10 Novembre 2021, 18:22
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CATANIA – Sono trascorsi 42 anni. Per Catania il 10 novembre 1979 deve essere un giorno di festa per la visita del presidente della Repubblica Sandro Pertini invece diventa un giorno di sangue e lacrime. Tre carabinieri all’alba sono ammazzati da un commando armato. Sarà ricordata come la strage del casello di San Gregorio. Il capo dello Stato appena atterrato a Fontanarossa, prima di iniziare la tabella di marcia ufficiale, vuole commemorare i tre militari trucidati: Giovanni Bellissima, brigadiere di 24 anni, Salvatore Bologna, appuntato di 41, e Domenico Marrara, appuntato di 50 anni. Nel portale storico del Quirinale è messo nero su bianco: “Il Presidente della Repubblica prende posto in auto per recarsi all’Ospedale Vittorio Emanuele per rendere omaggio alle Salme dei tre carabinieri uccisi la mattina in un conflitto a fuoco”.
Quei tre carabinieri accompagnano per un trasferimento Angelo Pavone, chiamato ‘faccia d’angelo’e pezzo di spicco dei Cursoti, dal carcere di Catania a quello di Bologna. I killer uccidono per liberare il detenuto. L’unico che si salva è l’autista, rimasto ferito. Il boss viene liberato, ma alla fine anche lui sarà ammazzato brutalmente. Verrà trovato incaprettato in una discarica di Gravina di Catania.
Come accade spesso, la verità di quanto accaduto arriva dai collaboratori di giustizia. Ad aprire la bocca sono i pentiti del clan dei catanesi, in particolare Salvatore Parisi “Turinella”, che partecipa all’agguato, e Pietro Randelli, che svolgeva il ruolo di vivandiere di Pavone. Almeno fino a quando non lo consegna nelle mani di Franco Romeo, all’epoca braccio destro di Nitto Santapaola. Quel volto imprenditoriale di quella che sarà definita la borghesia mafiosa. Alcuni anni dopo sarà ammazzato anche lui in un agguato di mafia insieme al carabiniere Alfredo Agosta.
Quella mattina del 10 novembre 1979 nel carcere di Piazza Lanza si prepara il trasferimento di Pavone, esponente della ‘batteria’ che fa riferimento a Salvatore Parsi “Turinella” e Antonio Puglisi ‘A Savasta. È ancora buio quando la Mercedes con a bordo i tre carabinieri, l’autista e il detenuto “eccellente” lascia l’istituto penitenziario nel centro di Catania per dirigersi verso l’autostrada. L’auto di scorta è seguita da una (indimenticabile) A112. Appena prima dei caselli la supera e appena supera le barriere suona il clacson. L’avvertimento per i killer che si posizionano dietro le barriere. L’autista non ha il tempo di prendere il biglietto dell’autostrada che piovono i proiettili. È una strage. I tre carabinieri non hanno scampo.
Angelo Pavone liberato è nascosto in un covo per alcuni giorni, poi verrà affidato a Romeo che avrebbe dovuto trasferirlo fuori dalla Sicilia. Ma qualcuno tradisce Faccia d’Angelo che viene ammazzato. Undici giorni dopo l’agguato, infatti, il suo corpo sarà trovato in mezzo alla munnizza.
La sua uccisione scatenerà un cataclisma negli assetti criminali catanesi. Antonino Puglisi ‘a Savasta – poi diventato pentito – che è legatissimo a Pavone lascerà i Cursoti, che all’epoca avevano Corrado Manfredi come ‘reggente’, per passare al gruppo di Alfio Ferlito. All’epoca il nemico numero 1 di Nitto Santapaola. Sarà ucciso nella strage della Circonvallazione. Anche lui durante un trasferimento dal carcere.
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10 Novembre 2021, 18:22