24 Gennaio 2012, 17:39
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Una madre con l’orecchio attaccato alla porta che sente la figlia domandare: “Perché l’hai fatto?”. L’altra voce risponde: “Ah, allora non stavi dormendo”. Una voce molto familiare, quello del fratello della donna. Ma lei non ci crede, non ci vuole credere. E quando il mattino dopo la figlia va per raccontare cosa fosse accaduto la sera prima, la madre le da un ceffone. Non doveva parlare. Sono passati oltre dieci anni da questo episodio e la donna, oggi, si è seduta sul banco dei testimoni ed è crollata. Con voce balbettante, gli occhi lucidi, sempre sul punto di scoppiare in un pianto a dirotto, ha confessato il suo enorme senso di colpa per non aver dato retta alla figlia, per non averla assecondata e per averla, invece, fatta emigrare a Londra.
La scena al tribunale di Palermo. Il giudice capisce subito che non sarà un’udienza semplice. Interrompe la donna solo per invitare la figlia, oggi maggiorenne, ad allontanarsi dall’aula e a non soffermarsi sulla porta, ma a farsi un giro per i corridoi del palazzo. Non importano i nomi e i cognomi, la giovane ha già in viso i segnali di una vita difficile, non serve puntarle addosso ancora un faro. La vicenda si svolge nell’ultimo scorcio degli anni ’90. La situazione familiare in cui matura è difficile, il padre è andato a Londra a lavorare ma non è più tornato, lasciando nei guai la sua famiglia. Madre e figlia devono cercare ospitalità dalla nonna. Quella sarebbe diventata una sorta di casa degli orrori. Si perché la ragazza sarebbe stata abusata sessualmente da uno zio, e molestata da un altro. Aveva appena 14 o 15 anni. E i parenti, forse per coprire ciò che non si poteva dire, la accusavano di ricevere in casa il fidanzatino, con cui ha poi compiuto la classica “fuitina”.
Ma qualcosa si sapeva. La madre non poteva far finta di niente ma, quando si è decisa ad affrontare la questione, ha trovato in casa una riunione familiare, con tutti i fratelli e anche i cognati. Ha accompagnato la figlia alla caserma dei carabinieri ma con lei è andata tutta la famiglia. La ragazza non ha detto una parola. L’unica soluzione era di mandarla a Londra, dal padre che era fuggito anni prima. Così, fra il 2000 e il 2005, la ragazza cresce in Inghilterra, studia, cerca di farsi una vita. Poi torna a Palermo. “Per cinque anni non l’ho più vista” dice oggi la madre, “da allora abbiamo cominciato a parlare”.
Così si arriva al processo. La posizione di uno degli zii è oggetto di un procedimento separato. Quello di cui si deciderà la prossima settimana è la posizione dell’ altro zio, per molestie. “Quando aveva quindici anni si sedeva sulle ginocchia dello zio, mio fratello – conclude la donna – ma immaginavo fosse solo un normale rapporto fra nipote e zio”. O fra l’orco e la vittima.
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24 Gennaio 2012, 17:39