La splendida solitudine | del calzone fritto - Live Sicilia

La splendida solitudine | del calzone fritto

Capita certe volte di incontrare qualcuno al bar...

Manovra a Tinaglia
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Ero al bar di fronte il Palazzo di Giustizia. Avevo appena addentato un bel pezzo di rosticceria, quando un collega mi ha chiesto la conferma che si trattava di un calzone fritto. Il mio sì fu quasi balbettato, ma non perché avessi la bocca piena, ma perché mi ero sentito in qualche modo intimidito dal tono del collega. Aveva un vago sottotesto di rimprovero e di stupore, come se mi avesse colto nella flagranza di chissà quale gesto innominabile, e me ne stesse chiedendo conto.

In effetti non avevo torto, perché alla mia conferma che si, era proprio un calzone fritto, lui mi enucleò tutte le ragioni che gli impedivano di mangiarlo, prima, fra tutte, quella che era un alimento che “fa ingrassare”. Poi mi disse pure che, in genere, il fritto fa sempre male. Non vi dico poi lo stupore che gli si disegnò sul volto quando mi chiese se, almeno, me lo ero fatto riscaldare per bene, visto che sicuramente era stato fatto al mattino ed erano quasi le 14, ed io gli risposi candidamente, ma sempre con filo di voce, che avevo espressamente chiesto che fosse appena appena intiepidito, visto che è esattamente così che mi piace. Si congedò augurandomi buon appetito, ma vi posso assicurare che aveva l’espressione di chi aveva fatto il suo dovere civico segnalando ad un amico un’insana abitudine, dopo di che, se quello intendeva continuare, non erano certo affari suoi.

Guardate, sono pronto a giurare che deve aver pensato pure al libero arbitrio. Io, nel frattempo, ero arrivato al momento più poetico, vale a dire quando sei proprio nel cuore del calzone fritto, lì dove pulsano la mozzarella e il prosciutto, quando è passato un altro collega. Stesso, preciso, identico copione che vi ho già descritto. Anche lui stupito della mia temerarietà.

E’ stato a quel punto, che ho avvertito un vero e proprio senso di disagio esistenziale e mi sono sentito al centro di una congiura planetaria Perché, vedete, io incasso h.24 i rimbrotti di tutti quelli che mi vedono con una sigaretta in bocca, ma ancora non mi era capitato di sentirmi ai margini della società per un calzone fritto. Avete presente l’effetto farfalla? Quella del battito di ali che può avere effetti devastanti sul clima? Uguale. Ho fatto un bilancio della mia esistenza e, ad onta, della mia apprezzabile rete di relazioni sociali, ho dovuto constatare di quanto facile sia per me avvertire una senso di sconsolata solitudine.

Spesso, sempre più spesso, in tutte le occasioni conviviali, tutti parlano delle diete che seguono, di ciò che mangiano, delle loro diuturne lotte con la bilancia, delle loro salutari abitudini alimentari tutte a base di verdure, tisane, ed io mi ritrovo nella mia solitudine, nella mia incapacità di apportare un contributo, uno che sia uno, alla discussione, relegato in un angolino. Vano, assolutamente vano, ogni mio disperato tentativo di spostare il baricentro delle discussioni su altri argomenti. Un alieno, insomma, un disadattato.

A volte mi viene una tristezza che non vi dico. Vado in crisi di autostima. La recupero a fine serata. Qualcuno finisce sempre con accorgersi che c’ero anch’io in salotto, e a ricordare tra l’assenso generale che sono quello che mangia piattoni di pasta (a volte anche due volte al giorno) insaccati, dolci, cioccolato a volontà, leccornie di ogni tipo, senza farsi troppe domande, senza alcun conteggio delle calorie o delle controindicazioni. Il tutto, naturalmente, implementato dall’ineguagliabile fortuna di non prendere un solo chilo. Dicono così, ma so bene che per loro si tratta di una inemendabile colpa.

E la chiusura è sempre quella. Io me la gusto sornione, e soddisfatto di essere, finalmente, ritornato in una dimensione sociale. Beato te che sei secco, ma come fai? Già, come faccio? Me lo sono domandato anche l’altro giorno, quando, superata la fase depressiva, e sul finale di quella sorta di feed-backesistenziale, ho mandato giù l’ultimo boccone di quel magnifico calzone dall’ineguagliabile profumo di olio fritto. Dio quanto era buono! Prima di avvicinarmi alla cassa ho notato lo sfincione. Lo riscaldo, avvocato? No, quello, no. Lo mangio freddo.


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