09 Luglio 2021, 13:24
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ROMA – Non si passa se non paghi. Nell’epoca delle nazioni senza confini e dello spazio annullato grazie a internet ad Adrano, almeno fino al 2017, c’era il ‘dazio mafioso’. Mettiamo in archivio il condizionale, perché è arrivata la sentenza di Corte di Cassazione – che oltre alcuni annullamenti su fatti specifici o trattamenti sanzionatori – ha reso irrevocabile la sentenza del processo (stralcio abbreviato) frutto dell’inchiesta Illegal Duty. Quella che quattro anni fa ha raso al suolo il clan Scalisi di Adrano, l’articolazione della famiglia mafiosa dei Laudani. La cosca aveva imposto una sorta di tassa ai commercianti che operavano in città. E non solo la polizia ha documentato un florido gioco di estorsione e grazie a un accordo con i Santangelo gli Scalisi sono riusciti a riempirsi le tasche grazie ai proventi della droga. A blindare ancor di più il teorema accusatorio le dichiarazione di Nicola Amoroso, che ha deciso di collaborare dopo la condanna in primo grado.
La Cassazione ha annullato la sentenza nei confronti di Pietro Castro e Salvatore Scafidi limitatamente alle imputazioni per droga. E per questo ho rinviato per un nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte d’Appello di Catania. Ha dichiarato nel resto inammissibili i ricorsi. I due erano stati condannati rispettivamente a 6 e 12 anni. Soddisfatti i difensori, gli avvocati Francesco Messina e Giuseppe Furnari per Castro e Francesco Antille per Scafidi. In particolare quest’ultimo commenta: “Dopo anni di battaglia giudiziaria la Cassazione, quinta sezione, annulla tutte le imputazioni per droga a carico di Scafidi Salvatore accogliendo la tesi sulla necessità della prova rigorosa del narcotraffico a maggior ragione se è contestata l’associazione. Ci sarà sul punto un nuovo esame in primavera da parte di una nuova sezione della Corte d’Appello. Finalmente – aggiunge – un po’ di chiarezza sulla necessità della prova certa da preferire a quella deduttiva o congetturale”.
La Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza nei confronti di Pietro Maccarrone, difeso da Francesco Messina e Giuseppe Furnari, limitatamente al trattamento sanzionatorio rideterminando la pena finale in trenta anni di reclusione. In gergo si chiama “cumulo trentennale”.
La Suprema Corte ha annullato la sentenza nei confronti di Vincenzo Valastro, difeso dall’avvocato Francesco Marchese, limitatamente alla pena (12 anni in secondo grado) e rinvia sul punto alla valutazione di un’altra sezione di Corte d’Appello (inammissibile nel resto il ricorso). Annullata la sentenza nei confronti di Alfio Lo Curlo, difeso dal professore Fabrizio Siracusano e dall’avvocato Francesco Messina, limitatamente alla continuazione (in appello condannato a 8 anni).
I giudici ermellini hanno rigettato il ricorso di Claudio Zermo. Inassimibili infine i ricorsi di Nicola Amoroso, Vincenzo Biondi, Emanuel Bua, Alfredo Bulla, Angelo Bulla, Massimo Di Maria, Antonino Furnari, Alessio La Manna, Pietro Giuseppe Lucifora, Giuseppe Maccarrone, Alfredo Mannino, Giuseppe Mannino, Alfredo Pinzone, Mauro Giuliano Salamone, Pietro Severino e Salvatore Severino.
Nicola Amoroso (collaboratore di giustizia) 10 anni, 6 mesi e 20 giorni, Vincenzo Biondi, 18 anni e 4 mesi (riconosciuta la continuazione con altra sentenza), Emanuel Bua, 1 anno e 4 mesi (ritenuta la continuazione), Alfredo Bulla, 20 anni, Angelo Bulla, 12 anni, Massimo Di Maria, 10 anni, Antonino Furnari, 12 anni e 6 mesi e 20 giorni, Alessio La Manna, 12 anni, Pietro Giuseppe Lucifora, 8 anni e 4 mesi, Giuseppe Maccarrone, 11 anni e 4 mesi, Alfredo Mannino, 18 anni, Giuseppe Mannino, 11 anni, 1 mese e 10 giorni, Alfredo Pinzone, 4 anni e 1000 euro di multa, Mauro Giuliano Salamone, 6 anni, Salvatore Severino, 1 anni e 10 mesi, Pietro Severino, 2 anni, Claudio Zermo, 5 anni e 4 mesi, Pietro Maccarrone, 30 anni (già quasi tutti scontati, ndr).
A seguito del verdetto della Cassazione sono scattati gli arresti di alcuni condannati che erano a piede libero. Giuseppe Mannino, 58 anni, è stato arrestato dalla Squadra Mobile di Pordenone che ha eseguito un ordine di carcerazione emesso dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Catania. Mannino deve ancora scontare una pena residua di 7 anni e 9 mesi di reclusione per associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, rapina, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Il boss degli Scalisi è stato portato nel carcere di Tolmezzo (Udine).
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09 Luglio 2021, 13:24