10 Giugno 2014, 20:40
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PALERMO – “Un libro non può interferire con un processo e soprattutto non lo può delegittimare”. Ha scelto una categoria di pensiero, che ha definito “illuminista”, il pm Gaetano Paci per valutare le polemiche suscitate dal saggio del giurista Giovanni Fiandaca e dello storico Salvatore Lupo (“La mafia non ha vinto”) sulla trattativa Stato-mafia. Paci, intervenuto a un dibattito promosso dal centro Pio La Torre, ha richiamato le reazioni fortemente critiche dei colleghi del suo stesso ufficio per affermare il principio che, comunque, un libro può solo “arricchire la riflessione sulle vicende oggetto di una valutazione processuale”.
E’ accaduto altre volte. E’ accaduto, ha ricordato Paci, anche con uno scritto critico di Emanuele Macaluso sul processo Andreotti ancora in corso. Non è invece utile introdurre nel dibattito punti di vista di persone che non ci sono più, ha sottolineato il magistrato riferendosi a un intervento recente della scrittrice Marcelle Padovani secondo cui Giovanni Falcone non avrebbe mai condiviso l’impostazione del processo sulla trattativa. Paci ha ammesso però che affiorano aspetti discutibili nel rapporto della giurisprudenza con la storia, l’informazione e la politica. Non mancano effetti distorsivi come quelli, per esempio, di una amplificazione mediatica dei processi e dell’attribuzione alla magistratura del ruolo di accertamento di verità assolute. Nel dibattito sono intervenuti anche Fiandaca e Lupo che, da prospettive diverse, hanno rivendicato il diritto di un approccio critico al processo sulla trattativa respingendo l’accusa di essere “negazionisti” o addirittura “giustificazionisti”. “Non abbiamo mai formulato – ha detto Fiandaca – giustificazioni morali. Abbiamo più precisamente fatto osservazioni in forma problematica sulla indefinitezza delle ipotesi di accusa e sulla incapacità dei magistrati di farne oggetto di una definizione penalistica”. Per Lupo chi accusa e “insulta” gli studiosi è prigioniero di una teoria del “complotto globale” che non si concilia con le ragioni di una ricerca rigorosa.
Il presidente del centro Pio La Torre, Vito Lo Monaco: “Ci siamo costituiti parte civile nel processo per la trattativa Stato-mafia perché cerca la verità attraverso gli strumenti della giustizia e non mediante l’amplificazione mediatica”, ha affermato. “Difendiamo – ha aggiunto Lo Monaco – un interesse pubblico offeso e puntiamo ad accertare fatti concreti. La trattativa, ci hanno spiegato i giuristi, non è riconducibile a un’ipotesi di reato codificata. Diverso è invece il caso di funzionari e di investigatori che possono avere agito, su iniziativa personale o su mandato di vertici politici, in violazione della legge”. Si tratta, ha sottolineato Lo Monaco, di “cercare le prove evitando di scrivere la storia con le dichiarazioni dei pentiti o facendo ricorso alle teorie dei complotti e dei grandi vecchi”. Sulla stagione delle stragi, ha concluso Lo Monaco, c’è una ricerca processuale che va sostenuta e incoraggiata ma “occorre anche evitare le spinte alla strumentalizzazione”.
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10 Giugno 2014, 20:40