19 Gennaio 2018, 18:41
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GIARRE. Un cuore grande, irrimediabilmente spezzato, ma ancora capace di amare quello dei coniugi Maurizio e Annamaria Samperisi, genitori di Daniele, travolto e ucciso da un’automobile nel luglio del 2012. Aveva solo 23 anni ed un grande sogno, quello di diventare agente di polizia penitenziaria. Lo avrebbe realizzato di lì a breve. Ma quel sogno si è spezzato lungo la via Siracusa a San Pietro Clarenza. I suoi organi, cuore, reni, fegato e pancreas, sono stati trapiantati in quattro pazienti, che oggi vivono grazie a lui. Nonostante la giovane età, Daniele era infatti iscritto alla banca dati per la donazione degli organi. Su quel solco oggi i genitori vogliono proseguire e per questo, lo scorso aprile, hanno fondato l’onlus “Daniele Samperisi”. In pochi mesi l’associazione ha lasciato il segno, donando 14 defibrillatori di ultima generazione ai plessi scolastici del comprensorio giarrese, alla scuola di formazione e aggiornamento per il personale del corpo e dell’amministrazione penitenziaria di San Pietro Clarenza e alla scuola media “San G. Bosco” di Naro, in provincia di Agrigento. Ieri l’ultima donazione è stata compiuta in favore della Caserma dei carabinieri della Compagnia di Giarre. Maurizio Samperisi ha consegnato nelle mani del capitano dell’Arma Luca Leccese un apparecchio Nihon Kohden AED 3100, capace di analizzare autonomamente la situazione del paziente prima di rilasciare la scarica. Alcuni militari della Compagnia saranno formati per consentire un adeguato utilizzo del prezioso strumento. Un modo per continuare a ricordare Daniele, un ragazzo normale, come continua a ripetere il padre, capace però di un gesto enorme. “Vivi. Non sai per quanto, ma almeno sai che avrai vissuto proprio come avresti voluto”. Questa la frase che continuava a ripetere Daniele. Proprio così ha vissuto la sua breve ma intensa esistenza. Ed è proprio così che adesso familiari e amici vogliono ricordarlo attraverso l’associazione onlus.
LA TRAGEDIA. Un chilometro appena separa Daniele Samperisi dall’ingresso della scuola di polizia penitenziaria di San Pietro Clarenza, quando un’automobile, uscita contromano da una piazzola, lo prende in pieno. Il 23enne viene sbalzato dalla moto, cadendo rovinosamente sul selciato. Giunge in condizioni gravissime all’ospedale Garibaldi di Catania dove rimane ricoverato, dopo il delicato intervento chirurgico, per otto giorni. Ma le lesioni riportate sono troppo gravi. Morirà nel reparto di Rianimazione.
IL PROCESSO. Ridotta nel processo d’appello la percentuale di responsabilità attribuita alla giovane vittima. Il giudice in primo grado aveva infatti riconosciuto il concorso di colpa, attribuendo il 60% delle responsabilità a Salvatore Saraceno, l’imputato, ed il restante 40% al 23enne. Secondo il consulente del tribunale, infatti, nel momento della frenata la moto viaggiava alla velocità di 120 km/h, 30 km/h in più rispetto al consentito. Ma in secondo grado quest’ultima percentuale è stata ridotta al 30%. Confermata invece la condanna a 2 anni, con sospensione della pena subordinata al pagamento della provvisionale, per l’imputato, accusato di omicidio colposo. “Sono soddisfatto della pronuncia – ha commentato Enzo Iofrida, legale della famiglia Samperisi – perché ho sempre ritenuto eccessiva la percentuale di colpa del 40%. Per questo motivo abbiamo fatto appello”.
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19 Gennaio 2018, 18:41