La trappola, gli spari, la fossa: i verbali choc dell'omicidio - Live Sicilia

La trappola, gli spari, la fossa: i verbali choc dell’omicidio

Ninni Sanfilippo racconta i dettagli più raccapriccianti dell'assassinio di Enzo Timonieri
MAFIA, CATANIA
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CATANIA –  Lo hanno spinto in una trappola. E i familiari di Enzo Timonieri lo sospettavano. Le intercettazioni, decine e decine, non lasciano adito a dubbi. Fossero stati i napoletani, i calabresi o altri, comunque sarebbero stati i Nizza a consegnarlo. A lasciarlo ammazzare. Enzo ‘Caterina’, così lo chiamavano nella malavita, era considerato in “ascesa” nel campo degli stupefacenti. Avrebbe anche confidato a un suo parente che aspettava la scarcerazione di un pezzo grosso per fare il grande salto. Ma Natale Nizza e Sam Salvatore Privitera avrebbero deciso di “far morire” letteralmente i sogni di “droga” di Timonieri.  

“Ormai il gallo se lo sono mangiati”, commentavano alcuni giorni dopo la scomparsa familiari e amici della vittima ammazzata il 12 febbraio scorso. Timonieri senior covava vendetta: “Il gallo lo hanno mangiato, ma ci sono i piccioni”. Ma c’è chi lo riportava alla realtà: “I piccioni poi li prendiamo, intanto si sono mangiati il gallo”. 

È Ninni Sanfilippo, fratello di Michael e Martino, a raccontare i particolari più raccapriccianti del delitto. Un film agghiacciante che nelle carte del gip di Venezia è accompagnato da immagini impubblicabili.  

Partiamo dal movente. “La decisione di uccidere Timonieri è sorta da una convergenza di interessi: io e mio fratello volevamo reagire alla sua minaccia di morte, mentre Sam e Natalino volevano appropriarsi del suo canale di rifornimento”. Enzo Caterina – che girava sempre armato – avrebbe reagito alle lamentele dei fratelli – oggi pentiti e passati dopo lo scontro di agosto a Librino nelle file dei Nizza – sulla qualità della droga, che sarebbe stata tagliata. 

Arriva l’ora di uccidere. “Il giorno dell’omicidio, Sam Privitera disse ad Enzo Timonieri di venire con noi due fratelli Sanfilippo a prendere un borsone di armi che era nella nostra disponibilità e che sarebbero dovute servire nel contrasto con il gruppo di Tony Trentuno (gruppo di San Cocimo del clan Santapaola). L’utilizzo di questa scusa era stata già concordata il giorno della riunione”. 

La buca per seppellirlo. “Qualche ora prima di andare a casa di Sam, io e mio fratello Michael, a bordo sempre della Fiat Seicento di colore blu, ci eravamo recati in contrada Vaccarizzo per scavare una fossa dove nascondere il cadavere di Timonieri. Noi conoscevamo la zona poiché un nostro zio ha una casa a mare lì a Vaccarizzo e quindi scegliemmo un punto nascosto. Ricordo che abbiamo scavato la buca – racconta Ninni Sanfilippo ai magistrati – utilizzando due pale che prelevammo dalla nostra stalla al viale Grimaldi e che poi abbiamo anche riutilizzato per coprire il corpo una volta gettato nella buca. Ci siamo poi disfatti delle pale gettandole in campagna una volta finito il lavoro in quanto si erano anche sporcate di sangue e perché c’erano le nostre impronte. Una volta ultimata la buca, quindi, ci siamo recati a casa di Sam, ove al nostro arrivo c’erano Sam, Natalino Nizza ed Enzo Timonieri”.

La successione dei colpi sparati dal fratello Michael è un racconto che fa accapponare la pelle. È così densa di particolari la narrazione di Ninni che sembra di essere davanti alla sequenza video. Atroce. “Dopo aver oltrepassato il ponte del Simeto e la successiva rotatoria, non appena abbiamo imboccato una strada senza illuminazione mio fratello ha esploso un primo colpo di pistola alla nuca di Timonieri. Il proiettile è fuoriuscito dalla parte centrale della fronte di Timonieri che credo sia morto sul colpo ed ha bucato il parabrezza della Seicento. Subito dopo ho imboccato la strada per lido Vaccarizzo e dopo poco, siccome il corpo di Timonieri ha avuto un sussulto, mio fratello Michael, sporgendosi un po’in avanti tra i due sedili anteriori ed impugnando la pistola sempre con la mano destra, ha esploso un secondo colpo di pistola che ha attinto Timonieri all’altezza della tempia sinistra. Questo secondo proiettile è fuoriuscito dall’altro lato della testa di Timonieri andando ad infrangere il vetro del finestrino lato destro anteriore della macchina. Il primo colpo che Michael ha sparato mi ha preso quasi alla sprovvista, mentre il secondo colpo ho visto che è stato esploso quasi a bruciapelo. Dopo il secondo colpo, il corpo di Timonieri si è completamente accasciato sullo sportello lato destro della macchina”.

Il cadavere di Enzo Timonieri deve sparire. E per questo è seppellito in una fossa scavata sulla sabbia del litorale di Vaccarizzo. Come un animale. ”Ricordo con certezza  – racconta ancora Ninni Sanfilippo –  che una volta arrivati sul posto dove avevamo preparato la buca, mio fratello esplose un terzo colpo di arma da fuoco, quasi sicuramente dopo aver adagiato il corpo all’interno della fossa, in quanto ancora una volta abbiamo avuto l’impressione che Timonieri avesse sussultato e fosse ancora vivo. Io e Michael abbiamo adagiato il cadavere nella buca in posizione supina, con il volto rivolto verso l’alto”. E così lo hanno trovato i carabinieri quattro mesi dopo.


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