02 Novembre 2013, 06:21
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PALERMO – Una storia familiare drammatica, che si alternava tra morti, dolori e responsabilità troppo pesanti da sopportare. E’ un uomo avvolto dalla solitudine, dall’aria sommessa, trascurato nell’abbigliamento e mai sorridente quello descritto dalle parole di chi conosceva Francesco Puccio, il 58enne che ieri ha ucciso la sorella Giuseppina, 62 anni, per poi lanciarsi nel vuoto. L’avrebbe colpita a coltellate su sua richiesta, in una giornata di festa, ma poi non sarebbe riuscito a sostenere nemmeno l’idea di continuare a vivere con quel peso sulla coscienza e si è ammazzato.
Ha messo un piede sulla ringhiera e si è gettato dal balcone della casa in cui aveva sempre vissuto. Prima coi genitori, morti otto anni fa, poi da solo con la sorella. La disperazione e le sofferenze di Puccio si sarebbero accentuate proprio negli utlimi tempi. Lo tormentava la solitudine che avvolgeva la sua esistenza e quella della sorella, andava al lavoro, in banca, per poi tornare immediatamente a casa.
L’esordio della malattia della donna risalirebbe a poco tempo dopo la laurea, ma i problemi fisici avrebbero poi peggiorato la sutuazione, costringendola su una sedia a rotelle. Ad accudirla era soltanto suo fratello. I vicini di casa raccontano di non aver mai visto alcun parente dei Puccio e che l’uomo, funzionario dell’Unicredit, quando usciva la chiudeva a chiave. Aveva paura di non trovarla in casa o che compisse gesti estremi.
La sofferenza di Giuseppina Puccio, infatti, non era un segreto per nessuno: chi la conosceva parla di una donna che era uscita da casa poche volte e soltanto insieme al fratello. “Non li vedevamo mai – racconta la famiglia Giammanco, che divideva il pianerottolo con i Puccio -, ma stranamente oggi (ieri, ndr), lui aveva bussato a casa nostra. Ci aveva chiesto dello zucchero. Per il resto, capitava che ci incontrassimo in ascensore, ma le sue parole uscivano dalla bocca col contagocce, era molto introverso. In inverno – proseguono – capitava lui avesse l’influenza e la sorella ci chiedeva di comprare dei farmaci. Una volta ci ha incaricato di comprare del pane per dieci giorni”. Il segnale di una vita trascorsa tra le mura domestiche, le stesse che ieri si sono trasformate nella loro tomba.
Francesco Puccio aveva iniziato a lavorare in banca trent’anni da, al servizio Studi. Poi aveva lavorato in Pianificazione e nella direzione generale Unicredit. Esperto informatico, era competente in vari settori. “Ho lavorato con lui tanti anni fa – dice un collega – ed anche io ero a conoscenza del peso che portava sulle spalle. Non raccontava molto di sé, era evidente fosse tormentato. Era chiuso in se stesso, ma era un grande lavoratore. Non mi sarei mai aspettato succedesse una cosa del genere”.
Chi abita in via Albricci parla poi di ossessioni, di abitudini che sarebbero spesso saltate all’occhio: “Lui era molto meticoloso, preciso. Temeva gli rubassero la macchina, così ne aveva comprato un’altra più economica, una Fiat Seicento Bianca da potere parcheggiare in strada. L’altra la teneva in garage e non la utilizzava mai. Le poche volte che andavano a fare una passeggiata – aggiunge Salvatore Li Causi – lasciavano la tv accesa in modo da far desistere eventuali ladri, avevano paura che gli svaligiassero casa”.
E soltanto lunedì scorso, si era svolta la riunione di condominio: “Eravamo tutti nell’atrio del palazzo, c’era anche il signor Puccio. Una persona perbene – racconta un altro vicino – ma molto schiva. Anche in quell’occasione, non ha partecipato molto alle decisioni che dovevamo prendere, è rimasto in silenzio”.
Lunedì prossimo invece verrà eseguita all’Istituto di Medicina legale del Policlinico di Palermo l’autopsia sui corpi di Francesco e Giuseppina.
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02 Novembre 2013, 06:21