12 Aprile 2018, 12:02
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Le religioni sono affilate come lame a doppio taglio: possono fare molto male, ma anche molto bene. Nella storia dell’umanità, complessivamente, che bilancio può trarsi? Personalmente non saprei rispondere. A chi snocciola meriti indiscussi d’istituzioni e personaggi religiosi, mi viene spontaneo opporre esemplificazioni di segno contrario. Tuttavia non ritengo onestamente sostenibile l’equazione religione uguale oppressione e sfruttamento delle masse.
Proprio in questi giorni, ad esempio, cade il cinquantesimo anniversario dell’assassinio del pastore battista Martin Luther King , il cui ruolo nell’emancipazione dei neri negli Stati Uniti d’America sarebbe difficilmente esagerabile. Il suo “I have a dream” è diventato uno slogan – efficace, abusato e ambiguo come tutti gli slogan – ma ha certamente consegnato alla storia uno dei suoi protagonisti più amati. La città di Palermo, che gli ha dedicato già da tempo una lapide dentro il Palazzo delle Aquile, non vuole lasciar passare sotto silenzio l’anniversario. Per questo la Consulta della Pace della Nonviolenza, dei Diritti Umani e del Disarmo, in collaborazione con altre associazioni cittadine, ha voluto organizzare dal 4 al 13 aprile la Settimana della nonviolenza: un cartello di eventi tesi a sensibilizzare e informare la cittadinanza sul tema della nonviolenza (per il programma completo e dettagliato vedi www.pressenza.com/it/2018/03/palermo-settimana-della-nonviolenza-4-13-aprile-2018).
Alcuni di questi eventi hanno caratteristiche comuni a iniziative in tutto il mondo per l’occasione: la conferenza di Pat Patfoort , antropologa belga, prevista venerdì 13 a chiusura della Settimana. Altri appuntamenti, invece, sono segnati da alcuni fenomeni legati al nostro tempo e al nostro territorio. Mi riferisco, ad esempio, a quella serie di eventi dedicati alla denunzia e al contrasto della violenza contro le donne, tra cui spicca, il dibattito intorno al tema “Violenza nella nascita”, a cura dell’associazione “L’arte di Crescere” e del @Centro Antiviolenza “Lia Pipitone” , organizzato per giovedì 12. O anche al seminario a cura della Scuola di formazione etico-politica “G. Falcone”, gestito da Enzo e Manfredi Sanfilippo, su “Metodi di lotta nonviolenta al sistema mafioso”, sulle orme di Danilo Dolci: un seminario in continuità con un convegno nazionale sullo stesso tema (i cui atti sono stati editi) organizzato a Palermo 13 anni fa e che è rimasto l’unica iniziativa del genere mai realizzata.
Su ciascuna di queste tematiche gli equivoci possibili sono innumerevoli. La nonviolenza (scritta proprio senza trattino per evocare il termine positivo gandhiano) viene ancora confusa con il buonismo sentimentale o addirittura con la rassegnazione passiva: così intesa sarebbe più un aggravio che un alleggerimento dei drammi (come i femminicidi o il sistema di dominio mafioso) cui intende far fronte. Essa, al contrario, nei suoi esponenti classici (tra i quali l’umbro Aldo Capitini, ieri, e il palermitano Andrea Cozzo, oggi) è una strategia adottabile solo da chi ha il coraggio di guardare i conflitti senza girarsi dall’altra parte; di affrontarli a viso aperto; di contrastarli con una fermezza che solo i più coraggiosi possono scoprirsi dentro e con una lungimiranza tale da voler conquistare definitivamente la mente del nemico anziché limitarsi a tacitarla temporaneamente.
Insomma: tra il ribellismo violento (che ha sfiancato i contestatori di ieri molto più dei padroni del mondo) e l’apatia rinunciataria (che caratterizza gli sfruttati di oggi, a cominciare dalle giovani generazioni quando non sono sotto l’ala protettiva di potenti genitori), la nonviolenza potrebbe costituire una via praticabile. E fruttuosa.
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12 Aprile 2018, 12:02