10 Dicembre 2014, 07:30
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PALERMO – Legge di stabilità, Sblocca Italia, “caso-precari” e mega-Mutuo. Roma non sembra troppo amica della Sicilia. Ma il presidente della Regione è assente. Silenzioso. Eppure ieri è stato il giorno degli appelli. Degli emendamenti, delle solite corse all’ultimo istante. Al fotofonish, dove si gioca il futuro dell’Isola, sulla carta sempre più povero. Il governo Renzi decide di aprire alle trivellazioni, richiede all’Isola di ripianare (e subito) i propri debiti nella Sanità, sottrae alla Sicilia qualcosa come mezzo miliardo di Fondi Pac, mentre agli oltre ventimila lavoratori a tempo determinato, se tutto andrà bene, toccherà uno straccio di proroga.
Crocetta “buca” la seduta sulle trivelle
In questo scenario fa “rumore” l’assenza del governatore. Crocetta non c’è. Non c’era nemmeno ieri, ad esempio, quando Sala d’Ercole aveva fissato la discussione finale sul tema delle trivellazioni e dell’accordo con l’Eni. Mentre sono state già votate due mozioni, sia per il referendum abrogativo dell’articolo 38 dello sblocca-Italia sia per la legge voto contro le trivelle. Atti parlamentari presentati dal Movimento cinque stelle (la forza politica maggiormente impegnata in queta battaglia) e che hanno ricevuto il sostegno anche di pezzi della maggioranza parlamentare. Ma Crocetta tira dritto: “Quegli impegni consentiranno la salvaguardia dei posti di lavoro a Gela e la creazione di nuove opportunità nell’Isola”. Sarà. Intanto, all’attacco vanno non solo parlamentari Pd come Fabrizio Ferrandelli, ma anche molti sindaci siciliani. “L’AnciSicilia, – ha dichiarato nei giorni scorsi Leoluca Orlando – così come molti comuni siciliani, ha già proposto ricorso contro le trivellazioni ed è pronta a sostenere con forza il referendum. E’ ora di finirla di condannare la Sicilia alla distruzione delle proprie risorse naturali”. E sulla stessa linea anche associazioni come Italia nostra, Slow food Sicilia, Greenpeace e Wwf .
Ma che si tratti di un problema più istituzionale che tecnico è confermato dalla scelta del presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone di convocare, la scorsa settimana, i parlamentari siciliani a Palazzzo dei Normanni. E la posizione della prima carica del parlamento siciliano è chiara: “Il problema non è tanto il tema delle trivellazioni, che sono già partite. Dovremmo impegnarci semmai perché, come previsto da una legge voto approvata dall’Ars, sia rispettata la norma che prevede che le imposte di produzione restino in Sicilia”. Sia rispettato, insomma, l’articolo 36 dello Statuto. Un principio, del resto, ribadito anche da esponenti della maggioranza come Michele Cimino: “Quella della riforma dell`articolo 36 dello Statuto – ha detto – è una battaglia di civiltà per il riconoscimento di prerogative e funzioni che spettano alla Sicilia. Qui devono restare le imposte di produzione che sino ad oggi sono state incamerate dallo Stato. Le aziende che operano in Sicilia devono pagare qui le tasse anche se hanno la sede legale altrove. Da primo firmatario del ddl-voto per la riforma dell`articolo 36 dello Statuto mi batto per un coinvolgimento di tutta la deputazione siciliana a Roma, perché questa e` una battaglia che non ha colore politico”.
Lo scippo dei fondi Pac
E l’appello di Cimino è stato ribadito, su altri fronti, anche nelle ultime ore. È il caso addirittura di un assessore della giunta Crocetta. Cleo Li Calzi, responsabile dell’assessorato al Turismo, infatti, dalle “pagine” del suo profilo facebook ha lanciato un “appello a tutti i parlamentari siciliani nel governo nazionale: Domani (ieri, ndr) scade il termine per la presentazione di emendamenti alla Legge di Stabilità. Se non si modifica articolo 12 almeno 500 milioni di risorse strutturali del PAC 3 Sicilia saranno dirottate a finanziare gli sgravi contributivi di tutta Italia”. Ed ecco il nuovo fronte che si è aperto nei rapporti tra Roma e la Sicilia. L’articolo 12 della legge di stabilità infatti prevede il “recupero” di 3,5 miliardi da qui al 2018, di somme non spese dalle Regioni del Sud. Sono appunto i fondi Pac che consistono, sostanzialmente, in Fondi che lo Stato mette a disposizione come co-finanziamento alle spese europee. Il governo Renzi, insomma, sta dicendo al Meridione: non avete speso questi Fondi entro il settembre del 2014? E noi ce li prendiamo, per riutilizzarli come sgravi alle imprese. Inutile dire che la maggior parte delle imprese non stanno al Sud. Ma in cosa consisterà questa “rimodulazione”? Alla Sicilia spettano, come fondi Pac, quasi 2 miliardi di euro. Se il governo centrale deciderà (in maniera assolutamente discrezionale, come spiega un comma di quell’articolo) di riprendersi le somme non spese, potrebbe finire per togliere alla Sicilia, giusto per fare un esempio, i 452 milioni del Piano giovani, oltre a finanziamenti per opere infrastrutturali non ancora impegnate. Mezzo milione in tutto, solo per il 2015. A tanto ammonterebbe quello che già qualcuno ha definito lo “scippo” di Roma all’Isola. Da qui, appunto, le mobilitazioni “bipartisan”. Al Senato, proprio nelle scorse ore, è piovuto l’emendamento di Beppe Lumia del Pd col quale il parlamentare chiede “che non vengano toccate, tra l’altro con un computo ‘retroattivo’ le somme già in qualche modo destinate, seppur ancora non impegnate”, ma anche di un’altra area dei democratici, quella dei cuperliani rappresentata dal senatore marchigiano Verducci. E non solo. Forza Italia, tramite i senatori siciliani D’Alì e Gibiino ha presentato addirittura due emendamenti. Uno ha l’obiettivo di “salvaguardare” i fondi Pac, chiedendo al governo di attingere dai fondi Fas non spesi. Un intervento che avrebbe maggior senso, secondo gli azzurri, per motivi temporali. I Pac, infatti, sono stati stanziati nel 2012. Il “mancato impegno” delle somme al 2014 appare quindi poco più che fisiologico. Diverso il discorso per i Fas, programmati già dal 2003. Un altro emendamento, sempre di Forza Italia, chiede quantomeno di “spostare” il termine per la verifica degli impegni di spesa all’aprile del 2015: tempo utile per una corsa alla “spesa” dei fondi che invece sarebbero restituiti a Roma. E un appello è piovuto anche da Open Gov, l’associazione fondata dall’ex assessore all’Economia Gaetano Armao: “Con risorse così ridotte dal Governo nella proposta di ddl di stabilità (-50 del cofinanziamento statale) non sarà possibile utilizzare appieno i fondi strutturali europei destinati a garantire la coesione economico-sociale e territoriale per il periodo 2014-2020”. Da qui, ovviamente, la richiesta ai senatori siciliani di farsi sentire con i propri emendamenti. Le speranze che questi vadano in porto? Pochissime, in realtà. E anche su questo punto non è parso di sentire la voce del governatore.
Precari e mutuo, partite aperte
E del resto, di “questioni aperte” col governo nazionale ce ne sono anche altre, in queste ore. Il Pd, ad esempio, ha presentato al Senato un emendamento alla Finanziaria (dopo quello approvato alla Camera, primo firmatario Capodicasa) per consentire anche ai Comuni in dissesto e pre-dissesto di prorogare il contratto dei precari. Un tema che tocca circa duemila lavoratori, che si vedrebbero tagliati fuori dai rinnovi dei contratti. Ieri se ne è discusso in una commissione “congiunta” (Affari istituzionali, Bilancio e Lavoro). Assente il governo regionale. E sindacati sul piede di guerra. Nei giorni in cui all’Ars dovrebbe approdare il mutuo da due miliardi, utile per sanare gli impegni con i creditori della Sanità siciliana. “I debiti si pagano”, ha precisato Crocetta. Dimenticando di aggiungere che per pagare quei debiti, la Regione si sta impegnando a mantenere per i prossimi trent’anni il livello massimo di Irap e Irpef dei siciliani. Per il resto, poco altro. Il governatore non c’è. E mentre Renzi non fa sconti, l’unico atto del governo Crocetta nella ridefinizione dei rapporti tra Sicilia e Roma è proprio uno sconto. Il mega-sconto che ha consentito alla Sicilia di mettersi in tasca mezzo miliardo per chiudere il bilancio scorso. A costo, però, di rinunciare a una contenziosi pari a quattro miliardi con lo Stato. A costo di rinunciare, insomma, all’autonomia stessa della Sicilia.
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10 Dicembre 2014, 07:30