07 Aprile 2009, 16:20
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“La mafia? E’ come un pirata che vive per saccheggiare”. Ivan Lo Bello sceglie questa metafora per spiegare ai ragazzi dell’ istituto professionale Ipsia Medi di Palermo quanto sia falso il luogo comune secondo il quale la mafia dà lavoro. “E’ un parassita che si nutre del benessere degli altri e che sottrae fondi pubblici allo Stato e alla comunità europea”, ha detto il presidente di Confindustria Sicilia durante l’incontro che questa mattina si è svolto a Villa Filippina sul tema “La battaglia contro il pizzo: il credito a favore della legalità” nell’ambito del progetto “A tu per tu”.
“Oggi lo Stato non è più una presenza a corrente alternata e ha combattuto contro quell’idea da noi finora radicata che vorrebbe il pizzo un costume sociale, un’azione ordinaria da compiere – ha detto il presidente del Banco di Sicilia agli studenti – siate cittadini che vogliono rompere un sistema che mette a rischio il vostro futuro, scambiando ciò che vi spetta di diritto con un lavoro precario”.
E tra le tante domande incalzanti e dirette dei ragazzi c’è chi chiede come può una banca individuare un’impresa mafiosa. “Gli strumenti per captare segnali di anomalia ci sono – risponde Lo Bello – come capitali di dubbia provenienza frutto di imprese nate dal nulla”. Ma l’incontro è stata anche un’occasione per discutere della crisi economica “le cui conseguenze saranno più dure al Sud – ha spiegato il presidente di Confindustria – vecchi vincoli come il clientelismo e l’assistenzialismo, ancora presenti, impediranno a chi ha perso il lavoro qui di vincere la crisi, mentre al Nord superato questo ciclo è possibile che chi sia al momento disoccupato venga poi reintegrato nel processo produttivo”. E sui tassi di disoccupazione, soprattutto femminile, crescenti nel Meridione, Lo Bello ha sottolineato “l’elemento di novità di Confindustria che negli ultimi anni ha posto delle donne ai propri vertici nazionali e regionali”.
Ma a quasi due anni dal celebre “editto” antiracket, con i picchi di denuncia registrati nelle province di Agrigento e Caltanissetta e con Gela capofila con 80 casi, qual è il bilancio a Palermo? “Gli imprenditori che scelgono di denunciare sono in aumento anche qui – dice Lo Bello – abbiamo rilevato degli esempi importanti nella zona di Carini. La differenza oggi rispetto alle denunce pubbliche di Libero Grassi che allora non trovarono consenso nel mondo imprenditoriale, sono abissali. Oggi Libero sarebbe un’icona delle imprese e avrebbe il pieno appoggio di tutti”. Ma che Paese è quello nel quale occorre specificare che chi non denuncia il pizzo infrange le regole e deve essere espulso?
“Un paese strano, dove cose che sarebbero ovvie altrove vanno ribadite e dove agli imprenditori è stato chiesto di essere eroi mentre siamo uomini normali. Rispettare le regole vuol dire rispettare norme di convivenza civile. La vera rivoluzione da noi è la normalità”.
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07 Aprile 2009, 16:20