23 Dicembre 2014, 20:09
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PALERMO – Il presidente della Regione governa. Ma non comanda più. Chi pensava che il commissariamento della Sicilia fosse vicino, resterà deluso. Siamo già, infatti, in una fase più avanzata. Quella in cui Roma detta e indica. Suggerisce e impone. E al governo regionale, fiero della propria autonomia, ovviamente solo a parole, non resta che appiattirsi. Adeguarsi. Piegarsi. Fungere da “commissario di se stesso”. L’assessore all’Economia Alessandro Baccei è stato chiarissimo, oggi, durante una conferenza stampa a Palazzo dei Normanni. Arriva da solo. Rosario Crocetta non c’è. Non a caso, il governatore è a Roma. C’è da risolvere un’altra emergenza. Mettere un’altra pezza sulle falle di una Regione allo sfascio. C’è da evitare il caos rifiuti, che avrebbe un impatto simbolicamente persino peggiore del crack dei conti.
Per quelli, come detto, ci pensa Baccei. E già la scelta di convocare quell’incontro con i giornalisti, visti i contenuti del suo intervento, è assai indicativa. L’inviato speciale del goveno Renzi in Sicilia, infatti, ha chiamato a raccolta la stampa per dire che, oggi, stando così le cose, è impossibile chiudere un bilancio. È impossibile garantire alla Sicilia un futuro anche a brevissimo termine. Ha detto, in sostanza, che se non esistesse l’istituto dell’esercizio provvisorio, la Sicilia sarebbe fallita.
Ma esiste l’esercizio provvisorio. La possibilità di “campare alla giornata” per un periodo ristretto dell’anno. Ma anche su questo punto, Baccei è stato chiaro. Anzi, così chiaro da far, forse, scivolare il “peso” di quelle parole: “Abbiamo solo spostato i problemi quattro mesi più in là”. Un effetto placebo, insomma, per i conti di una Regione che sono lo specchio di una malattia terminale. Ma ci sono quei quattro mesi. L’ultima speranza per la Sicilia. Una speranza che non è, però, nelle mani dei siciliani. Nelle mani di un governo che doveva essere quello della svolta, della pagina nuova. E che potrebbe rischiare di trasformarsi nell’esecutivo che dovrà ricopiare in carta carbone le indicazioni che provengono da altre parti. Dalla Capitale, appunto.
E del resto, sempre Baccei non ha usato molti giri di parole: “Senza l’aiuto del governo centrale, sarà molto difficile chiudere il bilancio”. Sarà difficile, quindi, “coprire” i mesi che verranno dopo aprile. Ma l’aiuto del governo centrale passerà solo dalla presentazione di una serie di riforme “obbligate”. Obbligate. Senza queste, infatti, Baccei racconta, “il governo Renzi mi ha fatto sapere che non si aprirà alcun tavolo”. O si fa come dice Roma, o niente soldi. O si fa come dice Renzi, o la Sicilia non sta in piedi. Rosario Crocetta non governa più al pieno delle sue funzioni. Siamo già oltre il commissariamento. Perché è lo stesso Crocetta a fungere, oggi, da “commissario ad acta” della “sua” Regione. Dovrà limitarsi, se vuole restare al suo posto, a fare ciò che Roma – addolciamo la pillola – suggerisce.
Dai conti ai rifiuti, in effetti, il passo non è così lungo. E la storia da raccontare è la stessa. Nelle settimane scorse il presidente aveva chiesto il commissariamento per il caos discariche. Ma anche su questo punto, i sottosegretari Delrio e Faraone hanno bruscamente frenato: vogliono specificare nel dettaglio le attribuzioni e i poteri del nuovo commissario, non hanno alcuna intenzione di ufficializzare l’eventuale commissariamento prima della fine dell’anno e soprattutto non hanno ancora deciso se il commissario sarà il governatore stesso o, magari, l’assessore all’Energia Vania Contrafatto. Guarda caso, proprio l’assessore indicato dall’area Pd che fa capo a Faraone.
Decide Roma. Sui conti e sui rifiuti. Siamo oltre il commissariamento. Siamo alla subalternità che è stata sancita dalla scelta di non avanzare ricorso alla Consulta sul caso trivelle. Contro quell’articolo 38 dello “Sblocca Italia” nei confronti del quale, ricorda il presidente dell’Assemblea regionale Giovanni Ardizzone, è insorta persino la democratica (nel senso di Regione guidata dal Partito democratico) Basilicata. E dire che in quel caso c’è persino un ordine del giorno che impegna il governo a ricorrere contro la Corte costituzionale. Ma Crocetta, sul tema, adesso tace. Dopo aver raccontato che le trivellazioni faranno bene alla Sicilia. E che solo una Regione stolta rinuncerebbe a una risorsa come il petrolio. Una svolta culturale, per il governatore che cominciò la sua carriera politica, a Gela, tra i Verdi e gli ambientalisti.
Ma Crocetta tace. Tace anche sulla questione dei Fondi Pac. Si limita ad annunciare una lettera dai contenuti oscuri. E lascia passare il messaggio che la perdita di quei fondi è resonsabilità tutta sicula. Di quella irredimibile Regione incapace di spendere i propri soldi. Una ricostruzione, però, ricacciata indietro proprio dal “commissario” voluto da Roma: “Non è vero che la Sicilia era così in ritardo nell’impegno di quelle somme”, ha spiegato Baccei. Il governo Renzi ha “politicamente” scelto di togliere quei soldi al Sud per dirottarli altrove. E la Sicilia è rimasta muta.
Nonostante in passato non è che avesse dimostrato ostilità nei confronti di Roma. Anzi. Pochi mesi fa ha persino rinunciato a contenziosi da oltre quattro miliardi in cambio di mezzo miliardo per chiudere il bilancio. E non solo. Ha obbedito a Roma che ha chiesto alla Regione di accendere un mutuo da due miliardi che condannerà i siciliani per i prossimi trent’anni a pagare le tasse più alte d’Italia. E invece, Roma fa la voce grossa. O si fa come dice Renzi, o niente soldi alla Sicilia. Per farla breve: tagli, tagli, tagli. Anzi, per dirla meglio, “riforme”. Dettate parola per parola da Roma. Ricopiate in carta carbone dalla Sicilia. Come in quelle famiglie in cui il marito ammette, sconsolato: “Qui comando io. Mia moglie prende solo le decisioni”.
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23 Dicembre 2014, 20:09