17 Settembre 2019, 16:22
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E ora, dopo l’annunciatissimo trasloco di Matteo Renzi, cosa accadrà in Sicilia? Chi seguirà l’ex premier nel nuovo soggetto centrista costruito su misura attorno a lui? Al momento, l’unico che sarà di certo della partita è il luogotenente di sempre, Davide Faraone. Che su facebook scrive un post sentimentale: “Ne ho sbagliate tantissime nella mia vita, ma ho sempre fatto ciò che il mio cuore mi diceva di fare. Gioia e determinazione hanno contraddistinto ogni mia azione. Magari, avessi percorso altre strade che sapevo essere meno tortuose, sarei comunque arrivato, avrei faticato meno, ma avrei camminato senza sorriso”. Questa la premessa. Sì, ma i motivi del divorzio dal Pd? “Troverò il modo di spiegare più avanti le ragioni politiche della mia scelta con maggiori approfondimenti, sono momenti frenetici, intanto ai miei amici, a chi mi vuole bene, a chi sa quanto odi ipocrisie e falsità, basta sapere che così sono felice”.
Non lo seguirà un politico a lui molto vicino, cioè Carmelo Miceli. Che sui social ribadisce la sua intenzione di restare nel partito: “Leggo agenzie di stampa nelle quali ipotetici “Big” danno per certa una imminente scissione e una mia uscita dal Partito Democratico. Nell’invitare questi ipotetici “big” a tacere e a anteporre il buon senso alle proprie aspirazioni, chiedo a tutti i dirigenti e militanti di unirsi al coro di chi – come Alessia Morani, Simona Flavia Malpezzi e il sottoscritto – fa appello all’unità e a non fare scelte incomprensibili per la nostra Comunità. Il Partito Democratico è una casa plurale, la nostra casa, la mia casa. Custodiamola gelosamente”.
I renziani, o ex renziani dell’Ars, si sono sfilati a uno a uno. Nello Dipasquale già al congresso aveva scelto Nicola Zingaretti. “Non condivido la decisione assunta dall’ex segretario del Partito Democratico Matteo Renzi di compiere una scissione – scrive il politico ragusano promotore del gruppo dei “pontieri” del Pd siciliano -. La mia posizione è stata chiara già ai tempi delle primarie del partito quando ho scelto di sostenere, con forza e determinazione, il segretario Zingaretti. Proprio in quella occasione, ho giudicato come un errore la scelta di Renzi di non ricandidarsi alla guida del partito. Anche se avesse perso avrebbe potuto consolidare la propria pozione all’interno del partito da minoranza. Invece, puntando su Giachetti e Martina, spaccando anche l’area, ha gettato le basi per arrivare alla situazione odierna. Si è trattato, dunque, di un percorso studiato che da tempo avevo compreso e che non ho avuto intenzione di avallare”.
Come Dipasquale anche Baldo Gucciardi ha lasciato Renzi per Zingaretti all’ultimo congresso. Ai due si è aggiunto un ex renziano come Michele Catanzaro, che è tra i promotori del gruppo dei Territori che lavora per l’unità del partito. Defilato il messinese Franco De Domenico, resta solo Luca Sammartino all’Ars come papabile scissionista. Il catanese ha parlato più volte dell’auspicio di dare vita a una “nuova casa”. Ma a livello nazionale si è mosso nell’alveo del gruppo di Lorenzo Guerini, un renziano che non se ne andrà.
Chi ci sarà con Renzi è Daniela Cardinale, che aveva già lasciato il gruppo del Pd per passare al misto. Totò Cardinale è pronto a mettere i motori avanti per riprendere il discorso avviato con Sicilia Futura, raccogliendo pezzi di ceto plitico in uscita dal centrodestra.E segue l’ex premier anche l’ex sindaco di Siracusa Giancarlo Garozzo che parla di “una scelta maturata da tempo” ma non “di un disimpegno politico” perché “continuerò a battermi per la legalità, la trasparenze e le riforme accanto a Matteo Renzi” che “conosce la mia storia e le tante traversie che ho dovuto combattere da sindaco di Siracusa contro il vecchio establishment del Pd, sia a livello provinciale che regionale”.
I più stretti alleati dei renziani non sono interessati alla scissione. Gli orfiniani, che in Sicilia hanno come riferimento l’ex segretario Fausto Raciti, restano nel Pd. Ma mettono in guardia il partito: non va vissuta l’uscita di Renzi come un sollievo. “Non condivido – dice Raciti -. Premesso che non mi sono posto nemmeno la domanda se andare o no, penso che sia un errore che farà male al Pd. Invito tutti quei dirigenti del Pd che in queste ore in fondo sono contenti di questa cosa perché la vivono come una liberazione di un peso a no sottovalutare questa scelta, al di là del numero di parlamentari che si porta via. Nascerà un soggetto che sfiderà un Pd che appare anchilosato”.
Tranchant Antonello Cracolici, che fu renziano per un breve periodo: “Che Renzi avesse deciso di lasciare il Pd era chiaro prima del congresso. Trovo ridicolo che ci si stupisca. Ha solo temuto il voto anticipato che ne avrebbe cancellato la rilevanza politica ed è divenuto il primo sponsor dell’accordo con i 5 stelle dopo aver consentito che si saldasse l’alleanza con la Lega. Il suo cinismo è pari al suo narcisismo”.
Critico anche il capogruppo Giuseppe Lupo: “Non vedo una sola ragione politica per una scissione interna al PD. Il PD ha deciso col voto unanime della Direzione la scelta di dare un nuovo Governo al Paese insieme al M5S. Adesso dobbiamo andare avanti e costruire una nuova coalizione, alternativa alle destre, insieme al M5S anche sul territorio. Un’alleanza politica ed elettorale anche per i Comuni e le Regioni. Il pericolo Salvini è ancora vivo e forte. Non esistono scissioni consensuali come qualcuno dice. Una scissione è sempre dolorosa e dannosa”.
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17 Settembre 2019, 16:22