bloccare la squadra aggredendo l’attaccante. Perché al suo fianco c’è un intero sistema che si muove in un’unica direzione. Un gruppo affiatato che condivide tutto, ansie e strategie. L’azione portata avanti in questi anni da Montante con tutti noi è un patrimonio che non può essere disperso”.

Una strategia da rivedere

Ed è sulla strategia che la Commissione si concentra nella parte finale del capitolo. Montante pensava che i beni “bisogna portarli a reddito e per portarli a reddito bisogna affidarli o venderli ai privati attraverso procedimenti veloci. L’obiettivo fondamentale deve essere recuperare quanta più possibile liquidità. Confindustria, insieme allo Stato, potrebbe essere pronta ad intervenire per un obiettivo nobile di crescita. Io stesso, in qualità di Delegato per la legalità, mi considero a disposizione. Non sarebbe una cattiva idea quella di decidere di fare un primo esperimento, un progetto pilota, in un territorio scelto dove ci siano tanti beni confiscati”

“Affidare o vendere immobili”

Ed è ora che la commissione puntualizza: “Affidare o vendere immobili e aziende ai privati, il contrario dello spirito della legge che immagina, per quei beni, una restituzione alla collettività come ricchezza sociale, fruizione collettiva, usi pubblici. Eppure in molti, nelle stanze romane del Viminale e di Palazzo Chigi, si sperticano subito a lodare il progetto di Montante. Dubbi? Nessuno. Di quell’entusiasmo non resterà traccia quando si apprenderà che Montante, finalmente e trionfalmente cooptato nel direttivo dell’Agenzia per determinazione del ministro Alfano, è indagato per mafia. E verrà fuori che, forse, quell’idea di far shopping delle aziende confiscate non fosse poi così campata in aria, se è vero che Montante – ai tempi della sua proposta di riforma dell’Agenzia – si era già da tempo attrezzato. Come? Costituendo presso uno studio notarile di Caltanissetta il 20 settembre 2010 la “Tavolo per lo Sviluppo del Centro Sicilia”, un’associazione che nello Statuto annovera tra i propri scopi sociali, pensate un po’, quello di “gestire i beni confiscati”.


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